RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO – In occasione dell’incontro con il professor Federico Gualandi, organizzato dall’Officina dell’onorevole Luciano D’Alfonso, non mi è stato possibile partecipare di persona e ho scritto un intervento che, purtroppo, non si è voluto leggere durante i lavori.
Ho deciso per questo di condividerlo con la stampa, anche perché contiene una serie di riflessioni sui primi passi che sono stati avviati in questi mesi verso la Nuova Pescara.
Il referendum indetto nell’ormai lontano 2014 – politicamente parlando è passata almeno una generazione – chiedeva ai cittadini di unire i comuni di Pescara, Montesilvano e Spoltore come mezzo per ridurre i costi della politica. Un quesito presentato in maniera ingannevole ai cittadini, senza nessun riferimento alle reali ragioni del referendum e soprattutto alle conseguenze legate a quella scelta, in una consultazione elettorale che comprendeva peraltro le elezioni Regionali, Amministrative ed Europee. Dunque senza l’opportunità di creare la giusta attenzione e riflessione su una scelta così delicata. Siamo convinti che unire i nostri tre comuni, e raggiungere a malapena 190 mila abitanti, non porterà nessun beneficio nei trasferimenti da parte dello Stato centrale o dall’Unione Europea.
La città più grande delle tre, Pescara, al momento del referendum partiva con un disavanzo, da coprire attraverso una procedura di riequilibrio, pari a oltre 63 milioni di euro: 7,6 milioni da ripianare in 10 anni (cioè entro il 2024) e i restanti 55,5 milioni nei prossimi 28 anni. Considerato che Spoltore da 40 anni approva bilanci sempre in regola, non comprendiamo le ragioni per cui dovremmo auspicare la rapida realizzazione di un programma di fusione che non gioverà ai cittadini di Spoltore, e probabilmente neppure a quelli di Montesilvano e Pescara. Già dall’unione dei primi servizi (Suap, Cuc, Protezione Civile, Ueam, Statistica) abbiamo riscontato un aumento sensibile delle spese. Va ricordato inoltre che oggi l’Imu e la Tari di Spoltore costano tre volte meno delle stesse tasse a Pescara e che la raccolta differenziata, avviata porta a porta in tutto il nostro territorio fin dal 2007, è stabilmente oltre il 70% e ha portato più volte al riconoscimento di Comune riciclone da parte di Legambiente.
La legge sulle fusioni è nata con l’obiettivo di unire comuni piccoli, e ha dimostrato statisticamente buoni risultati solo quando il comune nato dalla fusione è al di sotto dei 30 mila abitanti. A nostro avviso prima di fondere tre comuni di grande estensione territoriale, ma che assieme non arrivano neanche alla soglia dei 250 mila abitanti che consentirebbe la creazione di una città metropolitana, si dovrebbero unire prima i servizi, verificare la loro efficienza e convenienza, poi proseguire con la fusione come è accaduto in tanti casi per i comuni dell’Emilia Romagna. Abbiamo l’impressione, anzi la certezza, che questa pseudo fusione sia utile solo al Comune di Pescara per occupare il territorio di Spoltore non ancora urbanizzato, con l’obiettivo di delocalizzare tutte le situazioni critiche della città capoluogo.
Negli ultimi dieci anni abbiamo candidato più volte il nostro territorio a ospitare una scuola superiore, l’istituto alberghiero, la caserma dei vigili del fuoco, uno stadio (in zona Cavaticchi), un parcheggio di scambio per alleggerire il centro di Pescara dal traffico e dallo smog. Da parte delle amministrazioni di Pescara e Provincia abbiamo ricevuto risposte sempre negative. Dunque adesso ci chiediamo cosa si voglia fare dei “colli di Spoltore” che il poeta Gabriele D’Annunzio cantava come “sorrisi da gli olivi/dove le donne cantando d’amore/vanno a stormi giulivi…”
Forse è meglio ripensare a questo approssimativo progetto di fusione, e guardare a un progetto più ambizioso che possa unire, non nelle identità, ma nella gestione e nei servizi, oltre a Spoltore, Montesilvano e Pescara anche Francavilla, San Giovanni Teatino, Città Sant’Angelo e addirittura la città di Chieti.
Il presidente del consiglio comunale di Spoltore
Lucio Matricciani