LORETO APRUTINO: NEL NOME DI CARLO BONFIGLIO, LA COMUNITÁ LORETESE SI RITROVA, NEI VALORI DI PACE E LIBERTÁ GUARDA AL FUTURO

Si è svolta ieri, Domenica 13 giugno, a Loreto Aprutino, la cerimonia che ha onorato l’apposizione della targa in memoria di Carlo Bonfiglio, il giovane ucciso l’11 giugno 1944 presso Colle Stella nel territorio di Penne. L’aria è carica di commozione per tanti sentimenti che man man affiorano dalle parole di organizzatori e sostenitori.

La casa di proprietà di Pierluigi Pace, in via Cesare Battisti n.8

Il primo al quale va il grazie più motivato è Francesco Di Pietro, figlio delle vie lauretane, cultore di storie e tradizioni, generoso al pari dei loretesi che accolsero, in quel periodo terribile dell’anno 1944, circa 40 militari italiani in tutto il paese, mangiarono con loro, vissero un pezzo di vita insieme. Quella di Carlo finì tragicamente e Francesco ha voluto che nessuno dimenticasse quella morte, così di suo cuore e tasca, ha scelto di donare una targa e apporla nella casa di via Cesare Battisti n.8, oggi di proprietà di Pierluigi Pace, allora abitata dai signori Antonio e Costanza, i coniugi che diedero ospitalità, appunto, a Mario Carpanelli e Carlo Bonfiglio, allievi del Corso Ippogrifo dell’Aeronautica Militare “Quando eravamo piccoli e Mario tornava a Loreto a fare visita alla tomba di Carlo, la voce si spargeva ‘è tornato Mario l’aviere'” ci racconta a latere Pierluigi, la memoria è stratificazione di storie nella Storia. 

da sx: Francesco Di Pietro e Pierluigi Pace

Sentito l’intervento di Nicola Palombaro, presidente della sezione provinciale A.N.P.I.di Pescara, dedicata ad Ettore Troilo, sottolinea come la condivisione dei ricordi, di chi ha scelto la libertà e di morire per quella, è formazione di memoria collettiva, necessaria affinché  la responsabiltà delle scelte contemporanee ne sia guidata, nel rispetto di quell’ambito di diritti inviolabili sanciti nella nostra Costituzione. L’onore di disvelare la targa  assolto dal Sindaco Gabriele Starinieri, sulle note del Silenzio eseguite dalla tromba di Massimiliano Di Carlo, un giovane talentoso che da poco è venuto ad abitare proprio in via Battisti, nella stessa via dove, finita la guerra, si diffondevano le note del flicorno di Edmondo Farias. Tanti nodi in gola quando, sul partire delle note, il battito di tacchi del Maresciallo Francesco D’Orta e dell’appuntato Raffaele Santulli del Comando locale dei Carabinieri, hanno stagliato l’attenti. Emozioni ed un nuovo sentirsi parte di una comunità, senso estetico e poetico che tracima nella seconda parte della cerimonia quando la parola torna nell’intimità del ricordo. Quello affidato al maestro Gianfranco Buccella: a lui i compagni di Carlo delegano il compito di raccontare la storia dei giovani avieri che, prima dell’eccidio di Colle Stella, si erano giurati eterna amicizia. In particolare Enrico Dinucci, ospite della famiglia Soccio ed allora coccolato da nonna Teresina, tanto che quando lascerà il paese, al suo collo poggerà una catenina d’oro salutando quella che per lui fu una seconda mamma

Amici prima che militari, sapevano che da lì a poco la guerra sarebbe finita e le loro scelte politiche e personali successive, non avrebbero mai intaccato quei giorni sospesi nel rifugio a Loreto Aprutino. La promessa diventa, invece e purtroppo, la missione a non dimenticare Carlo, sepolto nel cimitero del paese ed il cui corpo non sarà mai rivendicato dai parenti. Amato in vita e figlio acquisito ed onorato da morto.

da sx Gianfranco Buccella, Nicola Palombaro, Fausto Roncone, Sabrina De Luca, Francesco Di Pietro, il sindaco Gabriele Starinieri

 

Massimiliano Di Carlo, Vanessa Cirillo ed il Maresciallo D’Orta

 

Aleardo Rubini, Francesco Di Pietro e Fausto Roncone

La giornata si conclude con Fausto Roncone che legge una poesia scritta da Aleardo Rubini Il colle del disonore ed uno stralcio del diario Giorni di attesa 1944, il silenzio della piena mattina di giugno ingoia parole sofferte, all’imbrunire…poi la sera…poi la notte. Poi la morte. Carlo non aveva compiuto neanche 21 anni. Era solo un giovane verso il quale, come ci racconta il dottor Alessandro Lepore, i due militari che lo portarono –caricandolo in una vecchia balilla nascosta dietro l’ex passaggio a livello– presso Colle Stella, non ebbero un qualsiasi accenno di pietà, né il rimorso di consegnare quella giovanissima vita alla mira facile e vigliacca del battaglione San Marco della Repubblica di Salò. E proprio su questa considerazione, giunta nel finale degli occhi asciugati, che ritorna l’Uomo al centro delle azioni, l’Uomo che la guerra può far diventare complice o eroe. Carlo non era né l’uno né l’altro. Era solo un ragazzo che voleva volare ed ha seguito l’ardore di chi si sente libero solo a 5mila metri sopra il mare. Proprio nelle azioni dell’Uomo che dovremmo investire una nuova idea di libertà e di umanità che parli il linguaggio dell’etica contemporanea.

La testimonianza del dott. Alessandro Lepore

Nel nome di Carlo Bonfiglio Loreto ieri ha riscoperto anche la gioia di stare insieme, la condivisione che eleva la vita nel centro storico la cui accoglienza, altra parola chiave della celebrazione, è scivolata, avvolgendoci, dalle mani di Lina Di Pietro e Gianna Ruzzi che hanno offerto il ricco aperitivo finale. Tanti i cittadini presenti, soffocati gli abbracci, i saluti ancora a filo di nocche, sorrisi che sbirciavano dalle mascherine, si spera sia il primo appuntamento corale che lasci definitivamente alle spalle il dolore ed i mesi terribili dell’isolamento. Ed è stato proprio bello! 

Una parte della comunità di Loreto Aprutino
Corrado Coletta

Si ringrazia per le foto A.Rasetta

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