L’OSPEDALE SAN MASSIMO DI PENNE
Accenni di storia (fino alla “Spagnola”)

( Nella foto sopra, l’Ospedale Distrettuale S. Massimo di Penne nella sede di San Panfilo, lato Circonvallazione)

di Luciano Gelsumino

Dopo l’anno Mille, a Penne esistevano già tre “ricoveri de’ poveri”: San Nicola de Ferraris, San Lazzaro de’ Lebbrosi e Santo Spirito; un altro se ne apriva nel 1364 da Agostino Muzii. Di queste opere però più non si parlava nel 1587, quando il Vescovo Giambattista de Benedictis unificava i due Ospedali allora esistenti, l’uno sotto il titolo di Santa Maria della Misericordia e l’altro di S. Massimo, sostenuti in buona parte dai Sodalizi del Rosario e Gesù e della Cintura.

Successivamente, da Ospizio comunale, con apposito Decreto, nel 1831 venne dichiarato Ospedale Distrettuale nel fabbricato ubicato nei pressi di Porta Marzia: “un ben decoroso e comodo edificio, la cui parte superiore è abitata dalle suore della Carità, una delle quali è incaricata di vigilarvi sotto gli ordini di un Deputato di Beneficenza”.

Santo Roberti, Presidente dell’Intendenza del 1° Abruzzo Ultra, in data 3 marzo 1851, da Teramo dove risiedeva, così scrive:

SIGNORI SOTTINTENDENTI E SINDACI

Il Consiglio non cessando d’indagare tutt’i modi possibili per diminuire le tasse che gravitano sopra i Luoghi pii della Provincia, non ha dimenticata anche quella imposta per lo mantenimento dell’Ospedale Distrettuale di Penne. Nell’ultima mia andata in quella Città avendo trovato che nella Cassa di detto Stabilimento restavano infruttuosi ducati mille, io col Consiglio ne proponemmo a S.E. il Ministro dell’Interno (Regno di Napoli, ndr) l’impiego sul gran libro onde la rendita che se ne trae andasse a far parte dell’introito ordinario del Pio Luogo, per isgravare in pari tempo proporzionalmente le tasse parziali che si pagano dai Luoghi Pii. Lo che essendo stato approvato ed effettuito, trasmetto a lei un esemplare in istampa del prospetto generale della tassa mentovata distinta per ciascun luogo pio, e colla indicazione del carico del 1850, e quello del corrente esercizio, il quale nel totale presenta una somma in meno di ducati 50 eguale a quella ottenutasi dall’impiego dei ducati mille.

Simile provvedimento sarà praticato in ogni anno, mentre verificandosi costantemente che gli ammalati che entrano in quello stabilimento non giungono al numero di 15, quanti presuntivamente ne furono calcolati nel fissarsi la dotazione d’esso, si sperimentano mai sempre avanzi, i quali saranno annualmente impiegati in acquisto di rendita sul gran libro, e quindi di altrettanta somma sarà annualmente diminuita la tassa predetta. Stante ciò interesso Lei, e la Commissione di essere più diligenti in fare effettuare dal Cassiere i versamenti delle somme dovute all’Ospedale di Penne, tanto pel corrente quanto per l’arretrato, mentre dall’esattezza dei pagamenti risulterà un maggiore avanzo, e da ciò un maggiore disgravio, fino a che col trascorrere degli anni la tassa potrà essere intieramente tolta.

Lo storico Giovanni De Caesaris ci racconta che: “Nel 1912 fu deciso di trasferire l’ospedale nel Monastero di S. Chiara, e poco dopo si cominciarono i lavori di riattamento: prima, essendo a capo della Congrega della Carità il Conte Ferdinando Castiglione; poi, l’agricoltore Giuseppe di Silvestro, eletto dall’Amministrazione comunale socialista”.

Ed aggiunge: “Il Monastero di Santa Chiara in breve volgere di anni, mercè la volontà audace e tenace di pochi e i sussidi necessari, fu ridotto in modo che niuno, entrandoci, riconoscerebbe i vecchi locali, o li rivedrebbe tutti col pensiero. Doveva essere l’ospedale “modello”, per ampiezza e numero di sale e di stanze, per comodi d’ogni specie, per la bellezza meravigliosa della sua postura”.

Dopo la fine della 1^ Guerra Mondiale il cantiere per la realizzazione del novello ospedale era ancora aperto. Tuttavia, ognuno si rendeva utile per ottenere fondi e materiali necessari per completare l’opera.

Il farmacista di Penne Raffaele Verrotti (alias don Fifì), sollecitato dagli esponenti della Congrega della Carità, scrisse una richiesta d’aiuto (lettera in mio possesso, ndr) al suo amico Rosolino Colella di Città S. Angelo, neoeletto Deputato alla Camera per il Collegio di Teramo, nella XXV Legislatura del Regno d’Italia. Giova ricordare che in quel periodo, in Abruzzo, e nel resto del mondo, imperversava la pandemia dell’influenza spagnola (vedasi scheda).

  (Onorevole Rosolino Colella)

Il testo integrale è vergato su carta intestata:

FARMACIA E LABORATORIO CHIMICO – MICROSCOPICO

Raffaele Verrotti – Penne

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Penne, 15 dicembre 1919

 Carissimo Rosolino,

ho ricevuto la tua gradita lettera e, anche a nome dei comuni amici, te ne ringrazio vivamente.

Ed ora, poichè sei il nostro deputato, stimato anche da coloro che, per impegni precedenti, non ti appoggiarono nell’ultima lotta, ma che con viva ammirazione ti seguono e plaudono al tuo recente successo, e pensano che molto farai di beneficio della nostra cara regione; credo di rivolgermi a te per un segnalato favore, che trascende le personalità, ma che riguarda un vivo interesse generale che troverà indubbiamente in te uno strenuo e sollecito propugnatore; tanto più che il nostro pubblico, turlupinato da falsi apostoli, nei campi della sua buona coscienza, è sempre, o finisce di essere, dalla parte di quelli che efficacemente e tangibilmente operano.

Questa Congregazione di Carità sta procedendo alla sistemazione dell’Ospedale Circondariale. I lavori sono così importanti, e per un ammontare di circa 200,000 lire, che il Ministero dell’Interno ha creduto di concorrere nella misura di un terzo della spesa. Per il resto, date le scarse risorse disponibili, la Congrega va provvedendo colla ricerca di altri sussidi. Fra l’altro essa ha rivolto istanza alla Commissione Centrale pei residuati di guerra, sedente costì in Via Nazionale N. 75, per ottenere gratuitamente una certa quantità di ferri da costruzione a doppio T.

La istanza deve essere costì pervenuta fin dai primi del corrente mese, con parere favorevole delle Autorità Politiche.

Detti lavori vanno lenendo qui la disoccupazione nella imminenza della stagione cattiva: ma dovrebbero andare sospesi, se non si ottenessero i detti ferri necessari pei lavori interni al coperto.

Per la concessione gratuita, il Segretario della locale Congregazione di Carità si è raccomandato al proprio cugino Colonnello Francesco Foschini, risedente costì in Viale Giulio Cesare N. 30, e che presiedeva una volta la detta Commissione. Ma una tua parola sarebbe opportuna a far comprendere l’importanza dell’opera interessante un circondario di ben 38 comuni, ed a sollecitare la concessione.

Son sicuro che t’interesserai della cosa con provvido zelo, e che riuscirai a far ottenere subito ciò che è stato chiesto. Non mancherai di avvertirmi dei risultati, acciocchè io possa comunicarli non pure alla Congregazione, ma altresì alla cittadinanza. Come vedi, è in noi il desiderio infinito di giovarti… politicamente, per quanto tu cercherai nei limiti del possibile, di rendere proficua la nostra azione costante e affettuosa.

                                                                                                                                Tuo Fifì

(Lettera scritta dal farmacista “Fifì” Verrotti di Penne)

Tanto per la cronaca: il primo Direttore Sanitario del nuovo San Massimo fu il dott. Paolo Forni.

(Dott. Paolo Forni, 1° Direttore Sanitario dell’Ospedale S. Massimo)

  (Novembre 1953:  posa della 1^ pietra del nuovo padiglione dell’ Ospedale)

 

Penne e l’influenza “spagnola”

Circa l’argomento specifico è difficile reperire documenti ed articoli di stampa; infatti, l’influenza spagnola venne chiamata così, perché la pandemia ricevette maggiore attenzione da parte della stampa solo dopo aver raggiunto, nel novembre 1918, la Spagna che era una nazione non coinvolta nel conflitto mondiale e in cui non vigeva la censura di guerra. In quei tempi, sui giornali italiani, apparivano solo dei piccoli annunci a pagamento di sedicenti illustri medici che offrivano “prodotti” per sconfiggere l’influenza in atto.

Dalla consultazione dei registri degli Atti di Morte dell’Ufficio dello Stato Civile del Comune di Penne, relativamente al decennio 1910/20, è possibile ricostruire, all’incirca, l’incidenza di casi di influenza spagnola verificatisi durante il periodo della diffusione (1918-1919-1920).

Penne non pagò un tributo alto in proporzione ai circa 400 mila decessi verificatisi in Italia. Infatti, dall’analisi dei dati riportati in tabella è facile desumere che furono sicuramente meno di 100 i trapassi avvenuti a Penne a causa dell’influenza spagnola.

Anno Totale morti di cui:
1910 250
1911 256
1912 191
1913 223
1914 255
1915 258 32 caduti in guerra
1916 230 37 caduti in guerra
1917 384 51 caduti in guerra
S

P

A

G

N

O

L

A

1918 387 52 caduti in guerra, 13 profughi veneti ospiti a Colleromano, (*) 4 morti pennesi c/o Ospedale psichiatrico Sant’Antonio Abate di Teramo
1919 211 10 soldati morti per postumi di guerra e 7 profughi
1920 241

Può essere utile sapere che:

  • Nel decennio 1910/20 il Comune di Penne contava poco più di 10.000 abitanti.
  • Dei 182 soldati pennesi deceduti nel corso della 1^ Guerra Mondiale, nove morirono per influenza spagnola: Amarotico Giuseppe, D’Addazio Giuseppe, D’Angelo Franco, Di Benedetto Pacifico, Di Muzio Luigi, Di Simone Camillo, Di Vincenzo Giustino, Ienca Giuseppe, Salvatorelli Giuliano.
  • (*) Dalle cartelle cliniche del manicomio di Teramo, nel settembre del 1918 si contano cinquantasette morti da polmoniti d’influenza – 23 donne e 34 uomini- un numero decisamente superiore a quello degli anni precedenti e successivi. In questa lista sono inseriti i pennesi:
  1. Di Fazio Sante di Antonio e Concetta Di Marcoberardino, nato a Penne il 12.02.1895, morto il 26.9.1918 a 23 anni;
  2. Fornarola Giuseppe di Bernardo, morto il 21.8.1918 a 46 anni;
  3. Di Norscia Giulia di Giuseppe e Maria Domenica Di Fabrizio, nata a Penne il 6.9.1887, morta il 24.9.1918 a 31 anni;
  4. Rossi Antonio di Giuseppe e Maria Nicola Angelosante, morto il 29.7.1918 a 67 anni.

 

  • Dallo studio dei dati relativi al decennio in esame, si ricava che prima e durante il periodo dell’influenza spagnola, circa il 40% dei decessi “ordinari” sono avvenuti per mortalità infantile.

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