(Nella foto:Penne, 16 giugno 1944: l’arrivo in Piazzetta XX Settembre dei “liberatori” di nazionalità polacca)
di Luciano Gelsumino
Subito dopo che le Forze Alleate riuscirono a sfondare, nel maggio del ’44, la Linea Gustav che tagliava il terzo inferiore dell’Italia dall’Adriatico al Tirreno, per i soldati tedeschi di stanza a Penne suonò il campanello della ritirata verso il nord. E’ storia che durante l’ultima parentesi bellica, le truppe germaniche compirono ogni genere di atrocità nei confronti della popolazione civile italiana: eccidi, stragi, stupri e ruberie varie.
Gli ultimi soldati tedeschi abbandonarono Penne il 12 giugno 1944, non prima di aver perpetrato azioni furtive: ci furono i pennesi fermati per strada ed alleggeriti di orologio e portafoglio; si racconta di parecchie irruzioni all’interno delle case del centro storico alla ricerca di oggetti in oro; in campagna era impossibile trovare preziosi e denaro, ma quella dell’abigeato, per i tedeschi, divenne una pratica diffusa e redditizia.
Lo storico Giovanni De Caesaris, sfollato in quei giorni nella zona della Madonna della Pietà, presso il casolare dei suoi coloni, nel suo diario così annota: “9 giugno – Gli avvenimenti precipitano: affluiscono da ogni parte automezzi tedeschi e cavalli. In alcune campagne prossime alla città son fermi, attaccati con funi agli alberi molti di questi begli animali; lungo il viale S. Francesco, ce ne sono nelle stalle vicine. Il Comando tedesco ha imposto il reclutamento di 800 operai per una strada rasente il ponte di S. Antonio. Il lavoro si comincia col danno particolarmente di qualche podere, perchè non si ha alcun riguardo alle messi, ormai mature. Vi attendono moltissimi operai. Poi il lavoro vien sospeso. Il Comando stabilisce che si faccia una strada ben diversa. Si impone ai proprietari la consegna dei buoi e delle vacche. Soldati tedeschi armati entrano nelle stalle e ne portano via due, tre (raramente un animale) da ciascuna stalla. S’impone ai contadini di Condurli a Castilenti, ad Arsita. Anche i carri vengono tolti ai contadini, senza badare o tener conto dei bisogni campestri.
10 giugno – Continuano i tedeschi a impadronirsi delle vacche. C’è chi le ha viste passare in fila dietro le mura della città. Molte di esse però non proseguono la strada e nulla vale a farle camminare. Qualcuno ne profitta per comprarle dai tedeschi per mille, duemila lire e alcune bestie, molto “intelligenti” riescono a riportarsi nelle loro stalle. In alcune località campestri se ne aggirano altre, sbandatesi dall’armento e i contadini del luogo se le partiscono… amorevolmente. Alcuni uffiziali, prima di lasciare la città, donano una vacca e un’altra ai contadini da cui hanno ricevuto qualche benefizio o a cui hanno arrecato qualche danno. Si odono a distanza a brevi intervalli scoppi di mine. I tedeschi fanno saltare in aria i ponti lungo la strada da Montesilvano a Penne, da Chieti a Pianella e via via sino al ponte del Tavo. Passano per il cielo apparecchi aerei degli alleati. Le batterie contraeree tedesche cercano di colpirli, ma le detonazioni sono sempre più fioche.
13 giugno – Era passata tranquilla, anzi con segni d’esultanza la prima parte del giorno 13, quando poco dopo Mezzogiorno, si diffonde inaspettata e quasi incredibile [la notizia] che i tedeschi tornavano (A s’arturnete li tidische – N.d.R.). E ne avevano fatto e ne facevano di ogni colore specialmente alle donne e ai fanciulli. Il primo luogo della loro gravissima audacia e della loro ferocia era stato, come si diceva, Roccafinadamo. Fu allora una spavento generale. Alcuni si chiusero nelle loro case, altri, e furono dei più, fuggirono dalla città: fuggirono dalle campagne anche i contadini, spingendosi innanzi i loro armenti, oppure portandosi in luoghi meno accessibili. Molti si recarono con ben rapido passo a … Pianella, dove si diceva, ciascuno si sentiva più sicuro, perchè difeso dai soldati liberatori, che già vi avevano preso stanza. Forse mai un’impressione di terrore fu pari a questa. Eppure a Roccafinadamo c’era stato, come si diceva, un alterco, una minaccia di alterco, fra un patriota e un soldato fascista repubblicano. E qualcuno s’era preso il cattivissimo gusto di esagerare la notizia, anzi di addirittura mutarla con non lieve pubblico danno. La sera del giorno 13 o dello stesso giorno come si vide che nulla di male accadeva, tornò la tranquillità degli animi……” .
Il clamore suscitato da questa falsa notizia fu notevole, tanto che a tutt’oggi, settantacinque anni dopo, per paventare il ritorno ad uno stato peggiore, a Penne è ancora in uso esclamare: “si ss’artorne li tidische!“.
(Penne, 13 giugno 1944: l’accoglienza alla pattuglia motociclistica della Divisione “Nembo” in largo S. Francesco)
Intanto, Giovanni De Caesaris continua il suo diario in una Penne oramai priva di tedeschi: “15 giugno 1944 – Il nuovo Comando ha disposto che la città abbia il suo nuovo capo. E per pubblica acclamazione Laguardia Francesco, dilettante fotografo, che già ai tempi del socialismo fu consigliere municipale, viene nominato Sindaco e vice Sindaco il sig. Pierino Castiglione, ragioniere, che da parecchi anni si occupa dell’amministrazione dell’Ospedale e degli Istituti che gli sono aggiunti…“.
(Gabriele Rossi nel dopoguerra)
Si riporta testualmente quanto venne sottoscritto:In quei giorni, esattamente sabato 10 giugno, Gabriele Rossi di Massimo, nato a Penne il 1° marzo 1899, se ne stava al lavoro nel podere di contrada Campetto di proprietà di Franco Napoletano, ma da lui gestito a mezzadria. La contigua strada per Chieti (S.S. 81) era ancora frequentatissima (il Ponte di Sant’Antonio venne minato ed abbattuto la sera del giorno successivo). Alcuni razziatori tedeschi armati, entrarono nella stalla della casa colonica, prelevarono due vacche e con la “capezza” in mano si allontanarono. Il mite Gabriele, una volta ripresosi dallo spavento, dovette stoicamente accettare il furto subito. Non sappiamo chi fu, ma dopo alcuni giorni, quando Gabriele era ancora sconfortato per l’accaduto, qualcuno gli segnalò una buona notizia, cioè che quelli che potevano essere i suoi animali, erano ospitati da diversi giorni in una stalla di una masseria ubicata a pochi tiri di fucile da casa sua, nei paraggi della quale i tedeschi li avevano abbandonati. Subito Gabriele andò a riconoscerli. Ma in questo caso, come vuole la legge, il contadino che aveva recuperato le vacche pretese delle garanzie circa la certezza della proprietà delle stesse. Anche perchè altre persone avrebbero potuto dichiarare l’identica cosa e reclamarne la restituzione. Allora, venerdì mattina 30 giugno, accompagnato da quattro “attestanti”, Gabriele si presenta presso gli uffici comunali di Penne per munirsi del previsto Atto di Notorietà.
COMUNE DI PENNE
Atto di Notorietà n. 394
L’anno millenovecentoquarantaquattro, il giorno trenta del mese di giugno, nella Casa Comunale.
Avanti a me Francesco Laguardia Sindaco del Comune suddetto, assistito dal Segretario Rag. Cav. Montauti Antonio sono comparsi i signori:
- D’Addazio Gabriele di Venanzio
- Costantini Domenico fu Donato
- Di Norscia Giuseppe fu Tommaso
- Giammarino Antonio di Marano
(Don Checchino Laguardia – Sindaco di Penne)
tutti residenti in questo Comune, persone note, cognite, idonee a sensi di legge, non interessate all’atto, le quali, sotto il vincolo del giuramento prestato nelle forme legali, hanno separatamente e concordemente dichiarato, di loro spontanea volontà, essere vero e notorio:
che i Tedeschi, durante la loro rapida ritirata, hanno portato via due vacche al Signor Rossi Gabriele di Massimo, colono di Napoletano Franco. Tali bestie furono poi lasciate dagli stessi presso, il proprietario Di Simone Giuseppe di Francesco Saverio, residente in Penne,Contrada Casale 37.
L’etto (sic!) il presente atto ai dichiaranti, essi l’anno (sic!) meco sottoscritto a conferma di quanto da loro osservato (gli errori sono contenuti nella parte prestampata del modulo – N.d.R.).
Si rilascia in carta libera
I TESTI: (firme)
- D’Addazio Gabriele
- Costantini Domenico
- Di Norscia Giuseppe
- Antonio Giammarino
L’Impiegato Compilatore Il Sindaco Il Segretario
M. Del Governatore F. Laguardia Montauti
Dopo una settimana il Comune concesse l’autorizzazione.
COMUNE DI PENNE
IL SINDACO
Visto l’atto notorio redatto il 30/6/44 dinanzi al Sindaco di Penne con il quale si attesta che il giorno 10/6/44 i soldati tedeschi portarono via dall’abitazione 2 vacche del Sig. Rossi Gabriele abitante in Penne Contr. Campetto
AUTORIZZA
il sig. Rossi Gabrielea ritirare le bestie denunciate con l’atto notorio suddetto che si trovano presso il sig. De Simone Giuseppe, contr. Casale che precedentemente erano già denunciate e registrate in questo Comune. Il signor Rossi Gabriele sarà consegnatario di detto bestiame in attesa di ulteriori accertamenti.
Penne, 8 Luglio 1944
IL SINDACO Laguardia
Arriviamo al lieto fine: con somma gioia di Gabriele, dopo un mese, le vacche (che potevano chiamarsi Majurane e alummelle, se non Giardine e Quajarelle) rimisero le zampe nella propria stalla.
Nota: La documentazione e la foto di Gabriele Rossi ci sono state gentilmente fornite dal nipote Avv. Sandro Rossi.