Il sindaco di Penne, Mario Semproni, ha tenuto a far sapere, anche a cani e gatti, di aver votato contro l’Atto aziendale del direttore generale della Asl di Pescara, il suo collega Antonio Mancini, perché «penalizza l’Ospedale di Penne». Mischineddu! Come orami sembra suo divertito costume, Mario “Sparacannone” spara piagnistei all’impazzata, non sapendo più bene a quali santi votarsi! Il guaio è che tace quando dovrebbe parlare e parla quando dovrebbe tacere! Per paradosso, poi, oltre a essere sindaco è anche un addetto ai lavori, come medico ospedaliero, e imbarazza dovergli spiegare quello che, evidentemente, gli sfugge. A penalizzare l’ospedale di Penne non è l’Atto aziendale, ultimo, incolpevole e consequenziale anello di una catena impugnata a una estremità, col decreto 70, da Beatrice Lorenzin, sua ospite nella gita fuori porta di luglio 2016. Quando gli dicemmo della gita fuori porta, ci volle fare dell’ironia loffia in consiglio comunale. Adesso, di quella gita, rimane il panaro vuoto e qualche selfie! Comunque, sarebbe bene che meditasse sull’esempio che gli offriamo perché parli con cognizione di causa, si spera. Ancora pochi giorni fa, la sua giunta ha formulato un “atto d’indirizzo”. E’ una disposizione data a chi ha incombenze gestionali, perché segua scelte e finalità indicate per perseguire un obiettivo. Lui, dunque, sa bene che il dirigente a cui è rivolto l’atto d’indirizzo non ha poteri discrezionali nell’adeguarvisi. Non se ne può infischiare! Nella stessa situazione si è trovato il direttore generale, a seguito della delibera 28 febbraio 2017, n. 78 della giunta regionale, recante: “Approvazione della ‘Nuove Linee Guida per la redazione degli Atti aziendali’”. In un essenziale passaggio, vi si legge questa disposizione: “Le Aziende conformano la propria organizzazione agli assetti delineati dal ‘Documento tecnico Riordino della rete ospedaliera – Regione Abruzzo’ approvato con DCA n.79/2016 del 21 luglio 2016 che adegua la rete ospedaliera regionale agli standard … di cui al DM n.70/2015 del 20 aprile 2015”. Poteva Mancini, per compiacere “Sparacannone”, non “conformare” il suo Atto aziendale? Poteva fare a capocchia, assumendosene le responsabilità amministrative ed erariali conseguenti, o era obbligato a “conformarsi”, proprio come lo sono i destinatari degli atti d’indirizzo dell’ineffabile sindaco? L’inganno del vociare di Mario “Sparacannone” consiste nel fatto che, a Roma, invece dei selfie, avrebbe dovuto fare la voce grossa e ancora più grossa avrebbe dovuto farla contro le Linee Guida della giunta regionale per gli Atti aziendali. E, invece, non solo ha taciuto, o almeno non ha ritenuto di lagnarsene pubblicamente, contrariamente a come fa, ormai d’abitudine, per ogni fesseria, ma, pochi giorni or sono, s’è anche vista, qui a Penne, una grande e goliardica familiarità di rapporti della sua giunta milazziana col presidente della regione che, sotto quelle Linee Guida, ha messo la sua firma. Dunque, è inutile, ora, che prenda le distanze dagli altri sindaci Pd e si aggreghi alla “ricerca delle radici”, ammiccando a Forza Italia, come è riuscito anche a fare, il 7 aprile scorso, a Pescara, dopo aver goduto le blandizie chiavaroline di NCD. Forse gli può essere utile a galleggiare nel modo migliore, sguazzando nello stagno della politica, ma in cauda venenum! A furia di girare come una trottola sulla giostra della politica, risulterà volubile e inaffidabile per chiunque. In ogni caso, non si capisce bene, quando fa esplodere le sue lagne, se Mario “Sparacannone” ci è o ci fa: contro un atto dovuto, qual è l’Atto aziendale, imprigionato nella camicia di forza delle Linee Guida regionali, da Semproni accolte in religioso silenzio, la sua protesta gridata appare o un’ingenuità deprimente o una furbizia da quattro soldi. Un avvertito silenzio sarebbe stato, invece, più coerente e, soprattutto, più dignitoso, posto che gliene interessi granché.
Giovanni Cutilli