Malasanità, il caso limite di un paziente in coma da un anno e privato della possibilità di svolgere un adeguato percorso riabilitativo

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO – Questa mattina abbiamo convocato questa conferenza stampa per illustrarvi un caso emblematico di malasanità che da quasi un anno ormai sta interessando una famiglia della Provincia di Pescara. Parliamo nello specifico di un uomo di 54 anni appena compiuti, che lo scorso 20 giugno ha subito un arresto cardiaco e da allora permane in stato di coma a fronte di un servizio sanitario regionale che non sembra in grado di garantirgli il conseguente e previsto percorso riabilitativo, né un adeguato ricovero.

Terremo riservate le generalità. Nei giorni scorsi mi ha contattato sua moglie, che dalla scorsa estate, barcamenandosi con enormi difficoltà tra attività lavorativa e cura dei figli, sta continuando ad assisterlo macinando chilometri su chilometri e scontrandosi con un sistema che non perde occasione per dimostrare le sue criticità e lentezze, lasciando spesso soli – come in questo caso – i familiari dei pazienti nell’affannosa ricerca di soluzioni e accomodamenti che invece spetterebbero loro di diritto.

 Partiamo dal principio, ovvero dal giugno 2023, quando il paziente in questione, a causa di un arresto cardiaco, entra in coma e viene ricoverato in rianimazione all’ospedale di Chieti.

 L’iter a quel punto prevede l’inizio di un percorso in un centro per la riabilitazione intensiva specializzata. Nella nostra Regione esistono solo pochissime strutture adibite allo scopo e adeguate alle condizioni cliniche del paziente. Strutture che tuttavia non hanno disponibilità, così il paziente il 21 settembre 2023 su indicazione della Asl, è costretto a recarsi fuori regione, precisamente a Fontanellato, a pochi chilometri da Parma, nel Centro Cardinal Ferrari, dietro ampia assicurazione, da parte della stessa Asl e anche dell’assessore Verì – contattata personalmente dalla moglie dell’uomo – di un agevole rientro in Abruzzo una volta terminata questa prima e specifica fase del percorso riabilitativo.

 Per circa due mesi, quindi, con enormi disagi e spese ingenti, la moglie lo raggiunge settimanalmente a Parma per seguire gli sviluppi del percorso specifico, che prosegue senza intoppi anche per merito dell’efficienza della clinica emiliana. Poi quando a metà novembre arriva il momento di rientrare in Abruzzo, si scopre che il trasferimento, diversamente da quanto prospettato dall’assessore Verì e dalla Asl, è tutto fuorché una formalità.

 Ancora una volta, infatti, le strutture abruzzesi non sono in grado di ospitarlo, per cui la moglie è costretta ad attivarsi personalmente. Dopo alcune peripezie la signora riesce infine a trovare disponibilità nel centro di riabilitazione ad alta intensità “Madonna del Monte” a Bolognano. Nel giro di qualche settimana però le condizioni del marito si complicano, insorgono iperventilazione, setticemia e covid, al punto che il 20 dicembre 2023 viene trasferito d’urgenza al Pronto Soccorso dell’ospedale di Pescara e da qui in prognosi riservata viene spostato nel reparto di Malattie infettive dov’è tutt’ora ricoverato.

Considerata la gravità del quadro clinico, la necessità di assistenza continua e il ricordo delle cure di primo livello offerte in precedenza dalla clinica emiliana, anche una volta stabilizzate le condizioni la signora ha preferito non riportare il marito nella struttura di Bolognano lasciata all’insorgere delle infezioni. Tuttavia, a fronte della rinnovata indisponibilità delle altre strutture, il paziente è rimasto praticamente parcheggiato nel reparto di malattie infettive Covid di Pescara senza avere la possibilità di proseguire e portare a termine il percorso riabilitativo avviato a Parma, finendo anzi per vanificare quanto fatto a suo tempo.

 Solo nei giorni scorsi, dopo 4 mesi e a seguito di reiterate lamentele prima presso il reparto e poi presso la direzione sanitaria, il paziente ha finalmente potuto riprendere la riabilitazione, con un modus operandi però totalmente differente rispetto a quello della clinica emiliana, dato che l’ospedale di Pescara non è dotato di molte delle attrezzature che un percorso riabilitativo valido richiederebbe. Parliamo nello specifico di attrezzature per il recupero della postura, la ginnastica passiva, sollevatori e altri apparecchi per poter lavare accuratamente il paziente. Senza contare che a Pescara i trattamenti vengono svolti solo un paio di volte a settimana.

 Nella giornata di ieri infine è arrivato l’avviso di trasferimento al centro Santo Stefano di Pesaro – Villa Fastiggi. L’ennesima tappa di una via crucis iniziata 6 mesi fa e che comporterà nuovamente spostamenti onerosi per la moglie del paziente. Possibile che ad un anno di distanza dall’arresto cardiaco nessuna struttura abruzzese idonea abbia potuto prendere in carico questo paziente? E al termine del nuovo ricovero dove verrà trasferito?

 Ci chiediamo inoltre perché per il paziente non sia mai stato prospettato il ricovero nel centro regionale del risveglio e di riabilitazione dal coma di Popoli, inaugurato nel dicembre 2022 alla presenza del Ministro Schillaci. La struttura non è adatta alle necessità riabilitative del paziente? Oppure mancano i posti letto, visto che ne sono operativi solo 6 dei 12 previsti?

 La signora ha il merito di non essersi mai arresa, ha continuato strenuamente a rivendicare i propri diritti anche quando i medici a febbraio le hanno fatto intendere che non ci fosse più nulla da fare, che il soggetto non fosse più riabilitante e ormai in fase di decerebrazione.

È inconcepibile che un padre di famiglia cinquantenne possa essere privato della possibilità di recuperare anche solo una parte degli aspetti funzionali del proprio organismo a causa di inefficienze organizzative e di carenze nella programmazione da parte della Regione Abruzzo.

La signora desidera restare accanto al proprio coniuge, ma non ha la possibilità di ospitarlo nella propria abitazione, dato che non può contare su familiari e rischierebbe di perdere il lavoro. Per cui la sua richiesta, di cui mi faccio portavoce, è quella di reperire in Abruzzo una struttura in grado di garantire un processo riabilitativo adeguato che consenta alla moglie di stare vicino al proprio marito ogni giorno e mantenere il suo lavoro.

Questa storia denota le tante difficoltà organizzative e gestionali della sanità abruzzese e richiama ancora una volta la necessità di strutture capaci di prendersi cura di persone colpite da patologie importanti. Una situazione che speriamo, anche a seguito della nostra denuncia e al coraggio di chi l’ha portata alla luce, possa trovare presto una svolta positiva e prossima, garantendo al paziente il diritto a ricevere tutti i trattamenti necessari e restituendo ai familiari, che da un anno vedono stravolta la loro esistenza, un po’ di fiducia nel sistema sanitario regionale.

 

 Il Vice Presidente del Consiglio Regionale Antonio Blasioli

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