Penne. Un nobile scandalo. Lo schiaffo a Diego de Sterlich

PENNE – La gratitudine spesso viene rimossa.

Finita la festa gabbato lo santo…Nel caso della famiglia de Sterlich Aliprandi i pennesi, forse all’oscuro, non ci hanno mai fatto bella figura se è vero come lo è che l’istituto tecnico avrebbe dovuto essere intitolato a Adolfo de Sterlich, padre di Diego, il marchese volante, il ricchissimo pilota automobilistico nato a Castellamare, adottato poi dal barone Diego Aliprandi (da qui il doppio cognome e il doppio patrimonio), che donò al Comune i sei vani grazie ai quali nel 1935 la scuola superiore trovò spazio e cominciò a funzionare. Adolfo, un nome decisamente sfortunato per il marchese: si chiamava così quel figlioletto di Diego de Sterlich che morì nell’immenso palazzo per le convulsioni, nel 1921, a neppure due anni: un dramma (ricordato dai versi di Luigi Polacchi che aveva amato, non ricambiato, la moglie di de Sterlich, Dirce Cassini) che finì per minare il rapporto fra don Diego e la consorte, figlia del sottoprefetto lombardo. La Cassini venne poi lasciata e il marchese de Sterlich non ebbe figli, se non quello adottivo Verrocchio. Quella è un’altra storia però.
LA DONAZIONE. Nell’atto del 9 dicembre 1935, rogato dal notaio De Caesaris, il marchese Diego de Sterlich Aliprandi regala ai pennesi i sei vani al secondo piano, la statua, la scalinata, l’accesso all’ingresso principale. Nello stesso giorno, il notaio Berardo Lenzi (il suo studio era in piazza), commissario prefettizio del Comune, accetta la donazione. Ma non basta: serve il nulla osta della prefettura. Per autorizzarla, però, il prefetto Renzo Chierici impiega quasi un anno: solo il 16 settembre 1936 firma il decreto. C’è un perché alla base della lentezza del rappresentante governativo: sull’edificio dei de Sterlich Aliprandi gravano due ipoteche. I debiti accumulati dal marchese Diego, a causa di una vita spericolata, sono di una certa consistenza, ma le ipoteche fanno riferimento ad una proprietà di famiglia che è ancora, in quel 1936, assai significativa. LA LETTERA. Per Lenzi, che il 29 luglio 1936 scrive al prefetto una lettera riservata di cui Lacerba ha notizia (e copia), esiste il pericolo che, nel caso di mancata autorizzazione alla donazione, tutto salti. Il comportamento di Lenzi fa riflettere: snobba l’obbligo di intitolazione da lui stesso accolto in delibera. Verga infatti a un tentennante Chierici, prefetto di Pescara, poi diventato capo della polizia e assassinato a pochi mesi dalla caduta del fascismo:”Se poi V.E. ritenesse non potersi accettare la donazione nella considerazione che in essa si è stabilito di dare al regio istituto tecnico il nome del genitore del donante, mi permetto far notare che ciò non è stato posto nell’atto come una vera e propria condizione apposta dal donante alla donazione, ma solo come una manifestazione di riconoscenza verso di lui da parte del Comune donatario, e che perciò ritengo che l’accettazione della donazione non importi per il detto Comune un vero obbligo giuridico di dare il suddetto nome al pure suddetto istituto, ma piuttosto un obbligo morale al quale potrebbe adempiere solo dopo la liberazione dell’immobile donato da ogni vincolo ipotecario”. Nessun obbligo vero e proprio dunque per il notaio Lenzi, se non quello morale relegato pertanto all’ultimo posto. L’ASTA. Passano due anni e nel 1938 il ministero dice sì all’istituzione della sezione commerciale dell’istituto. Scende in campo il Comune. Il podestà Vincenzo D’Alfonso acquista all’asta, il 6 luglio 1938, a 60 mila lire, tutto il resto del palazzo de Sterlich Aliprandi, vale a dire ben 26 vani. Si arriva così al 1940. Il 2 gennaio sempre D’Alfonso decide l’intitolazione della scuola, non a Adolfo de Sterlich, ormai dimenticato, bensì a Guglielmo Marconi, il Grande Italiano, imposto dal duce Benito Mussolini che decide come il 25 aprile, giorno della nascita di Marconi, sia festa nazionale. ECCO MARCONI. Il 15 aprile 1940 il collegio dei docenti dell’istituto tecnico all’unanimità si esprime a favore dell’intitolazione dell’istituto a Marconi. Al voto partecipano anche il futuro preside Mario Rosati e Maria Papa Perrella, la direttrice della scuola media che sarà ospitata nell’immobile che all’epoca era in via Giovanni Prati, poi mutata in Martiri Pennesi del 1837. Il preside Virgilio Galeotti invia il verbale della seduta al podestà. Passano altri undici anni, la guerra è finita, in Italia c’è la repubblica. SI RIPARLA DI ADOLFO. In piena estate, il 20 luglio 1951, la preside della media Maria Papa Perrella scrive al sindaco Camillo De Fabritiis. Lo informa che i suoi docenti hanno votato affinché si intitoli la scuola ai Martiri Pennesi del 1837. Il primo cittadino le risponde, ricordando che l’ente si è già impegnato, nel lontano 1935 ed in pieno fascismo, di intestare la scuola al nome del padre di don Diego, Adolfo de Sterlich Aliprandi. Non se ne è saputo più nulla.

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