La famiglia Casamarte rivuole i reperti archeologici ubicati nell’Antiquarium comunale: questa è la notizia ufficiale che Lacerba ha saputo.Perché i Casamarte chiedono la loro restituzione? La motivazione è da ricercare nella chiusura dell’Antiquarium avvenuta nel 2009 a causa del terremoto.
La richiesta è stata ufficializzata in una lettera spedita dalla nota famiglia nobiliare loretese alla Fondazione dei Musei Civici e al Sindaco di Loreto Aprutino Gabriele Starinieri nonché per conoscenza all’assessore ai lavori pubblici, Di Fermo.
Restituire i reperti, significherebbe un danno rilevante, visto che poi bisognerebbe riprodurre tutti i pannelli didattici, tutto il materiale illustrativo e riallestire le diverse vetrine. Ma non solo: Loreto perderebbe pezzi prestigiosi di una collezione archeologica significativa, impoverendo lo stesso Antiquarium. E in un momento così difficile per la cittadina sarebbe anche un gesto di sfiducia sul futuro e sul suo rilancio culturale. La famiglia Casamarte deve tanto ai lavoratori loretesi che, in un passato lontano, hanno rivitalizzato i loro latifondi molto spesso in condizioni di precariato.
Ma perché l’Antiquarium non è stato mai riaperto? Perché è integrato nel vecchio Palazzo Comunale e come abbiamo ampiamente scritto in questi anni, il municipio di Via dei Mille è inagibile. Si, è vero, direbbe qualcuno, ma anche il teatro comunale De Deo è parte integrante del vecchio palazzo, ma continua ad essere frequentato ed usato regolarmente: come mai? Perché due strutture presenti all’interno dello stesso stabile vengono trattate in maniera diversa?
Appare chiaro a tutti che la passata e l’attuale maggioranza di governo, guidata sempre da Starinieri, non hanno mai avuto una linea precisa, un progetto chiaro per il rilancio del centro storico e delle sue bellezze architettoniche. L’improvvisazione amministrativa del sindaco/medico comincia a creare serie preoccupazioni per il futuro culturale, turistico ed artistico del borgo loretese.
Nonostante la richiesta della famiglia Casamarte, pronta ad agire per vie legali qualora la Fondazione Musei Civici continuasse a tergiversare, il presidente Vincenzo de Pompeis propone al consiglio di amministrazione una mostra , da luglio a ottobre, proprio sulla nobile famiglia, da tenersi all’interno della signorile casa e con la possibilità di aprire al pubblico la storica biblioteca. Apriti cielo: diversi consiglieri saltano sulla sedia e sventolano la possibilità che i pezzi, una volta entrati a palazzo non vengano più restituiti.
Così invitano il presidente de Pompeis a dedicarsi alla valorizzazione ed alla riapertura dei musei, nonché a riportare a Loreto i reperti della necropoli italica, restaurati nel 2013 e depositati presso il Museo Archeologico di Lanciano; e pertanto di lasciar perdere progetti che possano distogliere l’attenzione dagli obiettivi principali della Fondazione stessa.
Ma gli inviti a desistere non vengono accolti e pare che la discussione sul progetto sia stata accesa e combattuta, tanto che la linea del presidente parrebbe sostenuta da quattro consiglieri che ne consentono l’approvazione. Gli altri quattro contrari sarebbero così destinati a farsene una ragione: il progetto si dovrebbe concretizzare con la cura dello stesso presidente per un importo di circa 20 mila euro. E qui nasce un secondo dubbio: può il presidente della Fondazione Musei Civici con prevalenza di soci pubblici percepire un compenso per un suo progetto?
Patruni e sutta (padrone e sotto) direbbero nell’Italia meridionale. Ma non solo: i consiglieri ed i Presidenti dei precedenti consigli avevano anche loro proceduto a questa particolare forma di auto retribuzione o c’erano delle norme di buonsenso e opportunità che stabilivano delle regole? Quali sono le regole?
In tutto questo coacervo di dubbi, l’unica certezza è la decisione, drastica, causata dal solito menefreghismo delle istituzioni, della famiglia Casamarte che è pronta a togliere a Loreto Aprutino quanto donò, anni fa, con entusiasmo per un progetto culturale e storico teso al bene della collettività loretese.