Cinghiali: spostiamo l’osservatorio ed il punto di vista. Lo facciamo con un tecnico ambientale, dott. Osvaldo Locasciulli, zoologo del Parco del Gran Sasso-Laga. I dati reperiti appaiono condurre alle medesime conclusioni: è emergenza.
Dott. Locasciulli, qual è la causa di questa emergenza?
La causa principale viene proprio dal comportamento dei cacciatori. E’ un fatto incontrovertibile che i cinghiali oggi si riproducano molto di più rispetto a sessanta anni fa in cui erano solo principalmente autoctoni. Da allora sono stati introdotti individui provenienti dal Centro-Europa da parte delle associazioni venatorie. Una pubblicazione scientifica che descrive bene il fenomeno è l’articolo del 1976 dell’allora Direttore responsabile dell’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (oggi ISPRA), dott. Mario Spagnesi.
Esistono tecniche per ridurre la fertilità?
Certamente, ma sono poco efficienti e di difficile applicazione. La destrutturazione demografica è il problema principale ed è dovuto alla mancanza di selettività da parte dei cacciatori che prelevano principalmente i capi più grandi, sia di sesso maschile, sia femminile. Le femmine operano in branco mentre i maschi si tengono isolati. Sono entrambi territoriali e nella loro difesa del territorio scacciano gli altri cinghiali, sia la matriarca, sia i solenghi. In questo modo se si prelevano questi individui dominanti, l’effetto è quello di incrementare la densità dei cinghiali in un’area. Inoltre, i cinghiali superstiti sono meno esperti, rispetto a quelli di grandi dimensioni abbattuti, meno selettivi e provocano danni maggiori rispetto agli animali esperti.
Esistono tecniche per il controllo?
Molti ritengono che la caccia possa esserlo. Una tecnica molto utilizzata, ma poco efficace per il controllo, è la braccata in cui un gruppo numeroso di cacciatori, accompagnati dai cani, spinge fuori dalla macchia i cinghiali, verso le poste, dove li aspettano i cacciatori. L’inefficacia di tale tecnica per il contenimento numerico della specie è stata ufficialmente riconosciuta dall’ISPRA
Quindi qual è lo strumento più efficace ?
Lo strumento più efficiente ed efficace è la gabbia di cattura. Le gabbie moderne, che sono un’evoluzione di quelle utilizzate all’interno del Parco Nazionale del Gran Sasso, sono controllate tramite telecamere IP, e permettono uno scatto telecomandato a distanza dal telefonino. Gli individui idonei catturati vengono avviati alla filiera della carne tramite apposite convenzioni con ditte specializzate – macelli CE come l’Euro Cash di Avezzano – o ceduti ad aziende faunistico-venatorie, come prevede la Legge. Se vi sono individui non idonei alla cattura (scrofa senza i piccoli, per esempio), questi vengono rilasciati. L’efficienza e l’efficacia delle gabbie si estende anche al benessere animale. Se non sono disturbati, i cinghiali nel recinto si tranquillizzano rapidamente. Gli animali abbattuti vengono analizzati dal punto di vista sanitario e dello stress dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale per l’Abruzzo ed il Molise; inoltre sul posto è sempre presente un veterinario. Se necessario le gabbie possono eradicare completamente i cinghiali da una zona e sono legali anche al di fuori delle aree protette su approvazione dell’ISPRA quando la presenza (densità socio-economica) dei cinghiali in quell’area non è tollerabile.
Essendo fuori discussione il fatto che, nei terreni agricoli e in quelli utilizzati per la zootecnia, il numero dei cinghiali debba essere contenuto, fino a contemplare l’eradicazione nei casi più estremi, il sistema più efficace, efficiente e sicuro, anche per la pubblica incolumità, è indubbiamente quello dei recinti di cattura.
Quali sono gli altri strumenti e per quali motivi sono meno efficaci?
Gli strumenti principali sono legati agli abbattimenti selettivi da punti di vantaggio, effettuati da selecontrollori certificati dalla Polizia Provinciale. Questi si posizionano su punti rialzati rispetto a quello in cui è collocata l’esca, e sparano quando il cinghiale è nella posizione migliore per essere abbattuto. Numerosi sono i problemi riscontrati, a partire dal numero di colpi sparati, che è generalmente superiore al numero di capi abbattuti. Può succedere che il selecontrollore sia costretto a sparare altri colpi perché il cinghiale è stato solo ferito o il cinghiale viene solo ferito o il colpo va a vuoto e diventa un proiettile vagante che può uccidere qualcuno. La carabina maggiormente usata per il cinghiale ha 900 metri di tiro utile e 4 chilometri di gittata massima. L’anno scorso una persona sull’uscio di casa è stata ferita e quasi ammazzata ai confini della Riserva Regionale “Lago di Penne”, nel comune di Montebello di Bertona durante una battuta di caccia al cinghiale.
Quali sono i titoli che dimostrano l’esperienza del cacciatore?
Il controllore deve essere in possesso di un patentino specifico e deve esercitarsi al poligono di tiro. Purtroppo, non tutti i selecontrollori certificati hanno la necessaria esperienza. Inoltre, la carabina deve essere accuratamente tarata e custodita. Basta un urto accidentale per starare l’ottica di puntamento!
In base alle normative in che modo può agire la Regione Abruzzo?
Le legge 157/1992 e la Legge 394/1991 consentono alla Regione gli abbattimenti della fauna che crea problemi. La Legge Regionale 10 del 2004 norma l’esercizio dell’attività venatoria, la protezione della fauna selvatica omeoterma e la tutela dell’ambiente ma non bisogna confondere l’attività venatoria con il controllo della fauna per il contenimento dei danni.
Questi ultimi potrebbero essere ridotti anche utilizzando tecniche venatorie alternative alla braccata. La girata è preferibile alla braccata dal momento che è più selettiva e significativamente meno impattante sulla fauna non-target e e sugli ecosistemi interessati. Molto sinteticamente, nella girata c’è solo un cane, molto bene addestrato (limiere), portato al guinzaglio dal suo conduttore. La coppia conduttore-limiere deve essere certificata! Il cinghiale target viene spinto dal limiere verso le poste, lentamente, senza indurlo alla corsa. In Abruzzo però pochi cacciatori sono interessati e si utilizza principalmente la braccata.
La Regione Abruzzo in che modo può intervenire per risolvere tali problematiche?
La Regione organizza corsi di formazione professionale per i suoi tecnici e per gli ATC – Ambiti Territoriali di Caccia – abilitandoli con un patentino all’utilizzo del drone e del GIS. I danni vengono cartografati con una precisione centimetrica. In base ai danni rilevati l’Ufficio Caccia della Regione effettua una pianificazione. All’interno delle Aree protette il compito è degli Organi gestionali, su parere dell’ISPRA.
I problemi riguardano solo le aree protette?
No. Gli strumenti a disposizione sono utilizzabili anche al di fuori delle Aree protette. E’ possibile usare i recinti ma spesso c’è l’opposizione dei cacciatori. Proprio qui la politica è tenuta ad intervenire. E’ bene chiarire che l’eventuale sabotaggio da parte di “estranei” dei recinti di cattura, costituisce un reato penalmente perseguibile.
Esiste anche un problema di tipo sanitario?
Certamente. Dove c’è alta densità di cinghiali c’è pericolo di diffusione delle malattie. I cinghiali morti trasmettono malattie agli altri animali selvatici, soprattutto se si lasciano i cinghiali morti in giro.
Dal quadro sopra esposto emerge una necessità di coniugare gli aspetti politici con quelli tecnico-scientifici. Esistono numerosi strumenti efficaci ma alla base è necessario un intervento attivo delle istituzioni al fine di scongiurare ulteriori danni economici e di vite umane in un territorio già martoriato dagli effetti della crisi pandemica.
Aldo Di Fabrizio