BRIVIDI SOTTO L’ACACIA

foto da Il Centro

PENNE – Un’acacia lo salverà. Nel secondo romanzo di Antonio Teodorico (“Un’acacia sotto la torre”, presentato davanti a un uditorio affollato con la partecipazione di Italia Nostra) c’è tanta Penne, e da qui si intravede Milano.

I luoghi recitano nelle pagine di una storia non semplice, per quanto addolcita da sequenze di beata spensieratezza che allentano la tensione psicologica della narrazione. Raul, fervente antifascista, parte per Milano in cerca di lavoro, rifiutando ogni genere di compromesso e dopo aver chiuso una relazione con la pennese Cecilia. “Dobbiamo decidere-argomenta il protagonista-se essere sinceri fra noi o leali con gli altri”. La metropoli lo accoglie, ma vi è ben presente anche la spirale di violenza. L’omicidio del giudice pennese Emilio Alessandrini consente però a Raul di riunirsi all’amico Mirco, fino ad allora allontanato perché titolare di diverse idee politiche. Il sangue versato da Alessandrini fa sbattere in faccia ai due un’immagine illuminante: la violenza non ha colore politico, il senso di appartenenza invece contiene anche quello della libertà di pensarla diversamente. Un’acacia, quella del duomo, a Penne, li salverà. Di certo, Raul che ricostruisce nei luoghi natii la sua terza vita: la seconda era stata violentata nei sentimenti da un colpo di pistola a Milano.

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