“Fra tutti i dati relativi alla catastrofica situazione della sanità nazionale e regionale messi nero su bianco sull’ultimo rapporto della Fondazione Gimbe ufficializzato nei giorni scorsi, quello forse più impressionante è il numero degli abruzzesi che rinunciano alle cure, una percentuale del 9,2 per cento che, tradotto in numeri, significa almeno 120.704 abruzzesi che, per ragioni economiche, l’anno scorso non sono riusciti a intraprendere un percorso né di prevenzione, ma soprattutto di cure.
È un numero imponente che non può restare una statistica, perché parliamo del diritto alla salute e alla cura di ognuno che non può restare inevaso. Per questa ragione mi farò promotore di una risoluzione indirizzata al presidente Marsilio e all’esecutivo regionale per sapere se esistono azioni volte alla riduzione di tale numero e, se no, cosa intende fare la Regione per intervenire. Non possiamo restare con le mani in mano”, così il consigliere regionale Pd Antonio Di Marco annunciando l’iniziativa.
“I 120.000 abruzzesi costretti dalle proprie condizioni economiche a non curarsi, sono parte dei quasi 4,5 milioni di connazionali che hanno rinunciato alle cure – illustra Di Marco – questo perché in un solo anno è aumentata di più del 10,3 per cento la spesa che gli italiani sostengono di tasca propria (out of pocket) per le prestazioni sanitarie di cui hanno bisogno. In pratica nel solo 2023, si legge nel rapporto, si registra un’impennata significativa della spesa sanitaria nazionale a carico dei cittadini pari a 3.806 milioni di euro rispetto al 2022.
l’incremento più rilevante riguarda la spesa per assistenza sanitaria per cura eriabilitazione (+2.760 milioni di euro) e quella per prodotti farmaceutici e altri apparecchiterapeutici (+2.503 milioni di euro), seppur con andamenti differenti.Tutto questo, unito alla crescente difficoltà economica derivante da crisi, perdita del lavoro, di contratti e varie altre cause, ci ha portato ad essere la quarta regione del Paese per persone che rinunciano alle cure, con una percentuale del 9,2, alta poco meno di due punti rispetto alla media nazionale, ma che si traduce in una cifra totale impressionante.
È come se un’intera città abruzzese di 120.000 abitanti, ad esempio, per numerosità, Pescara, non avesse la possibilità di curarsi e rinunciasse a farlo, con tutte le conseguenze che ciò comporta in termini di peggioramento della qualità della vita, premorienza, dolore e disagio e l’aspettativa di vita dell’83 per cento, che ci colloca di poco sotto alla media nazionale che è all’83,1 per cento.
Il trend si è affermato in modo deciso negli ultimi anni, quelli di governo del centrodestra, per questo è importante sapere cosa la Regione abbia messo in campo per evitare quello che è di fatto un fallimento per la governance della sanità pubblica ed è anche un’onta a livello europeo, oltre che nazionale, perché purtroppo ci sono luoghi italiani dove il fenomeno è contenuto (il rapporto conferma che la maggiore percentuale di rinunce è nel centro Italia, che ha l’8,8 per cento di famiglie che abbandonano).
Tutto ciò è inaccettabile e lo è decisamente per una regione che si era detta “modello” per la sanità, salvo poi scoprire debiti, conti in rosso e crollo di prestazioni e servizi come si è rivelato l’Abruzzo. Ma in particolar modo lo è per una comunità che costituzionalmente deve poter avere accesso e vedersi assicurato dalle istituzioniuno dei diritti più importanti, quello alla salute”.