“Negli ultimi anni – spiegano Carola Profeta e Nicoletta Di Santo nella nota, – Pescara ha subito un profondo cambiamento, dovuto in gran parte a misure restrittive che hanno messo a dura prova la sua vivace “movida”. Il Piano di Risanamento Acustico, purtroppo, non ha avuto gli effetti desiderati. Anzi, ha finito per penalizzare gravemente il settore del Food & Beverage, un tempo fiore all’occhiello della città, riducendo la capacità di attrazione turistica e compromettendo l’economia locale.
Il cuore pulsante di Pescara, che attrae migliaia di visitatori grazie alla sua vivacità e offerta di locali e ristoranti, è stato messo sotto assedio da una serie di ordinanze comunali che sembrano rispondere più a logiche politiche che a reali necessità di risanamento. Le restrizioni, che riguardano gli orari e le attività commerciali, non solo non hanno risolto il problema del rumore, ma hanno contribuito a creare un clima di incertezza e disagio per gli imprenditori locali.
Il Piano di Risanamento Acustico, che aveva l’intento di ridurre i livelli di rumore, ha avuto un impatto devastante, soprattutto nelle aree centrali come piazza Muzii, dove la rumorosità proveniente dal traffico di persone risulta essere la causa principale dell’inquinamento acustico, non tanto dalle attività commerciali. Nonostante gli sforzi e le misure restrittive adottate, come le ordinanze sugli orari e la riduzione dei posti a sedere all’aperto, i livelli di rumore non sono scesi sotto i 55 decibel, e le attività di ristorazione sono state costrette a ridurre il personale o a chiudere.
Nel contesto di questo declino, si aggiunge un’altra preoccupazione: l’invasione di attività commerciali straniere. Sempre più negozi sono nelle mani di proprietari stranieri, che gestiscono attività lecite e, purtroppo, anche illecite. Questa tendenza sta creando un grave squilibrio economico e sociale, minacciando gli imprenditori italiani e la loro capacità di competere in un mercato già gravemente danneggiato.
Le conseguenze di questa situazione sono visibili ogni giorno: il degrado urbano, con episodi di risse e spaccio, sta rendendo alcune aree di Pescara sempre più difficili da vivere, sia per i residenti che per i commercianti. Un esempio di questa problematicità si trova dietro la zona della movida, dove piazza Santa Caterina e corso Vittorio Emanuele sono diventati luoghi fuori controllo.
Di fronte a questo scenario, è necessario chiedersi: vogliamo davvero permettere che le nostre città vengano invase da attività straniere a discapito delle realtà locali? O è giunto il momento di fermare questa tendenza e rimettere al centro il supporto alle imprese italiane, proteggendo le famiglie e i lavoratori che da esse dipendono?
Di Santo e Profeta
Recentemente, alcune affermazioni giuridiche errate hanno circolato, tra cui quella secondo cui il Piano di Risanamento Acustico fosse inevitabile e obbligatorio per legge. Tuttavia, dei 5.097 comuni italiani dotati di un Piano di Classificazione Acustica, solo 66 hanno adottato anche un Piano di Risanamento Acustico. Inoltre, la Legge Quadro nazionale 447/1995 e la Legge regionale Abruzzo 23/2007 stabiliscono che un Piano di Risanamento Acustico debba essere adottato solo in caso di grave inquinamento acustico. Pertanto, non si comprende come tali misure possano essere applicate in modo così stringente in una città come Pescara, dove il problema riguarda soprattutto il rumore causato dal traffico umano, e non dalle attività commerciali.
Anche se il Piano di Risanamento Acustico è stato approvato definitivamente nel maggio 2023, con ordinanze attuative fino al marzo 2025, la situazione non è migliorata. Le misure restrittive non hanno avuto l’effetto sperato e, anzi, hanno creato danni economici, con un calo delle entrate derivanti dall’occupazione del suolo pubblico e la chiusura di numerose attività locali.
Negli ultimi giorni, i quotidiani locali hanno riportano “suggerimenti” da parte di esponenti dell’amministrazione comunale che risultano difficile da comprendere: come si può obbligare i proprietari dei locali della movida di Piazza Muzii ad aprire durante il giorno per recuperare le due ore di attività sottratte la sera a causa delle nuove restrizioni?
È importante sottolineare che, se un’attività viene estesa per più ore, ciò comporta la necessità di un maggior personale e, di conseguenza, un aumento dei costi. Inoltre, si sacrifica anche il tempo da dedicare alla famiglia. Gli imprenditori, che hanno scelto liberamente di avviare un’attività di locale notturno, come aperitivi, cene e cocktail bar, si trovano ora a dover affrontare direttive da parte dell’amministrazione comunale riguardo al tipo di lavoro da svolgere. Questo aspetto è già di per sé difficile da accettare. Ma ciò che rende la situazione ancora più irricevibile è il fatto che tali affermazioni provengano da esponenti del partito di maggioranza del Governo, della Regione Abruzzo e del Comune di Pescara, Fratelli d’Italia che ha nel suo DNA valoriale la tutela della famiglia, quindi dovrebbe considerare che un maggiore tempo dedicato alla famiglia è fondamentale e soprattutto il sostegno a chi produce, a chi investe, a chi assume, a chi mantiene il decoro e soprattutto, come hanno ricordato i ragazzi di Gioventù Nazionale nel loro comunicato pubblicato sui social, a chi permette la socializzazione.
Noi Donne di Destra, come nuovo progetto politico, chiediamo, a fronte di questi sviluppi, che si renda necessario un intervento deciso da parte delle autorità politiche. La norma deve essere chiara, applicata in modo uniforme in tutti i comuni italiani, e deve garantire un equilibrio tra il diritto al riposo dei residenti, il diritto al lavoro e alla sopravvivenza delle imprese locali e il mantenimento del decoro. La tutela degli imprenditori italiani e del loro diritto di operare in un contesto equo è fondamentale per garantire la vitalità economica delle nostre città”.