“Lungi dall’entrare nel merito della vicenda giudiziaria, il gruppo Forze di Libertà ritiene fondamentale aprire una riflessione politica sugli avvisi di indagine che oggi hanno rappresentato uno spartiacque inequivocabile su quanto accaduto nella nostra provincia e in Abruzzo nei mesi del maltempo.
È purtroppo chiaro che oggi Provincia, Regione e anche molti Comuni sono amministrati da un Pd e da una sinistra che si sono rivelati drammaticamente incapaci di affrontare un’emergenza divenuta tale proprio per la mancata adozione di provvedimenti amministrativi tempestivi ed efficaci. Ci sono strade rimaste chiuse per settimane per neve, e molte di esse sono ancora oggi chiuse, impraticabili, inaccessibili, perché a tre mesi dall’emergenza nessuno è stato capace di provvedere alle opere di risanamento. La governance-Pd della Provincia di Pescara si trincera dietro il ‘non abbiamo fondi’, ma la verità è che non è neanche capace di pretenderli quei fondi, non è capace di farsi ascoltare dai vertici né in Regione, né tantomeno a Roma, dal Governo Gentiloni. E questa incapacità acclarata dovrebbe indurre a un atto di buon senso sia i vertici della Provincia che della Regione, i quali, in ambedue i casi, non riteniamo che oggi possano avere quella lucidità necessaria per amministrare territori che hanno problematiche e necessità vitali”. Lo hanno detto i consiglieri provinciali del Gruppo Forze di Libertà Vincenzo D’Incecco, Maurizio Giancola, Antonio Zaffiri e Lorenzo Silli.
“Non commentiamo l’iter giudiziario che oggi si è formalmente aperto con l’emissione dei primi sei avvisi di garanzia nei confronti di coloro che comunque ricoprivano dei ruoli di responsabilità nei giorni della tragedia di Rigopiano – hanno detto i consiglieri provinciali di Forze di Libertà -. Un avviso di garanzia non è un atto di colpevolezza, ciascuno dei coinvolti avrà modo di chiarire la propria posizione e soprattutto, ci auguriamo, di dimostrare la propria buona fede. Ma il garantismo, necessario dinanzi a tragedie umane come quella di Farindola, non può esimerci dall’esprimere comunque un giudizio politico e amministrativo. Lo abbiamo già detto nei mesi scorsi in occasione della seduta straordinaria del Consiglio provinciale da noi richiesta proprio sull’emergenza maltempo: quella che nella nostra provincia è stata una tragica emergenza, probabilmente poteva essere evitata, o quantomeno attenuata, se le governance di Provincia e Regione ne avessero avuto le capacità. Non bastava dire sui comunicati stampa che si erano mobilitati a parole decine di mezzi per liberare le strade dalla neve, alle parole dovevano seguire i fatti, e purtroppo questo non è accaduto. Troppe chiacchiere, zero concretezza e lo vediamo anche oggi: a tre mesi dall’emergenza ci sono interi paesi ancora isolati, piccoli comuni con strade provinciali chiuse perché semi crollate o comunque talmente dissestate da essere impraticabili. Addirittura ci sono intere arterie chiuse anche per i ciclisti e i motociclisti proprio su ordinanza della Provincia di Pescara. E se la Regione è riuscita a far sborsare al Cipe oltre un milione di euro per rifare le quattro strade che saranno attraversate dal Giro d’Italia, per tutte le altre non c’è alcuna prospettiva, non si sa quando tornerà l’alba. E un Presidente della Provincia non può pensare di difendersi semplicemente dicendo di non poter far nulla perché lo Stato ha tagliato i fondi delle Province, lasciandole però in piedi. A questo punto dal Presidente della Provincia di Pescara ci aspettiamo un atto di coraggio e di lealtà: dopo quanto accaduto a Farindola, dinanzi alle condizioni drammatiche in cui versano decine di Comuni, se non è in grado di farsi ascoltare e di pretendere i sostegni necessari, restituisca la fascia con un atto di protesta nei confronti di Stato e Regione. Ovviamente – hanno proseguito i consiglieri del gruppo Forze di Libertà – non nascondiamo le nostre preoccupazioni anche per le conseguenze della vicenda giudiziaria che vede coinvolta anche la struttura tecnica della Provincia. Oggi temiamo che quella vicenda possa determinare un ulteriore immobilismo, che del resto ha già caratterizzato gli ultimi mesi post-Farindola: come già sta accadendo in Regione, non crediamo che il Presidente della Provincia, così come quello di Regione, possano avere quella lucidità e serenità d’animo che invece i loro ruoli richiedono e questa consapevolezza dovrebbe indurre entrambi a un’assunzione di responsabilità e a trarne le debite conseguenze politico-amministrative”.
Pescara, 27.04.2017
Consiglieri provinciali Forze di Libertà
Vincenzo D’Incecco
Maurizio Giancola
Lorenzo Silli
Antonio Zaffiri
Hotel Rigopiano, indagati, oltre a due dirigenti della
provincia ed al direttore dell’hotel, il sindaco di
Farindola Lacchetta ed il Presidente della Provincia
Di Marco. Omicidio colposo è l’accusa della Procura
Quel pomeriggio, di mercoledì, gli ospiti dell’hotel Rigopiano si trovavano tutti nella hall dell’albergo, in attesa dei mezzi di soccorso: nevicava da ore e avevano paura ma la strada che avrebbe garantito l’unica via di fuga – la provinciale numero 8 – era totalmente bloccata. Il primo della lista dei sei indagati per omicidio colposo e lesioni è Bruno Di Tommaso, il direttore dell’hotel: quello che durante le fasi dei soccorsi aiutò a rintracciare i dispersi sotto la struttura collassata nella neve. E’ indagato «nella qualità di amministratore delegato, legale responsabile della società Gran Sasso Resort spa, gestore dell’Hotel Rigopiano e datore di lavoro». Poi viene il primo cittadino di Farindola, Ilario Lacchetta, accusato di aver sottovalutato l’allarme valanghe: in quanto «autorità di protezione civile anche con riferimento ai pericoli scaturiti da condizioni metereologiche avverse in territorio a rischio valanghivo». Accusa rivolta anche al responsabile dell’ufficio tecnico Enrico Colangeli. Anch’egli «membro della commissione valanghe». Ma il nome che fa più rumore è Antonio Di Marco, il presidente della provincia di Pescara, accusato di non aver provveduto «al mantenimento di adeguate condizioni di viabilità». Gli ospiti dell’hotel, dopo la scossa di terremoto sarebbero voluti andar via, ma rimasero imprigionati. Le indagini dei carabinieri forestali di Pescara hanno portato all’individuazione della catena di responsabilità. Per questo il presidente Di Marco, assieme al dirigente Paolo D’Incecco e al responsabile del servizio di viabilità Mauro Di Blasio, sono chiamati dalla procura a rispondere per «negligenza, imprudenza e imperizia» di «omessa previsione, prevenzione e gestione dei rischi tra cui l’innevamento grave e quello valanghivo». E di non aver predisposto «vie di fuga di strutture ricettive come l’Hotel Rigopiano» e di avere così «non impedito o cagionato il decesso di 29 persone presenti all’interno della struttura e lesioni personali ad almeno altri 8 ospiti e un dipendente».