SANITA’ VESTINA. “FUORIPISTA” E CHIACCHIERE – 1
Il motto di Luigi Einaudi, eccelso liberale e grande presidente della Repubblica era: “conoscere per deliberare”. I sindacati confederali della provincia di Pescara, che il 16 maggio scorso hanno incontrato il manager della Asl di Pescara, hanno fatto, invece, come il peggior sordo (colui che non vuol sentire).
Tema dell’incontro: “le problematiche connesse alla Riorganizzazione della rete ospedaliera sul territorio provinciale..”! Il verbale dell’incontro, però, sconcerta per l’approssimazione dei contenuti, slegati dal contesto normativo. In barba all’esortazione di Einaudi, che inorridirebbe nel leggerlo, il difetto di conoscenza delle questioni emerge evidente. Avvilisce l’approccio “estemporaneo” a questioni importanti, trattate in sede istituzionale. Sulla “riorganizzazione della rete ospedaliera”, Lacerba, in solitudine, pose il tema il 26 ottobre 2014 (“Storie nobili e ignobili storie”) quando il “decreto Lorenzin” era ancora in bozza (il Ministro l’avrebbe firmato solo ad aprile dell’anno dopo) e continuò ad occuparsene, paventando il noto finale della storia, nel disinteresse generale. La sveglia di soprassalto la subirono tutti nell’autunno del 2015, con i destini (anche) del San Massimo ormai segnati. Inutile, ora, ridire le stesse cose. Non si può, però, tacere su due macroscopici “fuoripista” praticati dalla Triplice in quell’incontro. Qui, analizziamo il primo. Ai venditori delle aziende commerciali s’insegna una nozione basilare: la trattativa di vendita deve essere preceduta dall’individuazione del “fattore decisionale”! Non sapere chi decide l’acquisto e proporlo ad altri, significa perdere tempo (che è denaro) e non concludere la trattativa, cioè non vendere il prodotto. E’ lo stesso grossolano errore fatto dai sindacati. Parlare col direttore generale della Asl di “Riorganizzazione della rete ospedaliera” è come parlare con un bidello di programmazione dell’orario delle lezioni scolastiche! Il “fattore decisionale” sta a Roma, non è il manager della Asl, non è nemmeno l’assessore alla sanità e neppure il presidente della regione, né in quanto tale né nella veste di “Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro dai debiti sanitari” nominato dal Consiglio dei Ministri a cui deve rispondere dell’operato di sua competenza: quello di dare “attuazione” al Piano di rientro, come aggiornato dalle leggi (decreto Lorenzin..). A lui non è dato modificarlo, se non espressamente consentito. La nostra sanità è commissariata e in Abruzzo nulla si può decidere in autonomia. Lacerba lo ha spesso ripetuto. Persino l’assessore Paolucci e il presidente D’Alfonso lo spiegarono ai consiglieri regionali del Pd, la sera del 9 aprile 2015, dopo un’agitata seduta del consiglio in cui s’approvò, sui punti nascita, una mozione delle minoranze con due voti Pd. Secondo una cronaca de il Centro, dell’11 aprile, dissero loro che: “la sanità di una regione commissariata non è nella disponibilità del consiglio regionale (tanto è vero che il governo ha impugnato da sette anni a questa parte tutte le leggi regionali sulla sanità)”.Chiaro? E se la sanità commissariata non è nella disponibilità della regione figuriamoci se può essere in quella della Asl! Parlare con il manager della Asl, dunque, non è solo inutile, è anche deleterio, perché è una perdita di tempo e lascia indisturbato il “fattore decisionale” (parlamento e i ministeri della salute e dell’economia e finanze) che sta a Roma e che ringrazia gli abruzzesi per la loro quiete mentre ci scarica addosso chiusura dei punti nascita e degli ospedali (decreto Lorenzin). Qui, da un pezzo, si era tutti intenti a parlare “tra cornoi” o a protestare, con caccavelle e tric e trac, sotto le finestre della asl, dell’assessorato o del consiglio regionale (“I cortei per il San Massimo”, Lacerba, 29 giugno 2013). Tutti “fattori” sbagliati e non competenti che contavano e contano come il due di spade quando a briscola comanda coppe! E’ a Roma che bisogna rivolgersi! Che bisognava rivolgersi! Ormai, la stalla è vuota! Rivelò Lacerba a ottobre 2014: «Mentre qui si sfila per il punto nascita, a Roma ci sfilano l’ospedale sano sano, per mano della “legalità”. Si è deciso di adottare..un decreto del 2012, nella cui bozza c’è la nuova classificazione degli ospedali.. Questo è il futuro che ci attende, altro che la chiusura del solo punto nascita!». Quel futuro è arrivato, il decreto è legge dal 4 giugno 2015 e i sindacati, invece di adeguare le iniziative al livello (nazionale) della “minaccia”, hanno perso tempo col direttore generale della Asl!!! Ne hanno ottenuto, a mala pena, qualche rabberciata notizia, perché la stessa Asl sarà informata a cose fatte del preciso Piano di riorganizzazionedegli ospedali, quando sarà stato ufficializzato dai tavoli romani, prima, e dalla struttura commissariale che lo decreterà, dopo. “Non c’è peggior sordo di colui che non vuol sentire” Il San Massimo è stato vittima non solo della dissennata programmazione sanitaria nazionale, ma anche dell’altrettanto dissennato approccio parolaio, superficiale e disinformato da parte di chi, titolato o no, in Abruzzo ha sproloquiato a vanvera su di esso, senza sapere di cosa bolliva in pentola. Ora, il rancio è servito e non è né ottimo né abbondante!
SANITA’ VESTINA. “FUORIPISTA” E CHIACCHIERE – 2
Il secondo “fuoripista” dei sindacati nell’incontro del 16 maggio scorso col manager della Asl di Pescara, è stata la confusione tra prestazioni sanitarie e quelle sociali. Nell’incontro si sarebbe parlato, infatti, anche di Casa di Riposo (“..farà la fine di Sagunto”.., ammonì Lacerba anni fa, a maggio 2013)! Se il verbale è scritto con proprietà di linguaggio, stupisce che la stessa dirigenza Asl si sia addentrata in un argomento senza averne la competenza. La Casa di Riposo è una struttura di servizi alle persone anziane, in tutto o in parte autosufficienti, estranea all’ambito sanitario e disciplinata da leggi dedicate. Lacerba lo ha chiarito più volte, da anni (v. ““Carmine”: conferenza dei servizi o Babele?”, maggio 2013). Comunque, leggere che nell’area vestina vi sarebbe, addirittura, una “scarsa domanda di residenzialità rispetto alle dimensioni della struttura” (del Carmine, nda) lascia attoniti ed è una fessagine non argomentata. Quanto alle dimensioni, gli edifici al “Carmine” sono due e ne basta uno solo! In ogni caso, di che si parlava? Della Casa di Riposo propriamente detta? Allora, quel “tavolo” non ne aveva competenza. Oppure di una struttura residenziale di tipo sanitario, RSA, ecc.? In tal caso, detto che il riferimento alla “Casa di Riposo” denota un uso casareccio dei termini, inaccettabile in contesti “ufficiali”, la “scarsa domanda di residenzialità” denunciata dalla Asl è un’opinione senza fondamento perché il fabbisogno di una struttura sanitaria residenziale è accertato, secondo la l.r. 31 luglio 2007, n.32, “dal competente Dipartimento della Giunta regionale” che rilascia il “parere di compatibilità programmatoria regionale”. A che titolo e sulla base di quali dati ed elaborati da chi, non avendone il compito, la Asl parla di “scarsa domanda di residenzialità nell’area Vestina”? Insomma, dalla lettura del verbale si ha l’impressione di “ciechi a fare a pietrate”, escludendo che qualcuno vestisse “la casacca dello scemo” (anche nel linguaggio..) preoccupato solo di “sfangare” un rito tipico delle “relazioni istituzionali”, a cui ci si rassegna come alla cravatta in occasione di un matrimonio. Non sfugge, poi, nel documento, la notizia, che smentisce anni di chiacchiere e di bugie su progetti e finanziamenti milionari per il Carmine, secondo cui la Asl preferirebbe vendere tutto il complesso per “recuperare risorse”, altro che “cittadella del disagio” e “polo geriatrico” farneticati da tantissimi! Eccoli nudi, i reucci del contado! L’idea, però, è ottima. Anche per risolvere pure il problema del distretto sanitario, “fuori legge”. Almeno, gli ispettori che escono da quella topaia sarebbero coerenti per i controlli che vanno a fare, avendo fatto sinora la parte dei buoi che dicono “cornuto!” agli asini! Il Carmine, poi, non è neppure servito dai mezzi pubblici, come, del resto, tutte le strutture sanitarie pennesi: Ospedale e Utap. Un disservizio di cui questa martoriata Città vanta l’esclusiva nazionale. D’altronde, dal verbale si ha indiretta conferma della permanente illegalità operativa anche dei distretti sanitari di Montesilvano e di Cepagatti. Si omette però di ricordare che furono messi “fuori legge” dal NAS e che, ciononostante, rimangono aperti. Mentre un centro tricologico di Città Sant’Angelo viene chiuso dal sindaco angolano, quei distretti operano ancora, imperterriti e impuniti. Evidentemente, sono figli dell’oca bianca! Il pesce, si dice, puzza dalla testa e la pubblica amministrazione è una testa dal fetore insopportabile che disgusterebbe pure un boia! Il verbale informa di voler “mettere al centro le esigenze del cittadino”! Ah, si? E come? Sostenendo che “per Penne e Popoli vanno approntati gli adeguamenti rispetto alla normativa antisismica” e che “per Pescara si rilevano..problemi rispetto alle norme antincendio”? E i problemi antincendio del San Massimo? S’informino le Organizzazioni sindacali se al San Massimo vi siano idranti funzionanti ed efficienti e poi rileggano il verbale per misurare l’arditezza del “fuoripista” e quanto siano svergognati tutti i soggetti coinvolti, in ogni ruolo, per l’antincendio! Un’affermazione molto curiosa è, poi, quella secondo cui “..il cambiamento del ruolo dei medici di famiglia” (sic!) “e il venire meno della guardia medica produrrà gravi ripercussioni nella vita dei cittadini..costretti a rivolgersi al pronto soccorso”. In realtà, il ruolo dei medici “di famiglia” (recte, “di base”) rimarrà immutato ma organizzato in modo diverso. Come? Precisamente come l’Utap di Penne, che rappresenta il modello antesignano che la legge impone ora su tutto il territorio nazionale per la medicina convenzionata di base. Se vi si dissentiva o si aveva evidenza di un aumento degli accessi al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Penne dalla costituzione dell’Utap, i sindacati avrebbero fatto bene a rappresentarlo non solo al manager della Asl, quel 16 maggio, ma anche ai parlamentari della regione, per sensibilizzarli sulla necessità di cambiare per tempo la rotta, nella legislazione nazionale. Quanto ai ruoli del 118 e della guardia medica, qualunque addetto ai lavori ma anche ogni persona di buon senso osserva che si tratta di servizi che si sovrappongono dispendiosamente, molto spesso risolvendosi, nella concreta operatività, in doppioni. Un lusso non solo illogico ma, soprattutto, non più sostenibile. Incuriosisce non poco, infine, la soddisfazione espressa in chiusura di verbale sostenendo che “l’incontro è stato molto produttivo”. Chi si accontenta, gode! Ma la rassegna di “problematiche” e “prospettive”, esposte nelle tre pagine di verbale, non sembra che autorizzi tanto ottimismo. Auguri!
Giovanni Cutilli