PENNE – Francesco Pesci, 46 anni, è amministratore delegato della Brioni, brand mondiale dell’eleganza made in Italy ovvero made in Abruzzo, oggi in mano francese con l’acquisizione da parte della PPR, multinazionale di Pinault.
Azienda di primissimo ordine e osservatorio privilegiato per valutare lo stato dell’economia e delle imprese in Abruzzo.
Dottor Pesci, che situazione vede a livello regionale?
«Con specifico riferimento al settore tessile-abbigliamento la situazione è molto critica a motivo della cessazione di importanti attività. Circa gli altri settori, pur non essendo un esperto, le notizie che apprendo suggeriscono un quadro generale molto negativo. Personalmente, sono preoccupato perché non sono sicuro che via sia chi, a livello istituzionale, ragioni di quali attività favorire lo sviluppo per generare reddito e occupazione. Non è detto che il tessile-abbigliamento possa ancora svolgere in futuro lo stesso ruolo finora ricoperto».
Quale a suo avviso il percorso per contrastare la crisi?
«L’Italia è un paese a fortissima vocazione manifatturiera e il suo output industriale in Europa è secondo solo alla Germania. Per rilanciare l’economia non si può quindi prescindere dall’affrontare e risolvere tutti i problemi che minano la nostra competitività industriale: efficienza, costo del lavoro e dell’energia, infrastrutture, burocrazia, ricerca e istruzione. Tutto questo ha un costo che non può essere finanziato da una maggiore pressione fiscale ormai ai limiti, ma invece da una seria riduzione della spesa pubblica da effettuarsi con una spending review, ispirata da una scelta di fondo a favore dell’impresa e del lavoro, che elimini sprechi e sovvenzioni a settori non strategici. Bisogna farlo anche sfidando il disaccordo di molti. La politica di oggi non sceglie e invece gestisce un declino industriale e sociale del paese che nessuno dovrebbe accettare». Brioni ha un nuovo patto integrativo accolto con soddisfazione dai dipendenti, specie per il welfare. Forse perché il lusso non è un settore in crisi?
«In effetti, Brioni vive oggi una situazione particolare grazie al suo posizionamento di marchio di lusso e alla sua forte internazionalizzazione – risponde l’ad Francesco Pesci -, sebbene questo brand non è mai fortemente dipeso dal mercato interno. Appartenere oggi a un gruppo internazionale, forte finanziariamente e ben organizzato, dà all’azienda la possibilità di valorizzare il suo know-how industriale così radicato nel territorio. Senza l’acquisizione da parte di Kering, lei oggi mi farebbe domande diverse. E’ vero peraltro che il settore del lusso continua a crescere, anche se la sua velocità non è immune dai cicli economici».
Quali i rapporti dell’azienda con la burocrazia locale?
«Abbiamo un rapporto positivo con l’amministrazione locale e conosciamo le difficoltà causate dal Patto di stabilità. Per questo motivo collaboriamo anche contribuendo ad iniziative che reputiamo importanti per lo sviluppo culturale del territorio».
Ci sono le condizioni per confermare la produzione a Penne e quali le condizioni per investire in un luogo piuttosto che altrove?
«L’attività di produzione a Penne è unica nel suo genere e non è in discussione, ma deve certamente aumentarne la produttività: la Roman Style fa un prodotto inimitabile, ma questo non significa che si possa trascurare l’efficienza. Occorre diminuire i costi di struttura, le nostre operazioni industriali sono appesantite da costi indiretti troppo elevati. C’è molto da migliorare».
Una nuova boutique Brioni a Vienna. Presenza capillare in Europa, Usa e Giappone, 44 franchising Brioni dall’ex Unione sovietica al Medio Oriente. E’ concepibile nell’ottica global che oltre al prodotto si spostino i dipendenti?
«Il ruolo dell’area vestina nella Brioni di oggi è quello di polo della produzione. Localmente quindi le assunzioni avverranno nella produzione o in attività ad essa strettamente connesse, in relazione all’andamento della domanda dei beni che Brioni produce internamente. Per le altre funzioni, l’azienda ha necessità di inserire in organico personale disponibile a lavorare nelle altre sedi».
La logistica è fondamentale e l’Abruzzo vive una stagione di isolamento. Quale peso ha questo gap per un’azienda?
«La logistica è importante ed è vero che l’Abruzzo non è favorito dagli attuali collegamenti aerei e ferroviari. Per questo motivo anche per Brioni, che non dispone di una piattaforma logistica integrata, è complicato concepirla in questa regione. Su questo stiamo ragionando con Kering e a breve prenderemo una decisione».