di Enio Remigio
Gino Berardi, nato a Pietranico nel 1945, ha compiuto i suoi studi in provincia dell’Aquila. Sin dagli anni ’60 ha iniziato la sua carriera artistica utilizzando diverse tecniche per creare opere di forte impatto visivo. Insegnante di ruolo e giornalista pubblicista, ha fondato il centro culturale “Spazio e Arte” e ha ricevuto importanti nomine della Repubblica Italiana.
Durante i suoi 10 anni all’estero ha completato la sua formazione artistica incontrando personalità di spicco del mondo dell’arte e della cultura. Da più di 50 anni è attivo sulla scena artistica nazionale ed europea, creando opere astratte e formali con grande rigore estetico.
Le sue opere sono state esposte in numerose gallerie in Italia e all’estero, tra cui Roma, Milano, Parigi, Londra e molti altri. Ha partecipato a premi, manifestazioni e concorsi nazionali prestigiosi presieduti da critici di fama internazionale come V. Sgarbi e Duccio Trombadori. Berardi continua a essere un punto di riferimento nell’arte contemporanea.
Durante la festa dall’Etna al Gran Sasso Tradizioni in festa a Città Sant’Angelo, abbiamo avuto il piacere di intervistare il maestro Gino Berardi, che sta esponendo le sue opere al Centro Storico in corso Vittorio Emanuele, 119. Il maestro ci ha raccontato della sua passione per l’arte e ha condiviso con noi alcuni aneddoti e curiosità sul suo percorso artistico. Con grande generosità, Berardi si è concesso per mostrarci ulteriormente la sua straordinaria conoscenza nel campo dell’arte. Una presenza speciale che ha arricchito ulteriormente questa importante manifestazione culturale.
Gino, hai una carriera che abbraccia diverse correnti artistiche, dall’impressionismo all’astratto informale. Come descriveresti il tuo viaggio personale attraverso questi stili e quali elementi ritieni essere i più significativi nella tua evoluzione artistica?
Il desiderio di esplorare il mondo mi portano fin da giovane, a soli 18 anni ad intraprende un viaggio tra la Svizzera, Inghilterra e Francia, inizio la carriera di pittore concentrando le mie opere sui paesaggi della mia infanzia. Questo approccio dei ricordi mi ha guidato per circa vent’anni, fino a quando, intorno ai trenta anni, ho deciso di abbracciare “l’astratto informale”. Grazie a questa nuova direzione artistica, ho avuto l’opportunità di esporre un po’ in tutta Europa sconfinando spesso in territori più lontani, come l’ultima personale, in una prestigiosa galleria delle isole Barbados. Un percorso di evoluzione artistica che mi porta sempre a nuove e affascinanti sfide.
Quali sono le influenze culturali e personali che hanno modellato il tuo stile e la tua visione artistica? Ci sono artisti o movimenti specifici che consideri particolarmente ispiratori?
Il mio passaggio dal figurativo all’impressionismo è stato fortemente influenzato dagli impressionisti francesi e dalla scuola dei macchiaioli. Mi identifico con queste correnti artistiche, che mi hanno ispirato a creare opere di pittura di getto e a esplorare nuove tecniche e stili. La mia arte è in costante evoluzione e ogni mia opera è unica e diversa dalle altre. Cerco sempre di creare qualcosa di nuovo e originale, in modo che chi ammira il mio lavoro possa riconoscermi senza guardare la firma.
Cosa rappresenta per te la partecipazione a “Dall’Etna al Gran Sasso – Tradizioni in Festa” e come ti senti ad esporre in un contesto così ricco di cultura e storia come quello di Città Sant’Angelo?
Sono molto legato a Città Sant’Angelo e sempre attratto dal suo borgo antico e dai panorami mozzafiato. Ho amici cui sono legato, tra cui il collega-artista locale Franco Secone. Questo luogo è ideale per eventi culturali e quest’anno, grazie a Gabriele Florindi, ex sindaco, ho avuto l’opportunità di esporre le mie opere insieme ad altri artisti. Sono davvero colpito dalle migliaia di visitatori che ogni giorno affollano il borgo angolano. Siamo facilmente individuabili grazie al cartello nei pressi dei nostri studi temporanei: “Città Sant’Angelo la piccola Montmartre”.
Hai menzionato l’importanza di collaborare con altri artisti, come Gianfranco Zazzeroni e Franco Di Nicola. Qual è il valore che attribuisci alla comunità artistica e come questa interazione arricchisce il tuo lavoro?
La collaborazione è essenziale per organizzare mostre di grande importanza come quella che stiamo preparando per ottobre presso l’Aurum, con ospiti-artisti da tutto il mondo. Ricordo con grande gioia l’ultima mostra a Urbino, dove abbiamo presentato le nostre opere una decina di artisti che non solo espongono insieme, ma condividono anche momenti nelle nostre case e spesso viaggiando assieme visitando mostre e musei. In un certo senso siamo diventati una famiglia, crescendo insieme nell’evoluzione artistica.
Qual è il messaggio che speri di trasmettere ai visitatori delle tue opere durante questa mostra? Cosa vorresti che il pubblico portasse via con sé dopo aver visto il tuo lavoro?
Per gli occhi e per la mente, con una storia da scoprire e interpretare attraverso le varie opere presentate. Il mio intento è quello di stimolare la curiosità e l’immaginazione del visitatore, invitandolo a riflettere e a lasciarsi trasportare dalle suggestioni che le opere evocano. Ogni elemento presente è stato scelto con cura e posizionato con attenzione, creando così una composizione armoniosa e ricca di significati. Sono aperto al dialogo e alla condivisione delle emozioni che le mie opere possono suscitare, pronto a accogliere le domande e i pensieri di chi si avvicina alle mie creazioni. Spero che questa personale possa essere un’occasione per immergersi in un universo artistico fatto di colori, forme e storie che si intrecciano e si rivelano poco a poco, regalando al visitatore un’esperienza unica e coinvolgente.
Da notare particolarmente la mia ultima predilezione per il gallo, questo animale ha origine da un episodio legato alla creazione del famoso “Cocktail”, avvenuto diversi anni or sono durante i famosi cruenti-duelli tra galli. Un signore invitò gli amici a tifare per il proprio gallo promettendo loro una bevanda alla fine del combattimento se il suo animale avesse vinto. Il gallo vinse e, mantenendo la promessa, il signore offrì la bevanda agli amici e a tanti altri che si erano intrufolati per bere. Non sapendo come soddisfare la sete dei numerosi ospiti e non sapendo le loro preferenze, il signore mischiò diversi liquidi rimasti nella sua dispensa in un recipiente, aggiungendo succo d’arancia e pompelmo, ma poiché era inverno, raccolse della neve per raggiungere il volume occorrente e garantire freschezza. Durante la degustazione di questa insolita e buona bevanda, i presenti si chiesero come chiamarla.
Alcuni proponevano nomi di fiori, città, fiumi e tanto altre denominazioni ma un signore seduto vicino alla gabbia del gallo vincitore, che era spiumato ma trionfante, esclamò: “Cocktail, ovvero coda di Gallo”. È una storia particolare che ha ispirato diverse mie opere ed è per questo motivo che rappresento galli, volti, bicchieri, bottiglie, pentagrammi e strumenti musicali, per creare un’atmosfera festosa e piena di colori.