Io, Federica Di Pietro, orfana di Stato vi spiego il perché

la figlia di Piero e Barbara, la sua tesi di laurea: “I limiti del potere decisionale nella burocratizzazione della pubblica amministrazione: la tragedia di Rigopiano”

Il lavoro che ho deciso di svolgere ri­guarda l’analisi di una triste vicenda che ha colpito il nostro paese ed in particolare la mia famiglia. A Rigopiano ho perso entrambi i ge­nitori. Da subito, ho vissuto pienamen­te le mie emozioni ed ho cercato, poco dopo, di canalizzarle in un progetto più grande.

A luglio 2017 mi sono iscritta alla magistrale di scienze politiche, dopo la laurea in Giurisprudenza, proprio per­ché volevo, a tutti i costi, dare un peso scientifico a ciò che ho sempre soste­nuto, ovvero: «I miei genitori non sono morti per una valanga, sono morti per l’ignoranza, l’incoscienza, l’impruden­za, la negligenza di persone che non hanno avuto la coscienza di fare bene il proprio lavoro».

Questo mio personale assunto in­troduce il lavoro che ho svolto. Avevo già deciso la tematica ancor prima di sostenere il primo esame, ovvero ave­vo deciso di scrivere la tesi sulla mate­ria del diritto dell’ambiente riguardo la tragedia di Rigopiano. La mia atten­zione era infatti focalizzata al mancato rispetto delle norme in materia, e delle normative vigenti, quali:

– l’attività di prevenzione del rischio valanghivo;

– il rispetto delle normative per l’e­dificazione dell’Hotel Rigopiano;

– le modalità di gestione dell’emer­genza neve e della viabilità;

– i ritardi nelle operazioni di soccor­so.

Prima della chiusura delle indagini preliminari (23-11-2018), mi sono resa conto che stavo riducendo a mera ov­vietà il mio pensiero, perché fare un’a­nalisi da un punto di vista normativo era fuorviante e quasi inutile, conside­rando anche lo stato attuale del pro­cesso penale in corso, al quale il mio elaborato non voleva assolutamente sostituirsi.

Ciò che, invece, ho ritenuto e riten­go fondamentale, non solo nella tesi ma anche dal punto di vista umano ed emotivo, è poter dimostrare, attra­verso gli studi di sociologia come sia totale l’incapacità del Potere politico o amministrativo nei processi decisio­nali della pubblica amministrazione e, purtroppo, la totale tendenza alla non responsabilità etica di chi iperburocra­tizzando le istituzioni, non le mette al servizio del cittadino.

Come affermava Piero Calaman­drei, nel De variis in Parlamento cor­ruptelae modis atque figuris Tractatus, seppur per altra questione, “Questo è un argomento che, per trattarlo col dovuto rispetto, bisognerebbe scriver­ne in latino; in un latino settecentesco da vecchio trattato di medicina, colla descrizione dei sintomi e varietà della malattia, e qualche bella tavola illu­strativa”.

Ho scelto, dunque, nella trattazio­ne, di applicare un metodo scientifico di ricerca, partendo da un’ipotesi e ve­rificandone l’attendibilità, selezionan­do le diverse tesi che, dal 1800 ai giorni nostri, potevano spiegare la burocra­tizzazione della pubblica amministra­zione. Sia in termini di benefici che di svantaggi, analizzarla alla luce dell’at­tualità, dimostrando i danni prodotti dal suo eccesso nelle organizzazioni operanti ed anche nella tragedia che ha coinvolto i miei genitori e reso mia sorella e me, orfane.

Sottolineando le molteplici difficol­tà della pubblica amministrazione e, ispirandomi alle parole di Calamandrei sopra citate, ho usato qualche “bella” tavola illustrativa per dimostrare come nei fatti avvengono determinate inef­ficienze e carenze.

Le tavole illustrative sono rappre­sentate dai print screen che ho estrat­to dagli atti della Procura della Re­pubblica di Pescara riguardo i processi in corso, e stanno ad indicare ciò che, teoricamente, lo Stato avrebbe dovu­to fare e ciò che, invece, non ha sapu­to fare, né in maniera preventiva, né durante le fasi del fatto, né nelle fasi successive, ovvero al momento di dare concreto sostegno alle famiglie.

Ad una prima lettura poco attenta e superficiale, mi sembrava quasi che tali estratti giustificassero gli imputati per le palesi incurie e incompetenze, come se il sistema li avesse resi schiavi e perciò colpevoli a prescindere. In re­altà i dati dai quali sono partita dimo­strano l’esatto contrario, ovvero l’inca­pacità da parte di politici e burocrati, di pianificare una vera strategia comune, che pur distinta secondo le specifiche competenze, politiche o gestionali, tenga ben presente le finalità alle quali è diretto il loro operato: il benessere e la cura delle istituzioni e quelle del cit­tadino e della persona.

Piero Di Pietro, mio padre, era un funzionario dell’azienda dei trasporti pubblica abruzzese (TUA). Il 18 gen­naio 2017, in una normale giornata di ferie, fino all’ultimo minuto della sua vita ha pensato al suo lavoro: alle 16.30 di quel giorno, ha inviato un sms all’as­sessore di Loreto Aprutino, chieden­dogli di liberare un parcheggio perché l’autobus di linea Pescara-Penne non riusciva a passare. Gli ultimi dieci mi­nuti della sua vita li ha passati ad aiu­tare persone-utenti nelle prerogative consentite dal suo incarico, è riuscito a far liberare la strada affinché i cittadini potessero usufruire del servizio anche in condizioni meteorologiche incerte. Per lui e per tutti gli altri, la strada non è stata liberata. E quella sarebbe stata la strada della salvezza!

L’etica nello svolgimento del lavo­ro, così come la passione ed il senso del dovere, dovrebbero formare ogni dipendente pubblico così come l’obiet­tivo del porsi al servizio della comunità dovrebbe essere il valore aggiunto.

Mio padre, sotto tutti i punti di vi­sta, è stato un vero uomo, un esempio da seguire!

Alla luce di quel suo ultimo gesto, ho ritenuto ancor più ingiustificabili i comportamenti dell’attività dirigen­ziale ed operativa caratterizzati da incompetenza professionale ed uma­namente indifferenti al disagio del prossimo, fino alla derisione ed alla mancanza di compassione verso un universo di uomini e donne che ha vi­sto la propria vita frantumarsi.

Da quelle constatazioni ho prose­guito nello studio delle dottrine socio­logiche di illustri studiosi, da Weber a Bauman, da Taylor a Merton, da Bezes a Lipsky: li ho raffrontati con raziona­lità suddividendo il lavoro sotto vari profili:

– nascita ed evoluzione della buro­cratizzazione, in particolare della pub­blica amministrazione;

– genesi dei conflitti di potere dovu­ti all’ambiguità del rapporto tra buro­crazia e la classe politica;

– ruolo dei soggetti e delle relazioni sociali nel sistema organizzativo della pubblica amministrazione;

– inefficienza e inerzia della mac­china burocratica della P.A., soprattut­to laddove gli uomini e le donne che dovrebbero sostenerla sono privi del tutto, o in gran parte, dell’etica della responsabilità.

Ho visto, quindi, il divario tra i due sistemi, da un lato il servizio pubblico e l’amministrazione pubblica e dall’al­tro il potere politico. Ciò significa che il potere politico non sarà coinvolto nel modo in cui opera la pubblica ammini­strazione, ma chiederà anche ai fun­zionari pubblici per un dovere di discre­zione di non assumere un mandato politico, una posizione politica e quindi di stare lontano dal gioco politico.

Il governo non interferisce negli affari amministrativi e, allo stesso modo, l’amministrazione non prende posizione sugli affari politici. Questa è l’idea del “dovere di discrezione”.

Ritorniamo così all’Etica ed alla sua funzione di guida per l’uomo: come deve essere colui al quale è consentito di metter le mani negli ingranaggi della storia?

A mio parere, deve essere un uomo libero! Come dice Mandela, perché assieme alle li­bertà vengono anche le responsabilità!!

Alla base del ser­vizio pubblico ci sono esigenze di tipo psi­cologico, da parte degli utenti, che non possono essere soddi­sfatte né da leggi, né da procedure ma a cui bisogna dare particola­re rilevanza per fornire delle risposte adegua­te.

E la mia conclusione sull’azione della pub­blica amministrazione all’emergenza di Rigo­piano e al conseguen­ziale fallimento, risal­gono proprio ad una procedura mal fatta, non fatta, non dichia­rata e intenzionalmen­te evasa per non adot­tare i procedimenti di emergenza previsti per le valanghe.

Un intervento che dia impulso ad un cambiamento efficace deve pun­tare più sul versante psicologico che su quello strutturale, ponendo come punto di partenza e come fine la cura e il benessere dell’utenza. Si deve met­tere in atto un passaggio dalla priorità della norma alla priorità della men­talità, senza abolire la funzione delle strutture, ma perfezionandola con cli­mi e mentalità adeguate.

Bisogna educare alla responsabilità i giovani, prima che diventino grandi e sordi.

L’etica non va intesa come un valore astratto, ma proviene da processi edu­cativi e dagli esempi dai quali i giovani, ma non solo loro, possono attingere.

É necessario sviluppare un nuo­vo senso di solidarietà ed un nuovo umanesimo che, al di là della retorica e di un finto buonismo,ponga le fon­damenta di una società cosmopolita.

Educare all’etica è importante, un allenamento continuo a rispettare l’al­tro, a rispettare se stessi. Occorre farlo adesso.

La valanga che ha reso me e mia sorella orfane non è stata quella del­la neve, bensì quella dei meccanismi difettosi della burocratizzazione del pubblica amministrazione. Difetto­si, non solo nelle lotte di potere tra la classe politica e i funzionari della pubblica amministrazione, ma nella questione del metodo di pianificazio­ne, attuazione, verifica, correzione e ottenimento del risultato.

Vi è stata, a Rigopiano, l’incapacità di gestire il proseguirsi degli eventi, di osservarli, individuarli e risolverli così come è mancata, e manca, la volon­tà di sedersi attorno ad un tavolo per programmare e definire responsabilità e corresponsabilità nella funzione di controllo.

L’azione dell’amministrazione è più orientata alla difesa del proprio ope­rato che alla risoluzione dei problemi, preferisce segmentare le proprie atti­vità attraverso provvedimenti ammi­nistrativi più formali che sostanziali, ma senza nessuna effettiva capacità di ricercare soluzioni concrete ed otti­mali. Ne esce una sorta di de-respon­sabilizzazione permanente.

Questa caratterizzazione negativa emerge già nell’esercizio delle proprie funzioni ordinarie nelle quali i rilievi mossi coinvolgono sia i singoli sia il la­voro di squadra. Quando poi analizzia­mo i casi non più ordinari, bensì quelli straordinari e quindi di emergenza, la situazione non può che peggiorare e portare ad una paralisi statica dell’in­tero sistema.

Non esistono comunicazione, in­terazione, protocolli reali e fattibili di procedure snelle che possano essere realizzate per risolvere tanto le piccole problematiche quanto le emergenze.

La responsabilità della politica, è quella di occuparsi dei risultati imme­diati che coincidono con i termini di durata del mandato elettorale, rinun­ciando alla pianificazione della desti­nazione delle risorse finanziarie e a strategie che superino tale orizzonte.

A dimostrazione di questo, la pub­blicazione nel mio lavoro degli atti del­la Procura della Repubblica di Pescara dai quali si evince come ci sia stata an­che la non interpretazione dello svolgi­mento del proprio lavoro.

Ci sono lavori e lavori, e quando si lavora a contatto con le persone, non si ha a che fare con dei mattoni, si ha a che fare con le anime.

“Assicuratevi di avere le mani pulite prima di toccare il cuore di una perso­na” diceva una grande artista.

Laddove lo stato è al servizio del singolo cittadino e risponde alle sue esigenze, siano esse ordinarie, par­ticolari o del tutto folli, ci si aspetta comunque preparazione, competenza, capacità di ascolto e di mediazione, gentilezza e solerzia, ci si aspetta una risposta concreta. Questo elaborato ha voluto dimostrare, per quanto possibi­le, che l’amministrazione, in particola­re quella pubblica, non è stata in grado di programmare e prevenire, organiz­zare e fare, verificare e valutare, i fatti del gennaio 2017, né a livello politico, né a livello amministrativo, né tanto­meno a livello umano.

Per la mia tesi ho scelto il colore Bianco, per onorare la Neve, un bellis­simo evento atmosferico. La valanga, seppur distruttiva, in molti casi, è un fenomeno del tutto naturale, e lo è stato anche quel 18 gennaio.

È il resto che fu del tutto innaturale!

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