FERNANDO DI FABRIZIO SCRIVE A LACERBA: LA VERITA’ SULLA MAREMONTI

Egr. direttore,

Nell’articolo uscito su Lacerba online dal titolo “Maremonti e denuncisti” appare quantomeno diminuito il compito, sancito dalla legge, di chi ha una responsabilità soggettiva e di governance nella gestione di un’area protetta. Per evitare di apparire come uno “sfascista” ovvero di sfasciare e rovinare le programmazioni pubbliche territoriali, che al contrario ho sempre cercato di valorizzare e dal momento che sono stato citato, ritengo opportuno  una dovuta precisazione. Va ricordato che il sottoscritto venne incaricato formalmente dal Comitato di Gestione della Riserva Naturale Regionale Lago di Penne costituito dal Comune, Consorzio di Bonifica Centro e Wwf Italia, di verificare perché le ruspe stavano operando all’interno della Riserva, senza nessuna autorizzazione da parte del Comitato stesso, come prevedevano invece le norme tecniche di attuazione del Piano di Assetto Naturalistico in vigore.

Solo dopo aver esaminato le evidenti lacune cartografiche, la relativa relazione cartacea con inesattezze grossolane, negli uffici urbanistici della Regione Abruzzo dove, insieme ai dirigenti regionali, venne scoperto l’errore progettuale che prevedeva il tracciato della strada fuori dai confini della riserva naturale (mentre nella realtà veniva costruita all’interno per oltre l’80%) abbiamo informato le autorità competenti, Comune, Regione e Corpo Forestale dello Stato con una dettagliata e puntuale relazione. Il sequestro del cantiere venne poi effettuato dalla Procura di Pescara dopo l’indagine del Corpo Forestale dello Stato.

Del resto il compito urgente, che mi era stato assegnato con un verbale specifico, per il controllo delle attività svolte nell’area protetta non prevedeva in alcun modo la possibilità di adottare un comportamento elusivo, anche perché potevo essere perseguibile legalmente per omissione di rapporto. Pertanto l’attribuzione del vocabolo “denuncisti”, se riferita al mio operato, va decisamente contestato, in quanto non corrisponde affatto agli atteggiamenti assunti dalla Riserva Naturale di Penne.  La mia azione era un atto dovuto, nell’esercizio delle funzioni di pubblico ufficiale. È come se qualcuno dovesse definire ingiusto il comportamento di un vigile urbano che, applicando la legge, contesta al cittadino l’auto parcheggiata in divieto di sosta.

La riserva naturale Lago di Penne in questa vicenda è parte lesa come tutti i residenti che hanno subito notevoli danni per il movimento terra del tracciato realizzato per lo scavo delle fondazioni dei piloni previsti nel tratto del fosso Acquaventina. È curioso, tuttavia, apprendere che la costruzione di un’opera pubblica possa dipendere da un eventuale cittadino o associazione riconosciuta legalmente e che si preoccupa di interessi diffusi, definita nell’articolo come “denuncista”.

Faccio notare che il Direttore dello storico Parco Nazionale d’Abruzzo Franco Tassi, durante la sua trentennale esperienza alla guida di uno dei più importanti parchi italiani ha subito oltre 1200 denunce e procedimenti di verifica amministrativa, probabilmente neppure i peggiori delinquenti d’Italia hanno subito accertamenti così numerosi e puntuali. Questo significa che nelle aree sottoposte a vincolo ambientale si genera spesso un conflitto di pubbliche competenze ma anche di merito, nella scelta dell’opera pubblica, spesso di notevole impatto ambientale con una netta divisione tra il pubblico che sostiene la priorità per la tutela e conservazione del territorio e chi invece spinge  per uno sviluppo economico a prescindere dalla tutela ambientale.

Tantissimi cittadini hanno sostenuto che la realizzazione del viadotto a ridosso di Penne, uno dei Centri storici più importanti d’ Abruzzo, a prescindere dalla Riserva naturale, sarebbe stato un errore per lo sviluppo del turismo sostenibile e di prossimità. Nell’Italiota della prima repubblica ma anche dopo abbiamo assistito, inermi, ad un eccessivo e molto spesso inutile consumo di suolo con costruzioni di vario genere, discutibili per gli impatti spesso esagerati e volgari, nel meraviglioso paesaggio mediterraneo illustrato e descritto già dalla metà dell’800 da viaggiatori e scrittori di tutta l’Europa. Anche in  Abruzzo, come nelle altre regioni, in luoghi di rara bellezza, ci sono opere pubbliche avviate e mai realizzate, che hanno deturpato ambienti incontaminati oltre a sperperare il denaro pubblico.

Per questo in un paese civile la critica resta sempre il sale della democrazia. Per concludere sulla questione “maremonti” di Penne le eventuali responsabilità, che non sono solo giuridiche o legali, vanno cercate altrove e non certo nell’azione dovuta dell’area protetta vestina, impegnata da decenni a conservare e valorizzare quel che resta  del patrimonio naturale tra il fiume Tavo e il torrente Gallero, comunque modificata dall’azione antropica.

 

Fernando Di Fabrizio Riserva Naturale Regionale Lago di Penne

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