PESCARA: LA PRESENTAZIONE DEL CATALOGO SULLA MOSTRA “WAHROL E SCHIFANO TRA POP ART E CLASSICISMO”
Vinta la scommessa culturale della Fondazione Pescarabruzzo

Pescara, 31 luglio 2021, al calar del sole, sulla terrazza dell’edificio di Corso Vittorio Emanuele che oggi è Imago Museum, presentazione del catalogo Wahrol e Schifano Tra pop art e classicismo dedicato alla mostra temporanea ospitata in un piano del palazzo, mentre gli altri due sono riservati alle collezioni permanenti degli impressionisti scandinavi ed all’arte figurativa del 900, patrimonio stabile della Fondazione Pescarabruzzo.

Il museo non ha avuto ancora una inaugurazione cosiddetta istituzionale, posticipata in un tempo a breve, evidenzia il Presidente Nicola Mattoscio. Nulla di grave, aprire un Museo in piena pandemia è atto già rivoluzionario in sé e per sé, un miracolo compiuto e la presentazione del catalogo, che diventa il primo appuntamento informale rivolto al mondo degli operatori culturali, degli artisti, dei giornalisti, è suggestione visiva, ulteriore al percorso museale, e condiviso nell’ascolto silenzioso – interrotto solo ogni tanto dalle campane della vicina Chiesa del Sacro Gesù- . Sono gli stessi curatori a presenziare, introdotti dalla giornalista Roberta Mancinelli: Generoso Bruno, critico d’arte, Marco Bussagli, professore presso l’Accademia delle Belle Arti di Roma e Gianfranco Rosini, discendente della famosa famiglia di galleristi e mercanti d’arte, la cui Galleria Rosini GutmanDelilah Gutman è sua moglie– ha messo a disposizione della mostra le opere esposte. 


Perché quindi la temporanea del museo pescarese assurge a straordinaria esperienza rispetto agli accostamenti dei due artisti che si sono già sperimentati da Roma a Milano, da Firenze fino a quella all’indimenticabile di Andora curata da Philppe Daverio? Il cinema suggerisce la metafora, crediamo sia proprio il piano sequenza e la profondità di campo, tecniche applicate all’organizzazione ma ancor prima al pensato dell’allestimento sapientemente curato da Katia De Simone e Vincenzo Pomilio: la mostra andrebbe visitata e vissuta proprio come un flusso per capirne l’ulteriore messa a fuoco che deve renderci orgogliosi di questo primato pescarese. Che è un atto bellissimo, eroico lo definisce Bussagli, per la scelta del tempo ma anche nel mostrare Wahrol, mostrare Schifano, popolari e classici perché, alla fine tutte le arti antiche sono moderne in quanto scaturite nel proprio tempo. E quest’ultime diventano classiche. Anche quando creano una frattura estetica, anche quando anticipano i tempi, a volte anche la scienza, basti pensare al moto caotico di Pollock.  Andy Wahrol e Mario Schifano del resto sono un po’ figli di Pollock ed è dall’intreccio delle loro vite nell’arte che si parte. Nel 1962 i due si incontrano per la prima volta a New York. Il primo è già il pop consacrato nel dittico di Marilyn Monroe, delle 100 Cocke Bottles, delle 100 Soup Cans e 100 Dollar Bills, caratterizzato nel “30 è meglio di 1”, che sia un’attrice, un presidente o un barattolo di pomodoro. Di lì a poco sarebbe nata Factory, la fabbrica creativa dove l’americano della Pennsylvania avrebbe cominciato a girare film ma anche dove, almeno fino al 1968 si sarebbe ritrovata la società underground newyorchese e dove si sarebbe prodotto di tutto, dalla scultura alla musica ai giornali.

Schifano è colpito dall’intelligenza creativa dell’americano, anche se manterrà nei confronti della pop art un atteggiamento ambivalente, spiega dettagliatamente Generoso Bruno, cogliendo nel movimento tutti i confini del fatto politico imposto. Ne è affascinato ma più interessato a rimanere libero nella consapevolezza del proprio talento. Del resto si è appena licenziato dal Museo etrusco di Villa Giulia dove componeva lucidi, o meglio, ricalcava su di essi le forme dei reperti di archeologia etrusca, ogni lucido però, diverso dall’altro e la riproduzione meccanica di Wharol gli è perciò lontana, non viene da quel mondo e la geografia prevale sulla biografia. Lui dipinge nella patria di Michelangelo e nella sua pittura c’è tutta l’operazione concettuale nella quale, tra segno e colore, è la linea a vibrare rivendicando autonomia. E quando penserà che la pittura non possa più avere sbocchi o gli appaiano i limiti della stessa nella invenzioni di immagini, è il cinema a dargli la possibilità di fuga, il cinema che è tecnologia e che nel rapporto con la produzione artistica si rivela un punto di contatto con Wharol, nel medesimo attimo li distanzia, una parallasse che, ulteriormente conferisce al percorso visivo esposto all’Imago, originalità e curiosità. Quel classicismo nel titolo di coda – insistendo nel paradosso nostro cinematografico – è apparente contraddizione laddove l’apparenza c’è e si supera mostrandola, appunto, nello sguardo di Schifano che volge al passato ed alla Storia. È la serie esposta della Mater Matuta, 15 tele, 10 carboncini e 2 opere a tecnica ispirate alle statuette di Capua, significante di estrema devozione alla atto femminile del dono della vita (nel catalogo le foto sono di Luciano D’Angelo).
La pellicola di parole si conclude con la testimonianza di Gianfranco Rosini: le opere esposte gli appartengono al pari dei ricordi intimi dell’amicizia con Schifano, un maestro del quale l’allora ragazzino voleva vendere le prime opere. 

Il sole, nel frattempo, scomparso dietro i monti, è stato sostituito dai fari, il terrazzo diventa una piattaforma di luce sospesa, nei flashback e tra gli appunti scritti e trascritti per l’articolo, si insinua il dolore per Pescara ferita dai roghi, il desiderio di un’arte che possa aiutare a ripartire lenisce ma non cura.
Bisognerebbe diffonderla al pari degli inneschi di fuoco, a credere che se la sua funzione prometeica esista ancora – Mattoscio la sottolinea questa capacità dell’arte di anticipare i tempi richiamando a tal proposito l’esperienza delle avanguardie dei primi del Novecento come precorritrici delle conclusioni della Scuola di Francoforte di Horkheimer e Adorno- un Museo possa essere l’immaginabile relazione tra la città di Pescara e l’arte, tra società e quel determinato sviluppo, come esempio virtuoso nel panorama nazionale ed internazionale.

Sabrina De Luca

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