CODICE DELLA STRADA VIOLAZIONI DI STATO E VIOLAZIONI DI PLEBE 1^ e 2^ PARTE

Se incappate in una sanzione del Codice della Strada (CdS), non è solo l’infrazione commessa che ve l’avrebbe propiziata ma anche la sfortuna, quella, per esempio, di averla commessa nel posto e nel momento sbagliato. Per farla franca, occorrono: posto e momento giusto.

A Napoli, scrive il Corriere della Sera, “tutti senza casco in piazza mercato davanti ai poliziotti. Nessuno interviene”. Lì, è tana libera tutti (dal CdS)! Si può essere sfortunati anche infrangendo una regola di serie B del CdS. Si tratta di regole spolpa-plebe che gli enti pubblici (in associazione a depredare) utilizzano per fare cassa. Ufficialmente, sono tutti dei San Martino, dediti a condividere l’obiettivo della sicurezza. In verità, le autorità fanno solo finta di interessarsene, per darla da bere al popolino-bancomat. Non mancano riprove. Intanto, per chi parla sempre di sicurezza, vale il criterio di giudizio del Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri: “Quelli che parlano sempre di onestà sono pericolosissimi”! Mutatis mutandis, lo sono anche di più quelli che di sicurezza parlano sempre. Spesso, da ciarlatani in mala fede. Basta sentire le più astruse casistiche sulle cause degli incidenti. Tra esse non è mai menzionato il pietoso stato delle strade la cui responsabilità è solo pubblica! L’ultima boiata è che a causare 3 incidenti su 4 sia la “distrazione per i cellulari”. La sparata è coincisa, guarda caso, con l’annuncio dell’inasprimento di sanzioni per il loro uso alla guida. Quando si parlava di autovelox, si sosteneva, invece, che la causa di “4 incidenti su 5” fosse la velocità! Già sommando le percentuali indicate per queste due sole cause d’incidenti, si va oltre il 150%! Evidentemente, per i cazzari di stato la matematica è un’opinione! Insomma, sono somarate prive di credibilità, di petomani delle fesserie che (s)parlano per portare acqua al mulino della tesi d’interesse del momento. E di interesse proprio si tratta, perché dietro quelle stupidate si nascondono interessi economici stratosferici per tutta la filiera degli enti pubblici dedita a incettare multe che, infatti, costituiscono poste importanti dei loro bilanci da rispettare per non comprometterne gli equilibri! A ulteriore riprova della disonestà di stato, il parlamento ha svincolato, per province e comuni metropolitani (art. 3-bis, d.l. 24 aprile 2017, n.50), le quote dei proventi delle multe destinate alla segnaletica e alla sicurezza stradale, consentendo di stornarli per pagare straordinari ai pizzardoni e per altri interventi per i quali i cittadini già pagano le tasse. La malafede della legalità in materia è evidente. S’è pure smascherato il finto ardore per la sicurezza e la vera passione per la pecunia! Nel 2009, l’allora presidente della commissione trasporti di Montecitorio, On. Valducci gridò vittoria contro gli “autovelox bancomat” dei comuni a cui la Camera aveva negato di incamerare multe comminate su strade di proprietà altrui. Fu incauto! La lobby dell’Anci, anche allora, si attivò subito ottenendo dal Senato la modifica della norma che riconobbe ai comuni una “tangente” del 50% facendo così salva una pratica grassatrice, a scapito degli automobilisti, spesso pendolari, con la scusa della sicurezza! Grazie a questa norma immorale, anche comuni minuscoli ma con la fortuna di essere attraversati, pure per poche decine di metri, da strade importanti, piazzano a fianco di un autovelox-slot machine qualche trippone di pizzardone e il gioco è fatto. Cuccagna per tutti: stipendio di pizzardoni, provvista per straordinari e premi di risultato per tutti (v. “Quanto guadagnano i comuni con la polizia municipale”, http://blog.openpolis.it/). Una cronaca “pubblica”, narrata a parte, conferma il preponderante ruolo della fortuna (o sfiga) nelle multe. La morale di quella cronaca è: spesso, la legalità è la foglia di fico dietro cui i suoi imbonitori mimano comportamenti politicamente corretti, ben sapendo che: -1) “le leggi sono moltissime quando lo stato è corrottissimo” (“plurime legis corruptissima re publica”). Come quello italiano, che, per allentare la morsa su se stesso, cerca sempre di far passare gli altri per banditi, anche ingarbugliando le sue leggi; -2) chi controlla il rispetto delle “plurime legis” si sceglie con arbitrio di quali occuparsi (v. la circolazione senza casco, sotto gli occhi dei “poliziotti”, a Napoli). Ogni tanto, poi, interviene, come di recente, anche il Ministro dell’interno a dare direttive sul CdS (300/A/5620/17/144/5/20/3 del 21/07/2017) per dire cosa e come sanzionare, come se non bastasse la legge! La scrittrice indiana Arundhati Roy, intervistata dal Corriere della Sera, alla domanda: “L’ultima volta che si è sentita felice?”, ha risposto: “Sono felice in questo momento…Venire in Italia, dopo essere stata in una società più strettamente regolata, come l’Inghilterra, dove sono stata per due settimane prima di venire qui…Vedere un po’ di caos mi rende felice”. Caotica e sciagurata Italia!

CODICE DELLA STRADA VIOLAZIONI DI STATO E VIOLAZIONI DI PLEBE – 2

Il comune di Cappelle sul Tavo, in pieno centro cittadino, è oberato da decenni dal traffico di mezzi pesanti, anche di grandi dimensioni. Si assiste, così, ha spiegato la sindaca, il medico Maria Felicia Maiorano Picone, a «manovre rocambolesche, con perdita di carico ed esponendo i residenti a innumerevoli pericoli. Inoltre – ha aggiunto – la totale assenza di banchine e aree di sosta, la presenza di strettoie e curve a gomito rendono difficoltoso il transito pedonale, dei ciclisti e motociclisti. Non da ultimo l’inquinamento ambientale ed acustico provocato dal passaggio giornaliero di circa 10.000 vetture e i probabili danni alla staticità delle abitazioni lamentati dai residenti..». Il ministero delle infrastrutture aveva già sollecitato due volte comune e provincia a trovare soluzioni. Per questo, il sindaco con un’ordinanza del 12 giugno 2017 (n. 4701) ha vietato il transito nella zona centrale di Cappelle ai mezzi pesanti, in perfetta aderenza con il Codice della Strada (CdS). La strada interessata collega Cappelle con Pescara, via Spoltore. Dalle polemiche divampate, specie dai comuni limitrofi, è sortito un incontro in prefettura. Chiunque avrebbe dato per scontato il plauso al comune di Cappelle per il coraggioso rispetto della normativa del CdS. E invece, no! Si è sentito sollecitare a riconsiderare la decisione! Questa è l’Italia! Prima si legifera con la testa dentro il “rusco” e poi comincia la gara pubblica a disapplicare leggi che creano problemi alla stessa pubblica amministrazione, come in questo caso! Da che parte stare? Naturalmente, contro la legalità stupida, un’autentica disgrazia nazionale che ha reso cadaverica e putrescente il Paese, per lo più cucinata da beceri burocrati! Ma veramente gli insulsi burocrati e i politici che approvano le norme ignorano la condizione delle strade, stravecchie di decenni, di secoli e anche di millenni e, quindi, strutturalmente prive dei requisiti prescritti dal Codice e anche della generica “sicurezza stradale” e non in grado nemmeno di assicurare che “siano comunque evitati inquinamenti”? Le folli normative sulle strade servono a parare il deretano di chi è perfettamente consapevole della loro sostanziale inapplicabilità e che sarebbe semplicemente indispensabile adeguare le strade al traffico del terzo millennio mentre non si fa più neppure la manutenzione ordinaria alle esistenti. In Italia, si vendono libri inconcepibili altrove (v. “Cattiva manutenzione delle strade: la responsabilità della p.a. nella giurisprudenza”, 2015, Maggioli Editore). La giurisprudenza, a sua volta, è di una comicità teatrale e iniqua. Una recente sentenza dice che se cadi dalla moto a causa di una buca, la colpa è anche la tua, tenuto a essere ancora più prudente proprio perché la strada è dissestata. Insomma, l’ente proprietario della strada è mezzo autorizzato al libero degrado delle strade. Un mezzo “rutto libero” alla Fantozzi!!! Simili sentenze sono il riflesso condizionato della cultura dello stato-padrone di cui l’Italia, deficitaria di principi liberali, non è in grado di disfarsi. Infatti, la domanda è: chi può consentire, di fatto se non di diritto, che su una mulattiera transitino bisonti della strada, scambiare i jeans per il frac? Solo lo stato! Nella sua canagliesca attitudine sforna norme astruse che hanno reso il Paese “a libertà personale, sociale ed economica condizionata”. Condizionata dai capricci delle autorità di ogni tipo. Per cui, ciò che non ha l’agibilità o la destinazione d’uso per determinate funzioni, le svolge comunque, se ciò piace a chi comanda. Tralasciando esempi locali, troppo imbarazzanti, si sa bene, però, che, specie tra gli edifici sanitari, a Penne non c’è un solo, pubblico, a norma di qualcosa. È un classico. In proposito, Repubblica online titolava, il 15 luglio scorso: “Cinquanta migranti in hotel inagibile del Messinese…”. Inagibile, appunto! Ma che volete che importi allo stato dell’inagibilità di un edificio, se deve risolvere un suo problema? D’altronde, si è automunito d’impunità, con una parola magica: “emergenza”! Se per emergenza il cittadino non paga le tasse, sono c… suoi, se per emergenza è lo stato a fare i comodi suoi, sono sempre c…. del cittadino! E così, una prefetta qualunque, in un edificio inagibile e senza utenze, ci asserraglia 50 migranti (pardon, ‘Signora Prefetta’, se no va fuori di testa, anche da pensionato, il “signor prefetto” emerito di Napoli, tale De Martino Andrea che fece la macchietta davanti a mezzo mondo con la sua aggressione verbale a don Maurizio Patriciello). Inagibile un edificio lo è se a ‘chiedere’ di utilizzarlo è un plebeo qualunque ma se a “comandare” di utilizzarlo è una prefetta o se l’utilizza comunque un ente pubblico, allora l’inagibilità svanisce! Morale: i Cittadini sono “Sudditi”; lo stato è al di sopra delle leggi e impunito! Ecco perché un piccolo comune come Cappelle s’è trovato a dover fronteggiare (finora con successo), un’azione che propriamente si dovrebbe definire di “immoral suasion”, di indebita istigazione a infrangere le regole! Riflettano i cittadini, e specialmente i giovani. I contribuenti, pagano grassi stipendi, benefit e indennità per istituzioni, e relativi “servitori dello stato”, dove si sproloquia di legalità e ci s’adopera per l’illegalità! Vergogna! Adda venì baffone!

GIOVANNI CUTILLI

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