È ben dire subito, a scanso di equivoci, io non sono contro il Governo in carica. Da osservatore imparziale ritengo che, alle condizioni date, si stia facendo il possibile e che altri non potrebbero fare meglio: la maggioranza fa il proprio lavoro cosi come la minoranza.
Ciò premesso, però, non reputo che la Fase 2 introdotta con il DPCM del 26 aprile 2020 sia stata adeguatamente disposta. Avverto, pertanto, la necessità di condividere talune riflessioni, con nessuna velleità di essere esaustivo e approfonditamente dettagliato, consapevole che quanto tratterò tocca molti campi e coinvolge la maggior parte dei segmenti della popolazione.
Comincio col dire che non sono d’accordo con la mancata riapertura delle Chiese e con la prosecuzione della sospensione delle cerimonie religiose (Messa) ovvero con la limitazione ad impartire i Sacramenti. E inizio facendo riferimento ad un avvenimento storico. Si tratta della vicenda che ha visto coinvolto il primate austriaco Card. Innitzer, messo sotto tutela da Papa Pio XI attraverso il Segretario di Stato Eugenio Pacelli, e quindi controllato dal Nunzio Apostolico Monsignor Gaetano Cicognani. Innitzer, infatti, aveva ceduto alle promesse e lusinghe del Fūhrer e aveva fatto firmare ai Vescovi austriaci l’adesione al nuovo regime, allorquando la Germania aveva annesso l’Austria. Il Primate si era giustificato con il Nunzio riferendo di essersi deciso in tal senso per paura delle reazioni del regime e per scongiurare una possibile persecuzione religiosa. Una specie di sudditanza psicologica più che adesione al regime, ma di fatto un appoggio alla cosiddetta Anschluss del 12 marzo 1938. Successivamente il Card. Innitzer ed i Vescovi si erano dovuti ricredere, in quanto il loro appoggio al Fūhrer era stato ripagato con svariate vessazioni nei confronti della Chiesa austriaca, così il Cardinale, il 6 ottobre 1938, aveva tenuto un discorso dal pulpito della Cattedrale di Vienna, galvanizzando i fedeli ed appellandosi al senso di appartenenza confessionale dei cattolici viennesi contro i Nazionalsocialisti. Da quel momento, però, i dispetti e le promesse mancate non avevano fatto altro che trasformarsi in violenza antireligiosa.
Orbene, fatte le dovute differenze tra un regime autoritario come quello Nazionalsocialista e la Repubblica Parlamentare italiana, in fondo, la reazione sdegnata dei Vescovi della CEI con la lettera del 26 aprile 2020 assomiglia a quella tardiva del Card. Innitzer del 1938. In tale missiva i Vescovi hanno ricordato al Governo che, a seguito del lavoro in corso da giorni tra le due delegazioni, vi erano state promesse di riapertura delle Chiese e la conseguente possibilità di impartire i Sacramenti, promesse, in concreto, non mantenute con il DPCM del 26 aprile 2020.
In sostanza il DPCM ha negato il libero diritto di professare il credo religioso, tutelato anche dal Concordato. Diritto che se è stato giustamente compresso nei primi mesi della pandemia, allo stato attuale non può essere ancora limitato. Le chiese non sono e non possono essere rappresentate come il ricettacolo dell’influenza. Sicuramente anch’esse con le dovute cautele dovrebbero riaprire i battenti.
Parliamoci chiaramente, allora è questo il centro della discussione attuale, bisogna capire, insomma, se l’isolamento sociale ha funzionato e se nella Fase 2 tale isolamento è ancora necessario o se è possibile, rispettando doverosamente le regole di distanziamento, protezione ed igiene, ritornare al lavoro, ritornare a scuola e riprendere il più possibile la vita “normale”.
Ovviamente la risposta per me è la seguente: risulta oggi necessario far terminare l’isolamento sociale che nei mesi scorsi ha pure avuto le sue motivazioni.
Del resto nei mesi passati e tuttora, per favorire l’isolamento sociale, abbiamo assistito e stiamo assistendo alla compressione di molti Diritti costituzionalmente garantiti: il Diritto/Dovere al Lavoro (art. 4 della Costituzione), la Libertà personale (art. 13 della Costituzione) la Libertà di circolazione e soggiorno (art. 16 della Costituzione) di riunione (art. 17 della Costituzione) di Religione (art. 19 della Costituzione) il Diritto ad avere Giustizia, (art. 24 della Costituzione) il Diritto allo Studio (art. 33 della Costituzione) la Libertà di iniziativa economica (art 41 della Costituzione ), il Diritto di Proprietà (art. 42 della Costituzione). E tali limitazioni sono state tra l’altro determinate anche attraverso il deterrente della sanzione penale dapprima, successivamente di quella amministrativa per le violazioni più blande, con la sola legittimazione di una autocertificazione di discutibile valore e senza le garanzie procedimentali della L. 689/1981.
Tutte le restrizioni di cui sopra, sono state permesse per tutelare il Diritto alla Salute (art. 32 della Costituzione) che, seppur rilevante, non è l’unico e non e tra i primi della Costituzione. È chiaro che in una Democrazia i Diritti vanno contemperati e, anche in una fase di emergenza, nel rispetto della Legge, non può operarsi una limitazione generalizzata e per lungo tempo, a scapito degli altri Diritti ed a favore di uno solo, ancorché importante come la Salute.
Addirittura, in questi mesi, per favorire l’isolamento sociale, è stata limitata fortemente la nostra libertà personale che ai sensi nella Costituzione è sottoposta al duplice controllo della Legge ordinaria e della Giurisdizione, ossia, per restringere la Libertà di ciascuno è necessario che vi sia una Legge del Parlamento e che la limitazione stessa sia sottoposta a vaglio della Magistratura; in questo periodo, però, vi è sia la mancanza della Legge nella forma dovuta sia dei Magistrati, visto che i Tribunali sono quasi chiusi. E in questa sede va chiarito che, una cosa è la limitazione della Libertà di circolazione per ragioni sanitarie di cui all’art. 16 della Costituzione, ossia per me, non poter andare da Pianella a Pescara, altra e diversa è la compressione della Libertà personale, ossia la impossibilità ad uscire di casa o la legittimazione a farlo solo per comprovate esigenze imposte.
In sostanza, al fine di favorire l’isolamento sociale, senza nessun rispetto della Costituzione e limitando le Libertà ed i Diritti in essa contenuti, si è proceduto attraverso provvedimenti amministrativi, e quindi senza la Legge ordinaria e in assenza del Parlamento. Secondo il Governo, tali Atti Amministrativi sarebbero sorretti da 2 Decreti Legge il n. 6 e il numero 19 del 2020; il secondo è migliore del primo, posto che almeno non è una norma in bianco, decreti a loro volta giustificati dallo Stato di Emergenza dichiarato il 31 gennaio 2020.
Peccato, però, che la nostra Costituzione non preveda lo Stato di Emergenza, ma solo quello di guerra che, comunque, deve essere dichiarato dal Parlamento e non con delibera del Governo. Tra l’altro lo Stato di Emergenza è stato dichiarato sulla scorta del D. Lgs. n. 1/2018, il cosiddetto Codice di Protezione Civile che è una Legge ordinaria, quindi non di rango costituzionale e, fra l’altro, disciplina i casi di emergenza da terremoto e disastri analoghi, ma non la pandemia.
È di tutta evidenza, dunque, che gli Atti Amministrativi sinora emessi non rispettano la gerarchia delle fonti normative e sono di dubbia costituzionalità. Ora, una tale situazione se era per così dire “giustificabile” al principio della pandemia, quando tutto era da fare e c’era una reale urgenza di intervento, non lo è più dopo oltre 2 mesi.
Condivisibile, a mio modo di vedere, è stata la scelta di chiudere tutto allorquando l’influenza da Covid 19 è sfuggita di mano e ha mietuto vittime su vittime ogni giorno, senza controllo, sia perché non vi era una conoscenza della malattia e del suo decorso e quindi delle migliori modalità di intervento, sia perché la nostra Sanità maltrattata nel corso degli anni ha impiegato un po’ di tempo a reagire. Tuttavia, come spesso avviene in Italia dove i meriti dei singoli, reggono le sorti di tutti, anche questa volta ci è andata bene ed i Medici ed il Personale Sanitario e le Associazioni hanno reagito al meglio, salvando il salvabile.
Non uscire di casa per non contagiare ovvero non ammalarsi, per non intasare gli Ospedali, è stata la decisione migliore. Era la fase acuta della pandemia. Ora pero tale decisone non è più attuale, va ripensato l’isolamento sociale nella forma più dura.
Senza nemmeno sottovalutare che l’isolamento di Wuhan non era dell’intera nazione cinese, ma di una parte limitata. Se i contagiati sono ancora fuori di controllo in talune regioni, si abbia il coraggio di tenere chiusi i confini di quelle regioni e di far rimanere quelle regioni in fase 1, senza portare in una presunta fase 2, piuttosto definibile fase 1,5, l’intera Nazione in maniera indistinta.
Si consideri, inoltre, che ci si sta attrezzando in ogni dove per lavorare in sicurezza come ha fatto la Sevel di Atessa il 27 aprile 2020. Mi risulta, altresì, che allo stato attuale oltre all’utilizzo di eparina, siano stati autorizzati e avviati 9 studi clinici sperimentali su farmaci: Studio Randomizzato OMS, somministrazione precoce di idrossiclorichina, Sarilumab, Tocilizumab di 3 tipologie, Remdesivir di 2 tipologie, Emapalumab/Anakinra e che tali medicinali consentono di bloccare il decorso della malattia e, pertanto, di evitare che il paziente arrivi in rianimazione a causa della polmonite bilaterale.
Ho evidenze del fatto che vi siano altri farmaci o protocolli attivabili per limitare gli effetti nefasti di questa influenza ma che tali protocolli non vengono attivati. Se ciò si verifichi a causa di ostacoli frapposti da una burocrazia snervante e pletorica, essa va subito eliminata alla radice, considerato il frangente della pandemia e lo stato di emergenza, cosicché il farmaco o il protocollo utile vengano usati al più presto per sconfiggere o attutire gli effetti del Covid 19.
Abbiamo potuto limitare la Costituzione. Possiamo tranquillamente tagliare la burocrazia a causa dell’emergenza da pandemia. E dicendolo a voce molto bassa aggiungo che una campagna a tappeto di tamponi ci avrebbe aiutato non poco.
Concludo, quindi, ritenendo che le attività e la vita di tutti debbano essere riavviate al più presto, valuto, pertanto, solo pie esortazioni le date fornite a voce su una ulteriore apertura in data 18 maggio e 1 giugno 2020, date revocabili in ogni momento a fronte di un cambiamento di fatti e circostanze.
Neppure dobbiamo contare troppo sui vaccini, sempre utili per carità, non sempre efficaci, però, al mutare del ceppo influenzale. Ciò che conta è che ora, con i farmaci esistenti, non si arrivi in terapia intensiva e, quand’anche vi sia un forte contagio, il pericolo torni ad essere “accettabile”.
Dobbiamo imparare a convivere con il virus dopo questa prima fase. Oggi ognuno dovrebbe avere la libertà, rispettando le regole di distanziamento, protezione ed igiene, di andare a Messa, di andare a lavorare, andare a scuola, andare a fare spesa e poter uscire liberamente di casa.
Deve poter decidere di accompagnare i propri cari al cimitero, potendo così elaborare meglio il lutto, deve poter decidere di assistere un familiare malato in ospedale. Perché tutto ciò che non può essere fatto porta in talune circostanze un dolore insopportabile e talvolta ripugnante.
Diamo fiducia agli Italiani; penso che abbiano dimostrato di meritarla. Il popolo Tedesco è andato in piazza a dimostrare contro le limitazioni della Libertà e per l’attentato alla Costituzione con slogan del tipo: “La Libertà non è tutto, ma senza la Libertà tutto è nulla”.
Ritengo che abbiamo governanti all’altezza della situazione, i quali potranno ponderare nuovamente le decisioni assunte senza la necessità di proteste di piazza, sapendo che tutti possono sbagliare, come loro hanno fatto con il DPCM del 26 aprile 2020, e senza contare sulla paura inoculata a tanti, troppi, al fine di pretendere di aver ragione.
Non tutti hanno una pensione, non tutti hanno sussidi non tutti possono lavorare da casa, non tutti hanno stipendi “garantiti”. Ma chiunque ha diritti. La paura di molti va rispettata, perché è di tutti, ma anche la possibilità di vivere dignitosamente e la possibilità di dare il futuro ai nostri bambini è altrettanto rispettabile.
Avv. Massimo Di Tonto
Assessore del Comune di Pianella