la figlia di Piero e Barbara, la sua tesi di laurea: “I limiti del potere decisionale nella burocratizzazione della pubblica amministrazione: la tragedia di Rigopiano”
Il lavoro che ho deciso di svolgere riguarda l’analisi di una triste vicenda che ha colpito il nostro paese ed in particolare la mia famiglia. A Rigopiano ho perso entrambi i genitori. Da subito, ho vissuto pienamente le mie emozioni ed ho cercato, poco dopo, di canalizzarle in un progetto più grande.
A luglio 2017 mi sono iscritta alla magistrale di scienze politiche, dopo la laurea in Giurisprudenza, proprio perché volevo, a tutti i costi, dare un peso scientifico a ciò che ho sempre sostenuto, ovvero: «I miei genitori non sono morti per una valanga, sono morti per l’ignoranza, l’incoscienza, l’imprudenza, la negligenza di persone che non hanno avuto la coscienza di fare bene il proprio lavoro».
Questo mio personale assunto introduce il lavoro che ho svolto. Avevo già deciso la tematica ancor prima di sostenere il primo esame, ovvero avevo deciso di scrivere la tesi sulla materia del diritto dell’ambiente riguardo la tragedia di Rigopiano. La mia attenzione era infatti focalizzata al mancato rispetto delle norme in materia, e delle normative vigenti, quali:
– l’attività di prevenzione del rischio valanghivo;
– il rispetto delle normative per l’edificazione dell’Hotel Rigopiano;
– le modalità di gestione dell’emergenza neve e della viabilità;
– i ritardi nelle operazioni di soccorso.
Prima della chiusura delle indagini preliminari (23-11-2018), mi sono resa conto che stavo riducendo a mera ovvietà il mio pensiero, perché fare un’analisi da un punto di vista normativo era fuorviante e quasi inutile, considerando anche lo stato attuale del processo penale in corso, al quale il mio elaborato non voleva assolutamente sostituirsi.
Ciò che, invece, ho ritenuto e ritengo fondamentale, non solo nella tesi ma anche dal punto di vista umano ed emotivo, è poter dimostrare, attraverso gli studi di sociologia come sia totale l’incapacità del Potere politico o amministrativo nei processi decisionali della pubblica amministrazione e, purtroppo, la totale tendenza alla non responsabilità etica di chi iperburocratizzando le istituzioni, non le mette al servizio del cittadino.
Come affermava Piero Calamandrei, nel De variis in Parlamento corruptelae modis atque figuris Tractatus, seppur per altra questione, “Questo è un argomento che, per trattarlo col dovuto rispetto, bisognerebbe scriverne in latino; in un latino settecentesco da vecchio trattato di medicina, colla descrizione dei sintomi e varietà della malattia, e qualche bella tavola illustrativa”.
Ho scelto, dunque, nella trattazione, di applicare un metodo scientifico di ricerca, partendo da un’ipotesi e verificandone l’attendibilità, selezionando le diverse tesi che, dal 1800 ai giorni nostri, potevano spiegare la burocratizzazione della pubblica amministrazione. Sia in termini di benefici che di svantaggi, analizzarla alla luce dell’attualità, dimostrando i danni prodotti dal suo eccesso nelle organizzazioni operanti ed anche nella tragedia che ha coinvolto i miei genitori e reso mia sorella e me, orfane.
Sottolineando le molteplici difficoltà della pubblica amministrazione e, ispirandomi alle parole di Calamandrei sopra citate, ho usato qualche “bella” tavola illustrativa per dimostrare come nei fatti avvengono determinate inefficienze e carenze.
Le tavole illustrative sono rappresentate dai print screen che ho estratto dagli atti della Procura della Repubblica di Pescara riguardo i processi in corso, e stanno ad indicare ciò che, teoricamente, lo Stato avrebbe dovuto fare e ciò che, invece, non ha saputo fare, né in maniera preventiva, né durante le fasi del fatto, né nelle fasi successive, ovvero al momento di dare concreto sostegno alle famiglie.
Ad una prima lettura poco attenta e superficiale, mi sembrava quasi che tali estratti giustificassero gli imputati per le palesi incurie e incompetenze, come se il sistema li avesse resi schiavi e perciò colpevoli a prescindere. In realtà i dati dai quali sono partita dimostrano l’esatto contrario, ovvero l’incapacità da parte di politici e burocrati, di pianificare una vera strategia comune, che pur distinta secondo le specifiche competenze, politiche o gestionali, tenga ben presente le finalità alle quali è diretto il loro operato: il benessere e la cura delle istituzioni e quelle del cittadino e della persona.
Piero Di Pietro, mio padre, era un funzionario dell’azienda dei trasporti pubblica abruzzese (TUA). Il 18 gennaio 2017, in una normale giornata di ferie, fino all’ultimo minuto della sua vita ha pensato al suo lavoro: alle 16.30 di quel giorno, ha inviato un sms all’assessore di Loreto Aprutino, chiedendogli di liberare un parcheggio perché l’autobus di linea Pescara-Penne non riusciva a passare. Gli ultimi dieci minuti della sua vita li ha passati ad aiutare persone-utenti nelle prerogative consentite dal suo incarico, è riuscito a far liberare la strada affinché i cittadini potessero usufruire del servizio anche in condizioni meteorologiche incerte. Per lui e per tutti gli altri, la strada non è stata liberata. E quella sarebbe stata la strada della salvezza!
L’etica nello svolgimento del lavoro, così come la passione ed il senso del dovere, dovrebbero formare ogni dipendente pubblico così come l’obiettivo del porsi al servizio della comunità dovrebbe essere il valore aggiunto.
Mio padre, sotto tutti i punti di vista, è stato un vero uomo, un esempio da seguire!
Alla luce di quel suo ultimo gesto, ho ritenuto ancor più ingiustificabili i comportamenti dell’attività dirigenziale ed operativa caratterizzati da incompetenza professionale ed umanamente indifferenti al disagio del prossimo, fino alla derisione ed alla mancanza di compassione verso un universo di uomini e donne che ha visto la propria vita frantumarsi.
Da quelle constatazioni ho proseguito nello studio delle dottrine sociologiche di illustri studiosi, da Weber a Bauman, da Taylor a Merton, da Bezes a Lipsky: li ho raffrontati con razionalità suddividendo il lavoro sotto vari profili:
– nascita ed evoluzione della burocratizzazione, in particolare della pubblica amministrazione;
– genesi dei conflitti di potere dovuti all’ambiguità del rapporto tra burocrazia e la classe politica;
– ruolo dei soggetti e delle relazioni sociali nel sistema organizzativo della pubblica amministrazione;
– inefficienza e inerzia della macchina burocratica della P.A., soprattutto laddove gli uomini e le donne che dovrebbero sostenerla sono privi del tutto, o in gran parte, dell’etica della responsabilità.
Ho visto, quindi, il divario tra i due sistemi, da un lato il servizio pubblico e l’amministrazione pubblica e dall’altro il potere politico. Ciò significa che il potere politico non sarà coinvolto nel modo in cui opera la pubblica amministrazione, ma chiederà anche ai funzionari pubblici per un dovere di discrezione di non assumere un mandato politico, una posizione politica e quindi di stare lontano dal gioco politico.
Il governo non interferisce negli affari amministrativi e, allo stesso modo, l’amministrazione non prende posizione sugli affari politici. Questa è l’idea del “dovere di discrezione”.
Ritorniamo così all’Etica ed alla sua funzione di guida per l’uomo: come deve essere colui al quale è consentito di metter le mani negli ingranaggi della storia?
A mio parere, deve essere un uomo libero! Come dice Mandela, perché assieme alle libertà vengono anche le responsabilità!!
Alla base del servizio pubblico ci sono esigenze di tipo psicologico, da parte degli utenti, che non possono essere soddisfatte né da leggi, né da procedure ma a cui bisogna dare particolare rilevanza per fornire delle risposte adeguate.
E la mia conclusione sull’azione della pubblica amministrazione all’emergenza di Rigopiano e al conseguenziale fallimento, risalgono proprio ad una procedura mal fatta, non fatta, non dichiarata e intenzionalmente evasa per non adottare i procedimenti di emergenza previsti per le valanghe.
Un intervento che dia impulso ad un cambiamento efficace deve puntare più sul versante psicologico che su quello strutturale, ponendo come punto di partenza e come fine la cura e il benessere dell’utenza. Si deve mettere in atto un passaggio dalla priorità della norma alla priorità della mentalità, senza abolire la funzione delle strutture, ma perfezionandola con climi e mentalità adeguate.
Bisogna educare alla responsabilità i giovani, prima che diventino grandi e sordi.
L’etica non va intesa come un valore astratto, ma proviene da processi educativi e dagli esempi dai quali i giovani, ma non solo loro, possono attingere.
É necessario sviluppare un nuovo senso di solidarietà ed un nuovo umanesimo che, al di là della retorica e di un finto buonismo,ponga le fondamenta di una società cosmopolita.
Educare all’etica è importante, un allenamento continuo a rispettare l’altro, a rispettare se stessi. Occorre farlo adesso.
La valanga che ha reso me e mia sorella orfane non è stata quella della neve, bensì quella dei meccanismi difettosi della burocratizzazione del pubblica amministrazione. Difettosi, non solo nelle lotte di potere tra la classe politica e i funzionari della pubblica amministrazione, ma nella questione del metodo di pianificazione, attuazione, verifica, correzione e ottenimento del risultato.
Vi è stata, a Rigopiano, l’incapacità di gestire il proseguirsi degli eventi, di osservarli, individuarli e risolverli così come è mancata, e manca, la volontà di sedersi attorno ad un tavolo per programmare e definire responsabilità e corresponsabilità nella funzione di controllo.
L’azione dell’amministrazione è più orientata alla difesa del proprio operato che alla risoluzione dei problemi, preferisce segmentare le proprie attività attraverso provvedimenti amministrativi più formali che sostanziali, ma senza nessuna effettiva capacità di ricercare soluzioni concrete ed ottimali. Ne esce una sorta di de-responsabilizzazione permanente.
Questa caratterizzazione negativa emerge già nell’esercizio delle proprie funzioni ordinarie nelle quali i rilievi mossi coinvolgono sia i singoli sia il lavoro di squadra. Quando poi analizziamo i casi non più ordinari, bensì quelli straordinari e quindi di emergenza, la situazione non può che peggiorare e portare ad una paralisi statica dell’intero sistema.
Non esistono comunicazione, interazione, protocolli reali e fattibili di procedure snelle che possano essere realizzate per risolvere tanto le piccole problematiche quanto le emergenze.
La responsabilità della politica, è quella di occuparsi dei risultati immediati che coincidono con i termini di durata del mandato elettorale, rinunciando alla pianificazione della destinazione delle risorse finanziarie e a strategie che superino tale orizzonte.
A dimostrazione di questo, la pubblicazione nel mio lavoro degli atti della Procura della Repubblica di Pescara dai quali si evince come ci sia stata anche la non interpretazione dello svolgimento del proprio lavoro.
Ci sono lavori e lavori, e quando si lavora a contatto con le persone, non si ha a che fare con dei mattoni, si ha a che fare con le anime.
“Assicuratevi di avere le mani pulite prima di toccare il cuore di una persona” diceva una grande artista.
Laddove lo stato è al servizio del singolo cittadino e risponde alle sue esigenze, siano esse ordinarie, particolari o del tutto folli, ci si aspetta comunque preparazione, competenza, capacità di ascolto e di mediazione, gentilezza e solerzia, ci si aspetta una risposta concreta. Questo elaborato ha voluto dimostrare, per quanto possibile, che l’amministrazione, in particolare quella pubblica, non è stata in grado di programmare e prevenire, organizzare e fare, verificare e valutare, i fatti del gennaio 2017, né a livello politico, né a livello amministrativo, né tantomeno a livello umano.
Per la mia tesi ho scelto il colore Bianco, per onorare la Neve, un bellissimo evento atmosferico. La valanga, seppur distruttiva, in molti casi, è un fenomeno del tutto naturale, e lo è stato anche quel 18 gennaio.
È il resto che fu del tutto innaturale!