“Il cane è il miglior amico dell’uomo”, ma l’uomo non è il migliore amico del cane. Crescono infatti i casi di abbandono, ma anche di maltrattamento verso gli animali.
La bella stagione porta con sé tante gioie, voglia di vacanze e di relax, ma ancora troppo spesso sono gli animali a pagarne un prezzo alto e doloroso. Le storie di abbandono, purtroppo, sono all’ordine del giorno durante la stagione estiva, una violenza infinita, specialmente per i cani che, per loro intrinseca natura, tendono ad instaurare un rapporto di totalità con il loro padrone. Ma non è questa l’unica piaga per quelli che vengono considerati “gli amici a 4 zampe”, poiché aumentano anche le segnalazioni di molti casi di maltrattamento. Abbiamo intervistato le dottoresse veterinarie Aida Soccio e Giuliana Recinella, per comprendere meglio come affrontare queste situazioni.
Partiamo da un concetto basilare che dovrebbe essere a monte della scelta di prendersi cura di un animale, il suo benessere. Cos’è secondo voi il benessere animale?
A noi piace ricordare e sintetizzare il tema nelle cosiddette “5 libertà” già definite nel Brembell Report del lontano 1965: 1) libertà dalla sete, dalla fame e dalla cattiva nutrizione. 2) libertà di avere un ambiente fisico adeguato. 3) libertà dal dolore, da ferite e da malattie. 4) libertà di manifestare le caratteristiche e i comportamenti specie specifici normali. 5) libertà dalla paura e dal disagio.
In diverse zone, purtroppo sono ancora in uso metodi discutibili, che tengono animali in gabbia piuttosto che alla catena, assolutamente contrari quindi al benessere. Cosa si potrebbe fare per frenare o quantomeno limitare queste pratiche, sicuramente figlie dell’ignoranza?
Noi riceviamo e denunciamo tante storie di questa natura. Le zone rurali nelle quali spesso lavoriamo sono più esposte a queste problematiche, un animale alla catena o in gabbia senza contatti sociali è un cane che rientra ampiamente nel caso di maltrattamento previsto dalla L 189/2004, cioè sottoposto a “comportamenti insopportabili per le sue caratteristiche etologiche” poiché il cane è un animale sociale, quindi non può essere privato della compagnia umana né dei suoi simili.
Ci fate qualche esempio pratico?
Per dirne uno molto basilare, il cane ha bisogno di esercizio fisico, oppure il cane femmina non può essere punito perché ha il ciclo sessuale rinchiudendolo 2 volte l’anno o addirittura a vita in casupole diroccate o blindandolo in ripostigli vari. Purtroppo è un dato di fatto che, queste pratiche, continuano ad esistere e molto probabilmente, sono collegate ad una cattiva cultura.
Cogliamo per l’ennesima volta l’occasione di questa intervista per dire che non esiste nessun testo medico chirurgico-veterinario che accenni minimamente al fatto che bisogna fare il primo calore o peggio una cucciolata. Anzi, le diremo di più, sterilizzando precocemente si evitano tanti fastidi e in più per la cagna è dimostrato scientificamente che tale pratica è preventiva di tante patologie.
In estate, con le finestre aperte, per molti l’abbaio dei cani diventa difficile da gestire/sopportare, tanto da ricorrere a metodi non proprio etici, ci date qualche consiglio?
Questo è un problema col quale sempre più spesso ci si confronta, l’abbaio diurno e notturno che, ormai, è una costante nelle realtà cittadine. Lei ci chiede qualche consiglio e noi le rispondiamo nella maniera più logica e semplice: l’abbaio è uno strumento di comunicazione quindi non ha senso reprimere senza indagare le cause dei vocalizzi. Noia, abbandono, solitudine, sono tra i principali motivi, quindi il nostro accorato consiglio è questo: se non abbiamo tempo da passare con loro non prendiamo animali. Piuttosto dedichiamoci a ore di volontariato presso i canili che hanno sempre bisogno. In ultimo, ricordiamo che l’uso dei collari anti abbaio è un reato e pertanto perseguibile per legge. Numerosi sono stati i casi di condanna di proprietari che hanno utilizzato tali collari quali “strumenti educativi”!
Il ruolo di voi veterinari qual è in questo ambito?
Il medico veterinario è chiamato non soltanto per verificare condizioni strettamente medico chirurgiche ma ha tutte le competenze e i mezzi per individuare e denunciare casi nei quali è compromessa la sanità non fisica ma psicologica dell’animale se mal detenuto.