Ci sono storie il cui dipanarsi non è stato nemmeno sfiorato dal coronavirus, eppure hanno continuato ad aggrovigliarsi nello scorrere delle ore e dei mesi, solo che non ce l’hanno più raccontate. Allora riteniamo che non esistano più. Invece accadono, eccome. Forse anche in un numero maggiore ma non c’è tempo. E nell’informazione mediatica non c’è spazio.
Penso allora che l’unico modo affinché si rifletta sul serio che nel mondo ci debbano essere tempi e spazi affinché tutti possano trovare riparo -dalla paura, dalla violenza, dall’abbandono – è proprio quello di raccontarle le storie. Quelle vicine. Venerdì 8 maggio Sul gruppo Sei di Loreto se leggo un post di una dolcissima ragazza che trova un cucciolo abbandonato tra i cespugli: non può portarlo a casa e fa l’unica cosa giusta che fanno sempre le persone sensibili, chiede aiuto.
Ed io faccio l’unica cosa alla quale i geni paterni mi hanno conformata: rispondo all’appello. Se si tratta di pelosi, poi, quei geni si moltiplicano fino a diventare un cazzotto allo stomaco. Vado in contrada Sablanico e recupero il cucciolo. Sembra stordito, denutrito e ricoperto da quelle piccole palline erbose che si attaccano ai peli o ai capelli. Nella strada di ritorno ripenso a quanti derelitti con il tartufo scorticato riportavo a casa da giovane e quante discussioni con la mia povera mamma, risento quel timore come una lama di coltellino puntata nel fianco. Tiro un sospiro di sollievo a metà, ora sono io il capobranco e l’unica cosa che devo ricacciare è la tentazione di non lasciarlo andare più via. Sabato mattina porto il cucciolo in una clinica veterinaria per accertarmi che abbia il microchip visto che ha sicuramente più di due mesi e la legge ne prescrive l’obbligo entro tale limite di età. Nessun segno sotto la cute. La dottoressa lo visita e somministra un vermifugo che andrà ripetuto a fine mese, da chiunque adotterà quella palla di pelo. Su suggerimento della stessa decido di farmi un giro tra le case della campagna circostante lo Stadio. Chiedo a più persone se sappiano di qualcuno che ha perso un cucciolo di pastore tedesco: una signora molto gentile mi dice che la mattina qualcuno pare aver visto una macchina fermarsi all’altezza del cespuglio dove ho recuperato la palla di pelo. Ritorno a casa ed in poco tempo si mette in moto la macchina della solidarietà alimentata dalla viralitá del post di Facebook. Ricevo tanti messaggi e telefonate per quel lupacchiotto dagli occhi tristi che, nel frattempo, gli altri componenti del mio branco umano hanno chiamato Ciro. Figurarsi, per un esemplare della razza che per antonomasia è il simbolo della forza e della fedeltà impresse dalla penna di Jack London, trasposte in Tv ed al cinema, raccontate dai documenti di guerra, chiamarsi semplicemente Ciro è entrare a far parte della lunga lista di ossimori della Treccani – anche qui l’enciclopedia non poteva che essere questa- eppure per noi era giusto che fosse Ciro, perché lo avremmo accolto e dato riparo anche senza blasone. Mai avremmo potuto lasciarlo lì. Tecnicamente e moralmente viene denominato stallo, in attesa di procedere a raccogliere tutte le informazioni del caso sul perché un cane venga ritrovato senza che ne sia stata denunciata la scomparsa anche secondo le metodologie più arcaiche come volantini o moderne come messaggi sui social. Mi confronto con una volontaria di un rifugio e conveniamo che il canile è il luogo meno adatto per un cucciolo così piccolo mentre l’ideale sarebbe un’adozione sul territorio che ci consenta di seguire da vicino le sorti del trovatello.
Il colpo di scena arriva la sera stessa: una famiglia rivendica la proprietà del cane asserendo faccia parte di una cucciolata e che si è perso dal sabato della settimana precedente. Realizzo che Ciro, quindi, alla età di due mesi e mezzo ha vagato per una settimana da solo, di notte e di giorno. E la macchina che avrebbero visto? Forse qualcuno lo ha trovato in mezzo alla strada e lo ha messo in salvezza? Salvezza per modo di dire. O forse non esiste nessuna macchina ed il cagnolino ha camminato fin lì?
Sta di fatto che la notte Ciro comincia a stare poco bene, la coda che prima teneva serrata tra le gambe adesso si è allungata all’esterno ma c’è qualcosa che non va, mangia con voracità per poi avere delle crisi di defecazione con irrigidimento degli arti ed una strana salivazione. Dopodiché comincia a correre come un forsennato e quando tutto si placa ricomincia a cercare cibo.
Chiamo lo 0854251, se vi dovesse servire è il Pronto Soccorso Veterinario di Pescara, ed il medico di turno, ascoltato l’elenco dei sintomi, mi dice che potrebbe essere una parassitosi in fase acuta tale da dare questa specie di convulsioni. Sono le 2.44 e sto scrivendo per rimanere sveglia e trincerarmi che Ciro non abbia un’altra crisi. Dorme e realizzo il fatto che la mia tristezza non è solo per la sua salute ma per una telefonata che ho ricevuto e che mi riferiva che il proprietario di Ciro- che poi sia inteso è un Cirio temporaneo, non ho intenzione di adottarlo- vorrebbe indietro il cane, che non ha fatto in tempo a microchipparlo né a fare le vaccinazioni e che, sebbene abbia sistemato il resto della cucciolata, lui, Ciro intendo, lo terrebbe per sé. Mi è tutto chiaro, rimane sempre la domanda iniziale, perché in una settimana non ha fatto nulla di concreto per rendere nota la perdita. Se Ciro è nato a febbraio poi, dovrebbe avere non solo il michrocip ma anche le vaccinazioni.Ma quelle le considerazioni personali che potrebbero essere fraintese le interrompo qui. Vorrei invece farne di generali, abbastanza ovvie e di carattere divulgativo senza nessuna pretesa di esaustività.
E ritorna il solito mantra, come una palla che rimbalza contro il muro: le leggi ci sono ma, come al solito, non vengono applicate o non c’è una applicazione uniforme. Non c’è organizzazione delle risorse umane, manca la formazione al rispetto delle norme. Non parliamo di quella al rispetto degli animali e della natura!
Prendiamo la sterilizzazione, cioè quella pratica chirurgica volta all’asportazione del sistema riproduttivo degli animali, gergalmente denominato castrazione.
Non esiste un obbligo, anche se la Legge n. 281 del 1991, Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo in apertura dichiara “ Il controllo della popolazione dei cani e dei gatti mediante la limitazione delle nascite viene effettuato, tenuto conto del progresso scientifico, presso i servizi veterinari delle unità sanitarie locali. I proprietari o i detentori possono ricorrere a proprie spese agli ambulatori veterinari autorizzati delle società cinofile, delle società protettrici degli animali e di privati”
Esiste una risoluzione del Parlamento Europeo che dovrebbe prevedere la sterilizzazione obbligatoria per cani e gatti, escludendo solo i casi in cui il detentore sia titolare di una licenza di allevamento. Giusto? Sbagliato? Il dibattito dovrebbe, come sempre, essere orientato agli obiettivi che si vogliono raggiungere per limitare il numero di cani randagi e di abbandoni ed aumentare il numero delle famiglie che procedano all’adozione.
Molto da quella Legge è stato fatto, va detto, ma i canili sono ancora troppo pieni e troppo poco viene fatto per presidiare il territorio.
Andiamo avanti e passiamo al microchip, che ha sostituito il vecchio tatuaggio, vi ricordate quella specie di targa ad inchiostro nel padiglione auricolare dei gatti o all’interno della coscia dei cani? Alla lunga tendeva a sbiadire o, visto con i miei occhi, qualcuno addirittura provocava ustioni o spruzzava vernice o raschiava la pelle della povera bestia per permettersi di abbandonarla e non essere rintracciato.
Sempre la medesima legge 281 quindi ha sancito l’obbligo per i proprietari di identificare il loro “congiunto” peloso attraverso l’applicazione del microchip sotto la cute del collo ed attraverso l’iscrizione all’anagrafe canina regionale.
L’applicazione È obbligatoria e deve essere compiuta entro i primi due mesi di vita dell’animale presso i servizi veterinari della ASL di riferimento, oltre tale limite temporale bisognerà rivolgersi al proprio veterinario.
Così, in caso di smarrimento o di ritrovamento di un cane basterà recarsi alla suddetta ASL o al comando dei vigili urbani o presso uno studio veterinario privato dotato di apposito strumento, per risalire al codice del microchip che, inserito nel portale web, potrà far risalire alle generalità del proprietario.
Proprio come abbiamo fatto noi con Ciro. E Ciro non ha il microchip, Ciro è di fatto un orfanello abbandonato. E a chi appartiene Ciro allora?
Dovrei, secondo la legge, attivare il Servizio Veterinario che viene a prelevare il cucciolo per portarlo nel Canile Sanitario dove stazionerà 60 giorni e dove nel frattempo verrà munito di microchip. Se invece decido di adottarlo posso andare dal mio veterinario, michrocipparlo e diventarne ufficialmente familiare – mi spiace per chi dovesse ritenere tale evenienza esagerata ma l’art 455bis del codice civile espressamente dichiara gli animali esseri senzienti, così come il codice di diritto penale, riformato dalla legge 184 del 2004, ha inteso ampliare e rinforzare il sistema sanzionatorio per chi crei loro sofferenza-
Infine veniamo alle vaccinazioni, quelle obbligatorie permettono la tutela nei confronti di parvovirus, epatite infettiva e cimurro, tre malattie terribili che possono portare anche alla morte se prese in giovane età. Guardo Ciro e mi prende un magone. E se fosse vero che non ha neanche le vaccinazioni?
Sono ormai le 5, ho ripreso a scrivere dopo l’ennesima crisi: ho lasciato un messaggio alla dottoressa, domani mattina andrò immediatamente in ambulatorio. Lascio che le considerazioni personali e generali vengano risucchiate dall’angoscia: nessuna polemica, nessun dito puntato, nessuna rabbia. Ho solo queste lacrime che borbottano negli occhi e la paura che quello che ho fatto e che non avrei potuto non fare possa non essere servito a nulla.
La paura che un destino in agguato posso sconfiggere l’amore, perché l’amore ci salva solo se qualche arma la può usare. A mani nude puoi parare il cuore ma la lama trafigge lo stesso.
Sabrina De Luca