LEGALITA’ PRÊT-A-PORTER Il futuro di Vestina Gas

La minestra scaldata non sempre è gradita ma le notizie dalla Stamberga (un tempo, il Palazzo) comunale di Penne inducono a replicare, per i distratti. Lacerbaonline, citando anche la Relazione di marzo 2016 degli ispettori del Ministero dell’economia e delle finanze, in ispezione al comune nel 2015, aveva già ricordato che «la partecipazione del comune di Penne in Vestina Gas viola più leggi» (“Violazioni di legge a tutto gas”, id., 16 giugno 2016) e che “la Vestina Gas va liquidata: non ha dipendenti né il suo oggetto sociale rientra fra quelli di rilevanza istituzionale” (“Gas, parcheggi e calore che dolore. Il Ministero:quanto e quali irregolarità”, id, 3 giugno 2016).

Nonostante il dato giuridicamente incontestabile, si è registrata l’opinione, sorprendente, di un assessore comunale che qualifica Vestina Gas come «asset strategico» e «pezzo pregiato del patrimonio comunale». “Pregiato”, seppur con l’utile in caduta, è un punto di vista personale, ma che Vestina Gas sia un asset strategico è un punto di svista legale, perché in contrasto con le leggi (art. 3 c. 27, legge 24 dicembre 2007, n. 244; art.1, c. 611 lett. a) e b), legge n. 190/2014); col parere n. 12 del 7 luglio 2011 dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici, ora ANAC; con la Relazione degli ispettori ministeriali (pagg. 11- 12) e con la giurisprudenza [(“La società commerciale facente capo ad un ente pubblico..non può ritenersi consentita in termini generali, quanto meno nel caso in cui l’ente pubblico non ha fini di lucro”, Cons. Stato, A.P., 3.6.2011, n.10)]. E, per carità di patria, tralasciamo l’art.1, commi 569 e 569 bis, della legge 147/2013! “Strategico”, secondo il Salvatore Battaglia (Dizionario della lingua italiana) significa (ex plurimis): “fondamentale, imprescindibile”. Il contrario dell’obbligo di legge che impone proprio di “prescindere” dall’«asset» di quella partecipazione, dismettendola! Perciò, piuttosto che operare «alla luce del decreto di maggio 2015 sulla riorganizzazione delle partecipate», richiamato dall’assessore (che si limita a citare solo il decreto sindacale n.8 del 19 maggio 2015), è meglio agire alla fiammella della normativa nazionale. Illumina meglio gli obblighi dell’ente. Il decreto, come visto, è, infatti, un torvo esempio di sfregio delle regole che riguardano Vestina Gas, costituendone la violazione. Trastullarsi ancora, contro legge, a «valutare se continuare la vendita» delle quote societarie, e a elaborare «linee-guida a che ci porteranno a definire il futurodelle nostre partecipate» significa o ignorare le norme, che quel futuro l’hanno già definito, o identificarsi col Re di Gioacchino Belli (“Io so io e voi nun zete un c..”), sentirsi Sua Maestà “Suapucbassasabima”. Il Comune assomiglia al Cirque du Soleil, anzi al Cirque du Solaje, il solaio della Stamberga, dove sono riposti funambolismi, sorprese e stravaganze, che usa al bisogno, in strabiliante quantità, come se vi albergasse Mary Poppins! «Dovremo.., ci porteranno..». Plurales maiestatis, quelli usati dall’assessore, tanto se riferiti a lui stesso quanto a tutta l’amministrazione. La maestà di chi (“Io so io..”), a dispetto di tutto e tutti, continua a vagheggiare un’autonomia decisionale non consentita dalle leggi per Vestina Gas. Neanche la fresca memoria degli obblighi sollecitata dalla Relazione ispettiva ministeriale è bastata a indurre a dare soluzione di continuità a un’idea di legalità prêt-à-porter, ben consolidata dentro la Stamberga, una monade impenetrabile, accartocciata su se stessa in un ottundimento deprimente; un regno di tenebre imperscrutabili, dov’è inutile cercare la luce delle verità più banali, necessarie e normali, persino per il bilancio: chi e come ha stabilito la data di metà luglio, annunciata dall’assessore, per la sua approvazione? «Perché cercate tra i morti colui che è vivo?» (Lc, 24,5) disse l’Angelo alle donne. Ed è vano, infatti, cercare tracce di rispetto delle regole presso chi, come la pubblica amministrazione, recalcitra nel sottostarvi e se ne inventa di sue, non importa come, non importa quali. Da qui a pretendere però di imbastirvi un’apologia prosopopeica ce ne corre. Si dirà, ma Lacerba millanta sapienza? No, no, per carità; oltretutto, la ragione è dei fessi.. . Più semplicemente, si accontenta di pensarla come Socrate: «Sono io più sapiente di costui giacché nessuno di noi due sa nulla di buono; ma costui crede di sapere mentre non sa; io almeno non so, ma non credo di sapere. Ed è proprio per questa piccola differenza che io sembro di essere più sapiente, perché non credo di sapere quello che non so». Oh, docta ignorantia!

Giovanni Cutilli

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