Sabato 18 maggio, al Teatro L.De Deo di Loreto Aprutino, Francesco Di Pietro ha presentato “in prima” il suo libro Carlo Bonfiglio, la (vera)storia, insieme ad Aleardo Rubini, che ne ha curato la prefazione e Gianfranco Buccella, colui che raccolse l’invito dei commilitoni di Bonfiglio, affinchè il racconto del gruppo di avieri trasferiti a Loreto Aprutino, all’indomani dell’Armistizio dell’8 settembre 1943, non si perdesse nell’oblìo.
Saluto commosso del Sindaco Renato Mariotti, mentre nel libro vengono riportati anche i brani del diario di Camillo Acconciamessa, nonno dell’attuale vice sindaco Federico. C’è un intero paese chiamato ad intrecciare radici. Assenti ma presenti, tanti amici che, nel susseguirsi della storia contemporanea, hanno contribuito affinchè le tracce di sangue si disperdessero nelle gocce di memoria legata agli avvenimenti della Seconda Guerra Mondiale: Mauro Soccio, Corrado Coletta, Bruno Passeri e tanti altri che, citati nel libro, divengono essi stessi pietre da continuare a levigare nel futuro.
Un libro intenso che inserisce, nei fatti della grande storia, gli ultimi mesi di vita del pilota dell’Ippogrifo, un ragazzo sfortunato e beffato dal destino, sottolinea Di Pietro, perché morì l’11 giugno 1944, due giorni prima del ritiro delle truppe tedesche dall’Abruzzo. Fucilato a Colle Stella, frazione di Penne, non prima di esser costretto a scavarsi la buca. Tra il pubblico anche l’ex Sindaco Mario Semproni. Nel libro, del resto, vengono ricordati e citati i fratelli Di Michele, uccisi a Penne il 26 maggio 1944.
La presentazione, ospitata nel tempio della verità quale è la finzione teatrale, è stata introdotta da Lucia De Luca, attrice, che ha interpretato il testo de La ballata di Maria Sanders, di Bertolt Brecht, ispirato ad un fatto di cronaca accaduto a Norimberga dove i tedeschi uccisero la giovane perché si rifiutava di lasciare il suo innamorato, ebreo e con i capelli troppo neri. La similitudine tra i due casi dirotta il taglio della discussione e permette di racchiudere il messaggio per il quale non resti vano il sacrificio: non esistono guerre giuste, tantomeno dittature necessarie. E i ricordi, attraverso una loro ricostruzione culturale, servono a delineare la memoria della comunità come monito e spirito guida. Il più grande: il coraggio di disobbedire per la libertà. Perché, sottolinea Sabrina De Luca, nell’introduzione alla conversazione, la banalità del male di cui ci parla l’Arendt è quanto si tocca con mano nei piccoli racconti della guerra. Pensate a Carlo che, seppur amato e accolto dai loretesi, da quelle stesse brave persone non è stato salvato. Racconta il dott. Alessandro Lepore, all’epoca dei fatti appena tredicenne, che mentre il povero ragazzo veniva portato verso l’abitazione dove avrebbero dovuto verbalizzare il suo arresto, gridasse a squarciagola ” Salvatemi, salvatemi“. Le parole di Brecht appena ascoltate scuotono emozioni: Dio del Cielo, chi ha occhi per vedere ha già capito che cosa accadrà. Tutti sapevano cosa sarebbe accaduto. Ecco gli effetti più strazianti della guerra: tutto quell’amore e quella solidarietà che Carlo aveva ricevuto dal paese, viene violentato e fatto a brandelli dalla violenza e dalla paura. Ecco perché non è superfluo dire ogni giorno di essere antifascisti, antinazisti, antitotalitaristi. Per non permettere più a nessuno di strapparci dalla quotidianità delle piccole cose che ci rendono liberi di scegliere, assumendoci la responsabilità personale e morale.
Il libro di Francesco Dì Pietro restituisce, alla breve vita di un ventenne, la dignità di una Grande Storia, riporta l’amore a vincere: lo fa supportandone gli oneri economici e di impegno personale. Proprio come Brecht fa con Maria Sanders. Non si scandalizzino i più per l’accostamento ardito: se c’è una cosa che ci ha insegnato Carlo è che i gesti di bene sono solo grandi mentre il male, nelle sue dimensioni, ha un milione di sfumature.
L’appuntamento con Francesco, Aleardo e Gianfranco si chiude con uno scoop dell’ultimo minuto: Luciano Gelsumino, ricercatore storico e punto di riferimento de Lacerba e di tutto il mondo editoriale abruzzese, consegna nelle mani di Francesco, un documento attestante il certificato di morte dii Carlo Bonfiglio e di sua mamma avvenuta quando il ragazzo aveva appena 16 anni. Un tassello che mancava, una ulteriore traccia che viene ricostruita e che riaccende lo sguardo. La ricerca storica non finisce mai, è un viaggio che è meta esso stesso. Da domani si ritorna al lavoro. L’obiettivo è mettere naso e cuore nella vita di quelli che morirono sotto le bombe che colpirono il trenino della linea Penne-Pescara. Ricordate la lezione del Professor Enzo Fimiani? Loreto Aprutino come Dresda del 1945. Lasciamo ai grandi manuali distinguere tra morti militari e morti civili, lasciamo alla storia l’arduo compito di essere o non essere maestra di vita, a noi restano gli artigiani della memoria e per tutti gli anni che si assottigliano, a loro diremo sempre GRAZIE!
S.d.L.