PESCARA: ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA DEL PROF. CAFFÈ
Il whatever it takes di Draghi nel pensiero dell’economista abruzzese

di Fernando De Lellis

Nella notte del 15 aprile 1987 il Professor Federico Caffè scompariva improvvisamente senza lasciare alcuna traccia di sé. Non se n’è saputo più nulla. Da quella notte sono trascorsi 34 anni durante i quali si sono susseguiti importantissimi avvenimenti che, nel segno della globalizzazione, hanno provocato profondi rivolgimenti negli scenari dell’economia mondiale.

Gli economisti discutono di una “nuova economia” generata da una crisi permanente e caratterizzata da continui cambiamenti per gestire equilibri sempre nuovi e diversi . Spesso, però, si trascura colpevolmente l’aspetto sociale, causa ed effetto della crisi stessa. Il Professor Caffè è stato senza alcun dubbio uno degli economisti più importanti del secolo scorso. Il suo pensiero economico, estremamente attuale a 34 anni dalla sua scomparsa, ne testimonia la visione profetica 
Diversi sono gli aspetti della figura del Professore che possono essere evidenziati e analizzati.
Caffè docente “metalmeccanico dell’università”, come lui stesso era solito definirsi ma anche Caffè “utopista”…a proposito di utopia” lui diceva “in fin dei conti, utopia non è una brutta parola. Quello che gli altri considerano utopia, per uno scienziato è solo un’anticipazione di esiti che debbono superare le resistenze del presente”. Caffè riformista radicale, Caffè “ consigliere del cittadino e non del Principe”, Caffè e l’attualità del suo pensiero.
Il pensiero economico di Federico Caffè può essere riassunto in tre ide fondamentali :
– Il pieno impiego ;
– l’assistenza sociale ;
– La Politica Economica.
Il pieno impiego
Affascinato dalle teorie keynesiane alle quali si era avvicinato durante il suo soggiorno alla London School of Economics , grazie alla borsa di studio ricevuta nel 1947, Federico Caffè asseriva che “ il lavoro è uno degli aspetti essenziali dell’emancipazione dell’essere umano ed è la più solida garanzia della tenuta sociale di un Paese”. Si rendeva conto che la disoccupazione in Italia, soprattutto quella giovanile, veniva assorbita, almeno in parte, dalla famiglia che, allora come del resto ora, rappresentava e rappresenta “ il più efficace ammortizzatore sociale“. Ma Caffè non poteva non considerare che “il ritardato inserimento dei giovani nel lavoro provoca indescrivibili distruzioni di risorse umane e condannano intere generazioni ad acquisire in ritardo, e spesso in modo inadeguato, le competenze e le esperienze professionali “.
Caffè si oppose alle politiche liberiste di Reagan e della Thatcher negli anni ’80 e all’inizio degli anni ’90 . Convinto sostenitore della centralità dello Stato, riteneva che “le disfunzioni dipendono dal clientelismo e la Politica economica ha il compito di migliorare le condizioni di vita dei più deboli e di eliminare o diminuire le disuguaglianze sociali “.
Quando e dove il mercato non può creare le condizioni per il lavoro, in particolare il lavoro giovanile, “lo Stato deve predisporre piani straordinari per il lavoro”,  per generare e mantenere la stabilità.
L’assistenza sociale 
Nel suo libro In difesa del Welfare State Caffè difende strenuamente l’assistenza sociale, soprattutto in periodi come gli anni ’80, e come ai nostri giorni, in cui il debito pubblico presenta preoccupanti impennate. Il debito pubblico diventa un alibi per non intervenire. Non ci sono fondi per gli investimenti –dicono i governanti – i fondi ci devono essere sempre comunque – ribadisce il Professor Caffè – a patto che le risorse vengano utilizzate per investimenti capaci di produrre ricchezza vera e che la ricchezza prodotta venga redistribuita con criteri di equità ai fattori della produzione “. Il fattore lavoro deve essere remunerato adeguatamente per evitare di perpetrare sperequazioni a favore del capitale e a danno dei lavoratori. “ in momenti di crisi e di difficoltà di ogni genere, uno Stato che si preoccupa veramente del benessere di tutti i cittadini deve farsi carico dei problemi dei più deboli aumentando la tassazione sui più ricchi “. E, a proposito delle revisioni delle spese, dei tagli di spese, aggiungeva che “revisionare una spesa non significa tagliarla, significa, invece, ottimizzarne l’uso “.
La Politica Economica 
La Politica Economica, secondo la definizione proposta da Federico Caffè, è “quella parte della Scienza Economia che ricerca le regole di condotta che tendono ad influire sui fenomeni economici per orientarli verso obiettivi prefissati “. Un uso illuminato delle risorse a disposizione dello Stato, affermava Caffè, consente di raggiungere più occupazione e maggiore benessere per tutti . Era ferma convinzione di Federico Caffè che “la Politica Economica deve essere uno strumento di coesione sociale“. Essa rappresenta una pressante richiesta ai Governi di azioni idonee ad assorbire ed evitare conflitti sociali e ad aumentare la produzione della ricchezza da redistribuire equamente per la soddisfazione dei bisogni dei cittadini.
La Politica Economica deve controllare i mercati per evitare che le risorse finanziarie vengano indirizzate verso attività speculative invece che verso attività produttive” . Attività produttive che sono le uniche capaci di produrre occupazione e ricchezza per tutti i cittadini.
“ I governi devono trovare soluzioni concrete quando i mercati non riescono a realizzare obiettivi sociali  e la Politica Economica non deve subire condizionamenti e vincoli esterni”, questo scriveva.

E qui entra in gioco il potere contrattuale che molti Paesi non hanno, l’Italia in particolare in questi ultimi decenni. Agli amici ed agli allievi che, negli ultimi anni prima della scomparsa, gli facevano visita, spessissimo ripeteva : “ad alimentare la mia ansia sono i problemi che urgono nell’immediato, la disoccupazione, le molteplici forme di discriminazione, l’inesistenza per molti di un livello minimo di sussistenza”. Sono gli stessi problemi che, in questi anni, sono nello stesso tempo causa ed effetto della persistente crisi socio-economica.
Caffè, senza alcun dubbio profetico e perciò tragicamente attuale, non può essere considerato un catastrofista. Alcuni allievi lo chiamavano “signor si può fare”, riferendosi alla sua convinzione che i problemi possono essere risolti. Sarebbe stato meglio chiamarlo “il signor si deve fare”, nel senso che gli investimenti che generano occupazione e ricchezza per tutti si devono fare .
Whatever it takes” di Mario Draghi, le tre parole che a detta di molti hanno salvato l’euro e l’Europa, riecheggiano in tutta evidenza il pensiero di Federico Caffè quando, riferendosi ai fondi per gli investimenti che generano occupazione e ricchezza per tutti, il Professore dice “i fondi ci devono essere sempre e comunque“.
A proposito dell’Europa, Federico Caffè era un convinto europeista ma aveva seri dubbi sulla costruzione dell’Europa monetaria, soprattutto per i tempi di attuazione ed esprimeva il suo rammarico perché “alla lettera del trattato e alla lungimiranza degli economisti è sta contrapposta la pressione dei tecnocrati i quali si sono preoccupati solo dei tempi di attuazione”.
I temi più cari a Federico Caffè erano.
-i problemi della gente ;
-le disuguaglianze sociali;
-l’urgenza della giustizia;
-la dignità del lavoro;
-l’umiliazione della disoccupazione, soprattutto di quella giovanile.
Questi sono i problemi di ieri, di oggi e saranno i problemi di moltissimi domani a venire, creati ed alimentati dalle dinamiche dei mercati e dalle nuove tecnologie che hanno svuotato di fatto i contenuti del lavoro manuale. In seguito l’argomento sarà più compiutamente analizzato.
Le cause dei problemi dell’economia ed i problemi stessi sono stati analizzati lucidamente da Caffè nei suoi innumerevoli scritti dedicati al lavoro, alla dignità del lavoro, all’assistenza sociale ed alla Politica Economica. I problemi affrontati e le soluzioni contenute nel pensiero di Federico Caffè riguardano esclusivamente l’Uomo, i suoi bisogni, il suo diritto al lavoro e ad una vita dignitosa.
Sembra opportuno riportare alcune affermazioni di Papa Francesco che, circa 30 anni dopo, sintetizzano mirabilmente il pensiero di Federico Caffè per quanto riguarda il lavoro, la dignità del lavoro, il disagio delle famiglie e dei vecchi bisognosi di assistenza. Il 27 febbraio 2016, Papa Francesco, in occasione dell’incontro con gli imprenditori aderenti alla Confindustria, rimarcando il problema della disoccupazione giovanile e del disagio in cui versano gli anziani, disse:
Troppi giovani, prigionieri della precarietà e della disoccupazione , non vengono interpellati da una richiesta di lavoro che dia loro , oltre ad un onesto salario, anche quella dignità di cui spesso si sentono privati “.
“ Bisogna fare di più, rifiutare le scorciatoie delle raccomandazioni, dei favoritismi e della disonestà, e respingere categoricamente che la dignità della persona venga calpestata in nome di esigenze produttive, quando queste mascherano tristi egoismi e sete di guadagno “.
“ Bisogna intraprendere un’economia per tutti, anche per i dimenticati o trascurati, per gli anziani abbandonati , per le madri e per i padri di famiglia con l’angoscia del presente e del futuro”.

A 34 anni dalla scomparsa , si può legittimamente affermare che nello stesso pensiero del Professor Caffè sono presenti tutte le caratteristiche e la visione profetica che ne testimoniano inequivocabilmente l’attualità.

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