I due Musei del polo della Fondazione dei Musei Civici di Loreto Aprutino riaprono al pubblico: il Museo delle ceramiche Acerbo riprende dopo la serrata causata dal Covid 19 mentre il Museo dell’olio dopo i necessari interventi di ristrutturazione. A darne notizia è il delegato alla Cultura del Comune Federico Acconciamessa, in rappresentanza del Consiglio rinnovato dalle nomine di Giada Ciarcelluti e Ivano Postiglione.Completano il board di nomina comunale, Alberto Colazilli e Antonello Antico, Gianluca Buccella per la Provincia, Andrea Staffa per Mibact, Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio dell’Abruzzo e Gaetano Carboni per la famiglia proprietaria dei locali del Museo dell’olio. Vacante lo scranno della Regione. Presidente al secondo mandato, Vincenzo De Pompeis.
Un consiglio che, con le new entries, appare sicuramente più compatto,omogeneo ed allineato ed al quale va dato atto di raccogliere molte delle sollecitazioni proposte nei precedenti due anni come ad esempio la nomina di un revisore dei conti (n.d.r.la dott.ssa Giulia Buccella di Penne) esclusa a suo tempo ma alla fine accolta.
Rimane sempre aperta,invece, e ci auguriamo che il nuovo corso possa finalmente anche risolverla, la questione (che aveva provocato la bocciatura del bilancio preventivo) sui compensi ricevuti dal Presidente per uno studio di fattibilità sulla Mostra Casamarte che si sarebbe dovuta inaugurare a luglio 2020, e su quelli che erano previsti in qualità di curatore ed organizzatore, alla fine opportunamente rimossi dal bilancio di previsione.
Rimane aperta: se ne faccia una ragione il Sindaco di Loreto Aprutino, aperta è quella morale,che non si risolve certo sottraendosi al confronto con le voci dissidenti.Apertala questione giuridica, sulla quale era stato richiesto da ben 4 consiglieri su 9 un parere pro veritate che, in assenza di una norma dello Statuto, potesse definire “se un Presidente di una fondazione non profit a prevalente partecipazione pubblica possa prendere un compenso per una prestazione come libero professionista, senza partita IVA”. Consapevolezza del deliberare secundum legem ed equità. La questione rimane aperta.
Ora si aspetta la parola della Regione.La collezione delle ceramiche è infatti di sua proprietà, la convenzione stipulata con la Fondazione è scaduta da tempo quindi liberissimo, l’ente regionale, di disporre dei pezzi o comunque giudicare insufficiente il trend dei dati di efficienza riportati nella relazione all’attività: 1160 paganti nel 2016, solo 559 paganti nel 2019. Tra l’altro le condizioni nelle quali versa lo stabile dove sono custodite le preziose maioliche sembrerebbero denotare anche una assenza prolungata di manutenzione delle pareti che, in più punti delle sale, appaiono scrostate e con presenza di muffa, mentre nella sala di uscita del pubblico ce n’è una intera la cui intonacatura è completamente sgretolata.
Anche sull’Antiquarium pende una richiesta della famiglia Casamarte a riavere indietro i pezzi della collezione di reperti di sua proprietà.Se legittima in assoluto e corrispondente al contratto, incomprensibile allora, sempre secondo alcuni consiglieri, organizzare una mostra a spese della Fondazione, trasferendo i reperti dai locali di via dei Mille a via del Baio. Questione aperta.
Diverso il caso del Museo dell’olio ubicato presso il castelletto Amorotti in via Cesare Battisti la cui proprietà è riconducibile alla famiglia Amorotti-Carboni. Il Museo era stato chiuso dopo che, una tegola caduta dal tetto, aveva evidenziato la necessità di compiere azione di restauro su di un architrave spezzato.Poi il Museo era stato riaperto grazie ad una relazione dell’ingegner Cianci, poi di nuovo chiuso ma con l’impegno della famiglia a ripristinare le condizioni di sicurezza. Così è stato. Ora la richiesta avanzata alla Fondazione è che sia sempre l’ingegner Cianci ad effettuare un sopralluogo all’Antiquarium il cui esito positivo verrebbe a costare solo 500 euro (più oneri) alla stessa Fondazione. Con una perplessità: i locali dell’Antiquarium sono di proprietà del Comune e potrebbe benissimo il suo Ufficio Tecnico procedere alla ricognizione. Oppure,auspicabile sarebbe procedere ad una manifestazione d’interesse, veloce e immediata, intercettando magari professionisti disposti a dare il loro contributo.Non appaiano questioni da poco: il carattere non profit della Fondazione,dovrebbe essere un faro guida per concorrere ad attuare i principi democratici di eguaglianza, imparzialità,buon andamento, responsabilità, efficacia ed economicità, al servizio del cittadino.
Il carattere pubblico della Fondazione, oltre che dal fine, si ricava dai criteri di opportunità pubblicistica e trasparenza del Decreto Legislativo n. 33 del 2013 che, all’art. 11 estende l’obbligo di pubblicazione agli enti pubblici vigilati, agli enti di diritto privato in controllo pubblico, nonché alle partecipazioni in società di diritto privato che svolgono attività di pubblico interesse.
Le rimostranze sulla mancata comunicazione pubblica e diffusione di interesse erano state fatte valere anche per la gestione dell’ Oleoteca Regionale, Museo della storia dell’arte olearia affidata, con scelta discrezionale, per un anno all’Associazione Onlus Italia Nostra di Penne rappresentata dal signor Antonio Di Vincenzo. Si legge nella convenzione stipulata con la Giunta Comunale in data 08/10/2019, che l’associazione Italia nostra si obbliga a promuovere la realizzazione del progetto Le Terre della Memoria, di promuovere le attività culturali di informazione e di educazione alimentare collegato alla valorizzazione delle tipicità regionali ed organizzare workshop per favorire contatti con gli operatori commerciali del settore nonché a contribuire alla formazione di figure professionali esperte nel settore olivicolo, oleotecnico, nel marketing e nella comunicazione. Ci è sfuggito il percorso filologico e culturale che ha portato l’Oleoteca a diventare International Football Museum o ad ospitare nel mese di dicembre una mostra di cimeli relativi alla storia di Alessandro Del Piero.
Chiaro è quello operativo: collabora con Italia Nostra, il Comitato Centro Storico Lauretum presieduto da Renato Mariotti, già assessore alla Cultura nell’amministrazione guidata da Mauro Di Zio, che, come più volte ribadito, ha creato questo comitato per mettersi al servizio ed agevolare il dialogo tra cittadini ed amministrazione sulle problematiche del centro storico.
Grazie a questo impegno proficuo ed eclettico il risultato è quello che gergalmente viene definito un fritto misto il cui prodotto finale è una comunicazione a spot che finisce per creare confusione su quello che è il territorio da raccontare. Tanto che da città dell’olio,paese, centro storico, Loreto Aprutino finisce per diventare un borgo cavalcando la “retorica tossica della valorizzazione dei borghi attraverso i pacchetti turistici” che,se non condivisi con la comunità intera, potrebbero finire per avere breve durata. E con buona pace di Christian Norberg-Schulz e le sue teorie sul genius loci!
Ma è da tempo ormai che a Loreto Aprutino si è profusa la filosofia del “fate purché si faccia qualcosa”e quella che dovrebbe essere la ricostruzione di una comunità finisce per sgretolarla ancora di più a tal punto da far pensare che la gestione dell’immenso patrimonio culturale venga delegata se non ignorata. A parte Santa Maria in Piano che, chiusa per inagibilità, viene però aperta a richiesta, non si sa di chi, perché e come.
Nessun accenno di una minima opposizione arriva dalle forze di minoranza in consiglio comunale, in campo amministrativo il silenzio è sempre assenso, sui social invece è un trionfo di frasi fatte e stereotipi che non sono più appetibili neanche agli haters o ai tradizionali polemiconi. Bei tempi quelli di Nanni Moretti che davanti la televisione esortava D’Alema a rispondere a Berlusconi!
Ascoltando il silenzio che promana dall’intero consiglio comunale loretese anche a noi verrebbe da urlare “ Dite una cosa di civiltà, dite qualcosa, dite una cosa, ma reagite!”
Berardo Lupacchini