D’Alfonso, consigliere di circoscrizione in carica al Comune di Reggio Emilia, era eleggibile sindaco nel 2011. Lo dice il tribunale. Appello in vista

PENNE – Il tribunale di Pescara, respingendo un ricorso popolare scritto dall’avvocato Claudio Di Tonno e teso a correggere il risultato elettorale con l’avvento a sindaco di Luigi Bianchini,

tiene a galla il sindaco Rocco D’Alfonso che, da consigliere di circoscrizione in carica nel Comune di Reggio Emilia, non dimettendosi preventivamente nei 30 giorni precedenti la candidatura, si candidò e si fece eleggere come sindaco del Comune di Penne, mantenendo anche per qualche mese la doppia carica elettiva. La sentenza (spese legali per 7 mila euro a carico dei ricorrenti) emessa dal collegio presieduto da Angelo Bozza fa discutere, come era facile prevedere, in una materia su cui la cassazione metterà il sigillo finale visto che la sua parola è quella decisiva, ancora di più, nelle dispute elettorali. D’Alfonso aveva tenuto nascosto che fosse consigliere di circoscrizione in carica nel 2011, ed è questa la pecca più grande sul piano della trasparenza per un primo cittadino che si è fintamente proclamato professore universitario. D’Alfonso si è affidato all’assistenza legale di Giulio Cerceo. All’avvocato Ugo Di Silvestre invece si sono rivolti i consiglieri di maggioranza (tranne l’avvocato Vellante, Solini ed Evangelista che non ne hanno voluto sapere) coinvolti nella vertenza e che hanno deciso di costituirsi nell’udienza del 18 maggio scorso poi rinviata al 7 luglio. La questione dell’ineleggibilità di D’Alfonso trae origine dalla contemporanea titolarità di cariche in enti territoriali diversi. Secondo la difesa del sindaco, non c’è una espressa previsione normativa che precluda ad un consigliere di circoscrizione di un grande Comune l’accesso alla carica di sindaco di un altro Comune. MA LA CIRCOSCRIZIONE NON E’ GIURIDICAMENTE UN ENTE LOCALE AUTONOMO, essendo solo un organo di quei Comuni piuttosto grandi. Secondo il tribunale di Pescara, in buona sostanza, in Italia non vi sarebbe una ineleggibilità verticale. Tutt’al più, nel caso D’Alfonso, potrebbe ravvisarsi una incompatibilità e non un’ineleggibilità, dicono i legali del sindaco. Il collegio ha però sentenziato solo sulla ineleggibilità. Se vi fosse l’incompatibilità, D’Alfonso l’avrebbe sanata, all’insaputa di tutti, dimettendosi a Reggio Emilia con atto protocollato in quel Comune il 17 agosto del 2011, cioè tre mesi dopo il voto per il sindaco di Penne. E comunque dovrebbe scattare una procedura di contestazione in consiglio comunale. Cerceo e Di Silvestre hanno opposto ai ricorrenti popolari (l’elettorato passivo è limitato dal principio di esclusività) che l’ineleggibilità verticale od incrociata non è prevista dalla legge e dalle sentenze interpretative fin qui pronunciate, ma è solo orizzontale fra cariche identiche (sindaco in carica con altro sindaco, consigliere comunale in carica con altro consigliere comunale, ecc.) e fanno un chiaro riferimento al percorso delle argomentazioni esposto in una sentenza della cassazione del 2008 che decise il caso di Lentini, in Sicilia, Regione a statuto speciale la cui normativa è però diversa dal testo unico statale. Lì un consigliere provinciale in carica a Siracusa venne eletto tempo dopo anche sindaco di Lentini. Il tribunale di Siracusa ne dichiarò l’ineleggibilità, ma la corte d’Appello di Catania e la cassazione stabilirono che Alfio Mangiameli fosse solo incompatibile. La legge siciliana infatti prevede che le cariche di consigliere provinciale e di consigliere comunale sono incompatibili. Si tratta cioè di un’incompatibilità verticale, non prevista invece dalla legge statale. Nell’isola, il sindaco non fa parte del consiglio comunale. L’incandidabilità e l’ineleggibilità valgono solo in maniera orizzontale: cioè non è candidabile (e dunque ineleggibile) in un altro consiglio comunale il consigliere comunale in carica in un altro Comune, così come quello provinciale in carica non può presentarsi in un’altra Provincia e quello di quartiere in un altro quartiere. Regolando l’ineleggibilità orizzontale, il legislatore siciliano ha previsto invece una incompatibilità verticale fra il consigliere provinciale in carica ed il consigliere comunale e fra il consigliere comunale e quello di quartiere. All’articolo 11 comma 3 della legge regionale sicula n.31 dell’86 si legge:”La carica di consigliere comunale è incompatibile con quella di consigliere di un quartiere di un Comune”. Diversa la situazione al di fuori dell’isola. L’articolo 56 del testo unico disciplina l’incandidabilità e l’incompatibilità (art.65) solo orizzontale fra il consigliere comunale in carica che non può candidarsi in un altro Comune, fra il consigliere provinciale in carica che non può proporsi in un’altra Provincia e il consigliere di circoscrizione interdetto a presentarsi in un’altra circoscrizione. La cassazione ha però spiegato nel 2006, decidendo sul Comune di Pisciotta (un consigliere comunale a Salerno si era candidato e fatto eleggere sindaco del paesino), che “il legislatore ha regolato nell’articolo 60 in modo diretto e del tutto indipendente dall’incandidabilità quella che è l’ineleggibilità”. Stando così le norme di portata identica, non si capisce allora come l’articolo 60 punto 12 del testo unico (“Non sono eleggibili a sindaco, presidente della Provincia, consigliere comunale, consigliere provinciale e consigliere circoscrizionale il sindaco, il presidente della Provincia, il consigliere provinciale, il consigliere comunale e il consigliere circoscrizionale rispettivamente in carica in altro Comune, Provincia o circoscrizione”), contestato a D’Alfonso, sia stato pensato per disciplinare ancora un volta lo stesso campo d’azione dell’incandidabilità e dell’incompatibilità. Parrebbe anomalo dunque sia sul piano della tecnica legislativa sia su quello del senso logico-giuridico: l’articolo 60 punto 12 del testo unico non dovrebbe chiarire questioni già colpite dalla incandidabilità e dall’incompatibilità orizzontale, cioè rispetto alle stesse cariche in altri Comuni, Province o circoscrizioni. L’unica incompatibilità verticale prevista, a differenza della Sicilia, è quella dell’articolo 65 in vigore da sempre, ma fino allo scorso aprile:”La carica di consigliere comunale è incompatibile con quella di consigliere di una circoscrizione del Comune”. Cioè dello stesso grande Comune (dove esistono le circoscrizioni). L’articolo 1 comma 23 lettera C della legge n.56 del 2014 l’ha modificato l’8 aprile allargandone la portata: la carica di consigliere comunale è incompatibile con quella di consigliere di una circoscrizione dello stesso o di altro Comune. La cassazione nel 2006 aveva chiarito che un consigliere comunale in carica non poteva farsi eleggere sindaco di un altro Comune (caso Pisciotta) senza dimissioni preventive. “Il legislatore intende limitare per chi rivesta una carica all’interno di un organo elettivo, l’accesso ad altro organo omologo (anche se non identico), sia come consigliere che come sindaco”, sostiene la suprema corte. Poiché “con l’uso dell’avverbio rispettivamente il legislatore intende non già prefigurare una pedissequa simmetria, quanto alla limitazione di eleggibilità, fra cariche identiche (sindaco con sindaco di altro comune, consigliere comunale con altro consigliere comunale, ecc.)”. Le vertenze elettorali comunque sono tutte di stretta interpretazione. Ora i ricorrenti hanno 20 giorni per portare il ricorso alla corte d’Appello, quindi toccherà alla cassazione in ogni caso pronunciarsi. La disputa si concluderà entro un anno, quando mancheranno 12 mesi alla fine regolare della consiliatura. E D’Alfonso, il reticente, e poco trasparente, resterà perciò sulla graticola ancora per un pezzo.

B.Lup.

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