… ma Donato Renzetti, il più grande direttore d’orchestra, ha lasciato il progetto di formazione di Pescara per Saluzzo in Piemonte, mentre Arezzo, nel 2019, ha organizzato il RaRo Festival ponendo il suo nome al centro del progetto.
Il Maestro abruzzese, così Donato Renzetti viene spesso indicato in articoli di giornale, biografie e interviste, perché non c’è conversazione in cui, dalle parole e dalla luce degli occhi, non emerga questo legame forte con l’Abruzzo, talmente forte e mai reciso che, nell’agosto 2019, il Comune di Torino di Sangro, provincia di Chieti, lo ha festeggiato con una serata speciale nella piazza principale.Non vale la locuzione latina del nemo propheta in patria perché gli abitanti del paese natio hanno sempre manifestato l’orgoglio di avere un compaesano divenuto uno dei più grandi direttori d’orchestra del 900, così come ebbe a definirlo Paolo Isotta esponente qualificato e autorevole dell’editoria musicale italiana. Il maestro dei maestri indicava Nicola Cattò sul mensile Musica n.292. E persino l’immenso Enzo Biagi, che per Panorama ne raccontò la storia in quattro colonne dal titolo Un colpo di bacchetta magica, gli predisse un futuro luminoso “ha la faccia da ragazzino, ispira subito molta simpatia perché senti che è autentico”. Del resto il nome racchiude una predestinazione non solo al talento musicale ma all’essere scelto dalla musica stessa. Non è un caso se ama firmarsi con un pentagramma e due note, Do e Re, le prime due della scala musicale, che sono le iniziali del suo nome, come lo erano di suo padre Domenico Renzetti, Mimì per gli amici e i parenti, un esempio di impegno e rettitudine ma anche quello che, nella profondità dell’anima, ha sempre saputo di aver donato un figlio alla musica. I geni sono geni, ama ripetere il maestro, nobile nell’attribuire alla catena genetica primordiale la sua attitudine, dimenticando con quanta gentilezza d’animo ha onorato una carriera di quasi cento opere eseguite e infinite esecuzioni sinfoniche, in Italia e nel mondo, con le orchestre più blasonate e compositori e solisti raffinati, tra i tanti Mstislav Leopol’dovič Rostropovič, Mario Brunello, Salvatore Accardo, Viktorija Mullova.In 25 anni di frequentazione non c’è stata una volta che non abbiamo parlato delle nostre radici abruzzesi, ridendo sulle differenze stilistiche dialettali tra Pescara e Chieti, come se, ovunque noi fossimo, a New York, a Verona come a Cagliari, ed oggi Genova, il vento dei ricordi ci trascinasse verso l’unica strada che potremmo percorrere ad occhi chiusi ed in silenzio. Poi lui sale sul podio ed improvvisamente si rimane soli nella via, a capire cosa accada nell’attimo in cui, in una sala gremita e nel silenzio dei respiri sospesi, la bacchetta fende l’aria ed il suono la segue, capire cosa avviene se a stringerla tra le dita è lui, in uno spazio circostante che si trasforma in armonia. Muoviamo un passo in più ed entriamo.
La sala è quella del Teatro Carlo Felice dove dirigerà l’integrale della Suite per orchestra n. 8 “Genova” di Lorenzo Perosi. Eseguita una sola volta, a Roma nel 1918, riscoperta di un compositore apparentemente minore e che invece fu un grande e apprezzato da Puccini, Mascagni, Massenet e Mahler. Complice la affascinante partitura fermiamo la suggestione: Renzetti rende materia consapevole il trasporto spirituale verso la sinfonia, ricama, con un gesto delicato e forte, i fili che partono da ogni strumento fino a rendere il pentagramma un arazzo di cui cogli colori e sfumature. Tra i fili intrecciati c’è il sangue dell’uomo, simpatico, ironico, intelligente e vero. Come quando racconta che organizzava scherzi con Dario Fo nascondendosi dietro un cespuglio, immagina te, un Premio Nobel e un Direttore d’Orchestra ad organizzare gags come fanciulli! O quando ricorda le serate milanesi con Carmelo Bene o i viaggi in taxi a Chicago con Mirella Freni e Piero Cappuccilli, praticamente l’olimpo del melodramma italiano. E lui che rimane sempre lui, senza soluzione di continuità tra podio e vita, tra leggìo e tavola da pranzo sulla quale batte il tempo con la forchetta, o ti ruba la matita per continuare a dare il ritmo. Nella autenticità forse il segreto? O nella generosità? Quella di quando decide di dare una mano artistica all’Estate Musicale Frentana di Lanciano, edizioni 2017-2018 ma non manca, sul palco, di lanciare il suo J’accuse ai vertici della politica regionale di allora per il degrado culturale e musicale in cui hanno lasciato il suo amato Abruzzo. Nel 2017 L’Accademia Musicale Pescarese aveva concluso il percorso di alta formazione sotto la sua guida: una fucina culturale che ha portato a Pescara tutta una generazione di direttori internazionali suoi allievi da Gianandrea Noseda, Michele Mariotti, Massimo Zanetti, Daniele Agiman, per dirne alcuni, e con loro centinaia di giovani che lo seguono dappertutto pur di imparare, dalla sua esperienza. Nei giovani ci crede talmente tanto chediventa il direttore principale della FGR Filarmonica Gioachino Rossini, talmente tanto che il rapporto con i suoi allievi diventa un archetipo fondamentale di trasmissione generazionale di anima e tecnica. Si ritrova negli occhi di questi ragazzi che, malgrado le difficoltà dell’epoca contemporanea e le lusinghe di un mondo dello spettacolo leggero più accessibile, decidono che studiare la musica debba diventare la loro professione.
Ritrova se stesso, un quattordicenne che varca il portone de La Scala di Milano, gotha della tradizione musicale italiana, per entrare nella compagine orchestrale dei fasti internazionali. Ritrova il giovane vincitore, nel 1980, del X Concorso “Guido Cantelli” del Teatro alla Scala (ndr.quest’anno ha presieduto la giuria tecnica della XI Edizione del Premio, vinto dalla neozelandese di origine cinese Tianyi Lu), ritrova quella emozione di sentirsi chiamare Maestro dai più grandi cantanti della storia dell’Opera da Alfredo Kraus a Sherill Milnes, da Sesto Bruscantini a Samuel Ramey, dai grandi registi come Lindsay Kemp, Filippo Crivelli, Giancarlo Cobelli, Pierluigi Pizzi, Hugo de Hana, dei grandi interpreti come Umberto Orsini, Lydia Mancinelli, Carmelo Bene, Dario Fo, Tony Servillo. Una storia, nella storia dello spettacolo italiano. E se Torino di Sangro è stata la culla dei primi sguardi, Milano è l’amaca che ha accompagnato il lancio e tra queste due dimensioni terrestri l’uomo, donato, per la seconda volta, alla carriera sfolgorante, non ha mai dimenticato la riconoscenza all’una e all’altra, riuscendo a far compenetrare la grandezza di un vissuto artistico straordinario nei rituali della vita del paese, dove ritorna l’estate, per riappropriarsi proprio della genialità della vita, quella che si manifesta nelle cose piccine. Che l’arcano segreto sia allora questo equilibrio tra piccolo e grande? Dimensioni che percorre in lungo e in largo con lo stupore –inevitabile malinconia– che sul podio di un golfo mistico, inonda dai traguardi infiniti e inarrivabili. Qualcuno la chiama umiltà, altri la dote della non dimenticanza, altri ancora l’umanità dei grandi artisti.
Cazzate –dice lui– ci si nasce, come si nasce alti o bassi, con i capelli neri o biondi.
È capacità, traduciamo noi, di non farsi trascinare dall’effimero, da ciò che ti porta via dalle cose buone,come quando ti propinano le ostriche con lo champagne ma tu chiedi se gentilmente ti preparano un piatto di maccheroni con il sugo ben ristretto perché è quello che ti piace, perché è quello che ti preparava tua madre quando tornavi da scuola. È la libertà di essere ciò che sei. Perché le note sono sempre sette, sia di fronte al Papa, al presidente della Repubblica o ad una folla di amici ma quelle sette note, non è che Bach le ha combinate come Mozart o Mahler o Respighi!
“E’ come quando giochi a scopa, se ti vengono le carte devi anche saperle giocare sennò vinci ma non ci hai capito niente”
Nell’estate 2019 diventa testimonial e direttore artistico della prima edizione di RaRo Festival ad Arezzo, una qualificata offerta culturale organizzata dalla Fondazione Guido D’Arezzo presieduta dal sindaco Alessandro Ghinelli che ha sempre rimarcato la differenza politica tra Cultura ed intrattenimento e la volontà di porre la Musica come decodificatore di bellezza, impegno e civiltà. E la qualità fa la differenza, la qualità di essere grandi e sentirsi eternamente piccoli di fronte alla bellezza dell’arte e della musica.
Porsi al servizio di una bellezza che preesiste.
Ecco, questo alfine, il segreto dei segreti. Il cuore dell’insegnamento che Donato Renzetti oggi lancia nel campo della formazione, presso l’Accademia della Direzione d’Orchestra della Scuola di Alto Perfezionamento di Saluzzo, un progetto triennale della Regione Piemonte, del Comune di Saluzzo, delle Fondazioni CRC e CRT e sostenuto anche dalla Fondazione Zegna.
“ La presenza del Maestro Renzetti– ha dichiarato l’assessore regionale Antonella Parigi-costituisce in questo senso un forte valore aggiunto, che saprà fare della Scuola un centro di rilievo, non solo a livello regionale, confermando il Piemonte come un centro d’eccellenza nel campo della formazione in ambito culturale e artistico”. Orgoglio anche per Mauro Calderoni, Sindaco di Saluzzo, una piccola cittadina di 16500 abitanti, che, nel nome di Renzetti ha colto una “opportunità imperdibile, che rafforza in modo significativo il percorso, avviato in questi anni, di recupero della funzione di Alto Perfezionamento musicale che premia l’impegno profuso dall’Amministrazione comunale e dal Cda della Fondazione”.
Io amo i giovani, dice il Maestro, e dove c’è una politica di investimento sul loro futuro io offro la mia esperienza e tutto me stesso…mica è un caso se mi chiamo Donato!
s.d.l.
Intervista di Enzo Biagi su Panorama
Renzetti con Mstislav Leopol’dovič Rostropovič
Renzetti con Lindsay Kemp (Foto: A. Tabocchini)
Renzetti con Carmelo Bene e Lydia Mancinelli