PESCARA: ALL’IMAGO MUSEUM CONVEGNO SULLA TERRA DEI VESTINI

Il convegno “Radici Vestine – Innesti di Cultura e Territorio” si è svolto, domenica 13 febbraio, nella Sala dell‘Imago Museum che ospita, quasi a materializzare un fil rouge semantico tra Arte, Produzione Agricola ed Ecologia, la mostra fotografica “Joseph Beuys. DIFESA DELLA NATURA | FACCIAMO PRESTO!dedicata all’artista tedesco che visse per più di 10 anni nel borgo di Bolognano e che in quella terra riuscì a costruire il suo mondo nell’alleanza con la natura.

A fare gli onori di casa il presidente della Fondazione Pescarabruzzo Nicola Mattoscio, si complimenta per l’iniziativa, una bella idea che unisce la vocazione produttiva alla cultura e la rende riflessione sulla bellezza. Presente nel saluto iniziale anche il Presidente del Consorzio di Tutela Vini d’Abruzzo Valentino Di Campli che sottolinea l’impegno tenace di tutti i produttori nel continuare l’opera di tutela e valorizzazione dell’identità enologica abruzzese, il Presidente della Camera di Commercio di Chieti e Pescara Gennaro Strever, l’assessore regionale Emanuele Imprudente, il Sindaco di Pescara Carlo Masci.

Da sx: Valentino Di Campli, Antonio Paolini, Enrico Marramiero

Organizzato dall’Associazione dei Produttori di Montepulciano d’Abruzzo Terre dei Vestini e moderato dal giornalista Antonio Paolini, l’incontro rappresenta il primo passo del percorso, non senza ostacoli come sottolinea il presidente Enrico Marammiero, verso il riconoscimento di una nuova DOCG regionale che andrà a tutelare e promuovere il Montepulciano D’Abruzzo di uno dei territori più vocati ai prodotti agroalimentari di altissima qualità: l’area vestina. In questo tragitto l’associazione sceglie il metodo del confronto e della conoscenza di un altro re dei vini: il Barolo delle Langhe il cui viaggio DOCG viene raccontato dal Presidente della Cantina Comunale di La Morra Matteo Ellena, ospitato insieme ad una delegazione piemontese che ha avuto modo di scoprire, nei giorni precedenti, la ricchezza culturale dell’areale. Quello per intenderci, come spiegato egregiamente dal Professore Fabio Pietrangeli, attraversato dai tre fiumi Nora, Fino e Tavo ed il cui cuore si trova da 20 a 40 km dal mare e comprende Loreto Aprutino, Penne, Nocciano, Rosciano, Catignano, Civitaquana e Vicoli. Prima e dopo, la collina accarezzata dalle correnti salmastre dell’Adriatico e la montagna vegliata dal sonno del gigante Gran Sasso.

In quel palcoscenico sinuoso è Francesco Paolo Valentini ad introdurre l’ospite della giornata: sua maestà il Montepulciano d’Abruzzo. La parola chiara e puntuale  ne ricostruisce l’albero genealogico: tutti e tre gli studiosi Edgardo Torcia (1790) Panfilo Serafini (1825) e Moretti (1850) sono concordi nel ritenere che il vitigno provenga dalla Toscana solo che nell’omonima città l’evoluzione del vitigno si è poi conformata nel Sangue di Giove successivamente trasformato nel nome finale di Sangiovese. Le prime tracce del Montepulciano in Abruzzo sono da rinvenire in un Averusto portato da Francesco dé Medici intorno ai primi decenni del 1500 e innestato nei terreni della Valle del Tirino, tra Ofena e Capestrano, poi nelle Valle dei Peligni ed infine nella zona di Torre dei Passeri. La presenza della prestigiosa famiglia era dovuta all’acquisto di possedimenti per far pascolare le pecore da cui ricavare la lana, uno dei settori produttivi di eccellenza della stirpe fiorentina.

Nell’aerale vestino l’Averusto trova l’ambiente che ne condiziona il genotipo. E sarà nel 1967, con sopra le spalle quasi 2 secoli di storia, che Edoardo Valentini, papà di Francesco, si  adopererà  affinché al Montepulciano venga riconosciuta la DOC. Storia di una vite che si intreccia alla vita degli uomini: se Pietrangeli delinea con riferimenti tecnici il territorio, o meglio ancora terroir che più di altri completa il rapporto che lega un vitigno al microclima, alle sostanze minerali del suolo in cui è coltivato, all’anima degli uomini che assecondano quella unicità nel tempo e nello spazio, Valentini ci parla del corpo vivo del vino, lo fa, come lui stesso si definisce, da cantiniere artigiano. Lo fa trasportandoci in una degustazione del 2013, a Roma, quando furono aperte tre annate, 1880, 1890, 1896 appartenenti al reliquario conservato nella cantina del trisavolo Gaetano Valentini.  Ebbene quei vini erano ancora vivi, respiravano, le caratteristiche organolettiche più simili ad un cognac, il colore rosato come l’imbiancatura di un nonno di 100 anni ma ogni generazione stappata restituiva tutte le fragranze rimaste intatte della terra di cui si erano nutriti. La memoria della terra madre.

Questo è il valore dell’identità mentre la valorizzazione, che è azione di implementazione significa preservare tutte le condizioni ambientali e difenderle dalle azioni dannose dell’uomo. Parla anche dell’olio vestino Francesco, la famosa qualità della Dritta anch’essa gratificata dal primo riconoscimento DOP nel 1967, parla del Tondino del Tavo che da pochi anni è diventato presidio Slow Food e registrata la Banca del Seme, biodiversità per la cui difesa lui stesso  abbandona gli abiti del poeta del vino per indossare l’armatura dell’araldo, iconografia della famosa etichetta. Definisce FOLLIA UMANA quella di chiunque provi a deteriorare, deturpare, stravolgere una relazione identitaria con la terra. Ricorda la vicenda dell’impianto biometano, non certo perché sia una battaglia vinta ma perché l’attenzione sulla difesa della natura sia sempre alta da parte di tutti. E poiché nelle sue parole c’è tutta la saggezza e la verità del vino il Convegno non poteva che concludersi con una degustazione del Montepulciano Valentini, annata 2001. E come quando si conclude uno spettacolo dal vivo e c’è quel secondo di silenzio che poi si rompe nell’applauso della platea, nell’attimo silente ognuno celebra sulle labbra la passione per quel rosso profumato. Effetto catartico. Tanti fotografano persino la bottiglia. Una emozione da riportare a casa.

Sabrina de Luca

 

 

 

 

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