(foto ANSA.IT)
Una sentenza, quella della Cassazione sulla tragedia di Rigopiano, che in qualche modo spiazza in un senso e nell’altro. Fra certezze, come la condanna del prefetto Provolo, e la prospettiva di un processo in Appello a Perugia che rimette dentro chi l’aveva scampata come i dirigenti (Carlo Visca, Vincenzo Antenucci, Emidio Primavera, Pierluigi Caputi, Carlo Giovani e Sabatino Belmaggio) della Protezione Civile regionale per la mancata redazione della Carta Valanghe e riapre tutto per Ilario Lacchetta, all’epoca sindaco di Farindola la cui condanna è’ stata annullata così come quella per Enrico Colangeli, tecnico comunale.
Nuovo processo di secondo grado anche per Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio dirigenti della Provincia condannati in appello a tre anni e 4 mesi. Per loro, comunque, così come per il sindaco, potrebbe arrivare la prescrizione delle accuse. È questo il problema tecnico principale. L’omicidio colposo si prescrive in sette anni e mezzo: un tempo che si sta allungando grazie ai recuperi legati al periodo della pandemia. Ma il 18 gennaio prossimo saranno otto gli anni trascorsi. Diventa comunque definitiva la condanna ad 1 anno 8 mesi per l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo, accusato di rifiuto di atti di ufficio e falso. Confermata invece la condanna all’ex gestore dell’hotel Bruno Di Tommaso. “Siamo abbastanza soddisfatti del verdetto. Siamo insomma più fiduciosi per il futuro visto che potremo andare a Perugia a far valere le nostre ragioni. I dirigenti regionali sono rientrati nel processo come abbiamo sempre chiesto. La condanna definitiva del prefetto Provolo è un elemento significativo. Lui rappresentava lo Stato e lo Stato nelle sue articolazioni territoriali è responsabile della strage di Rigopiano”.
Gianluca Tanda, presidente del Comitato delle vittime, aggiunge: “Andremo il 18 gennaio a Rigopiano per l’ottavo anno ma stavolta credo con la testa ancora più alta. Ora parleremo meglio con i nostri legali per capire sul piano tecnico gli spazi che si aprono o che si sono definitivamente chiusi”. La Cassazione ieri ha deciso di rendere certa la condanna a un anno e otto mesi per Francesco Provolo, prefetto di Pescara quando ci fu la valanga assassina che travolse l’hotel Rigopiano uccidendo 29 persone. Falso e rifiuto in atti d’ufficio i reati contestatigli. “Abbiamo visto riconosciuto in parte il dolore di genitori”.
E’ questo uno dei primi commenti dei parenti delle vittime della tragedia di Rigopiano che hanno assistito alla lettura della sentenza della Cassazione nell’Aula Magna del secondo piano a Roma. Grande tensione per ore in attesa del dispositivo ma poi anche pianti. Ma la battaglia non finisce qui: «Andremo tutti a Perugia e siamo pronti a lottare ancora e fino alla fine. I dirigenti della Regione? Come negare le loro responsabilità? Ci si aspettava di più ma un cambio di rotta è stato dato eccome. Forse sarà la prima volta in 8 anni che il 18 gennaio andremo tutti insieme a celebrare i nostri cari con un cenno di sorriso sul volto», spiegano. Dal Palazzo di Giustizia di Pescara intanto nessun commento ma trapela solo una composta soddisfazione, specialmente per il fine positivo di una impostazione processuale corretta sin dalle prime battute di indagine.
Naturalmente i risarcimenti in sede civile saranno un altro argomento caldo. La vicenda di Rigopiano, clamorosa per come si è concretizzata con il suo straordinario carico di morte, era evitabile. “Anche per questo-riprende Gianluca Tanda-abbiamo proposto la nascita di una procura della Repubblica speciale per i disastri che periodicamente accadono in Italia. Come esiste quella antimafia sarebbe opportuno crearne una che si occupi di indagare solo in eventi del genere dove scattano i tentativi di di insabbiamento”.
Berardo Lupacchini