RIGOPIANO, LACCHETTA VA AVANTI

Non si dimette, Ilario Lacchetta. Resta sindaco di Farindola fino alla conclusione del mandato, il secondo, prevista per l’anno prossimo. Non se ne andrà dunque nonostante la condanna a 2 anni e 8 mesi di reclusione per la tragedia dell’Hotel Rigopiano e il suo carico di 29 vittime. Lo fa capire Luca Labricciosa, il suo vice. Lui, il primo cittadino di 36 anni, ingegnere, non commenta la sentenza emanata dal giudice Gianluca Sarandrea.

Preferisce conoscerne le motivazioni entro i prossimi 90 giorni. E poi sicuramente ricorrerà in appello. Nel frattempo, Lacchetta che ha casa a Loreto Aprutino deve pensare a rintuzzare gli attacchi delle parti civili che valgono almeno 2,5 milioni euro a titolo di provvisionale subito esecutiva. Con lui rispondono in solido gli altri due condannati: Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio dirigenti della Provincia. Non rischiano nulla gli enti: l’azione risarcitoria non potrà avere ad oggetto il patrimonio di un piccolo ente come quello di Farindola che conta 1.500 abitanti poiché la responsabilità è solo personale. Secondo la sentenza, il sindaco avrebbe dovuto firmare un’ordinanza di inagibilita’ e di sgombero dell’albergo assediato dalla neve eccessiva. Il 18 gennaio 2017, il giorno del disastro, quando alle 16,49 una valanga di 120 mila tonnellate di neve e detriti a 100 km orari si staccava in silenzio dal monte Siella, il resort era in attività.

Sull’Abruzzo intero pesava un’allerta meteo particolarmente insidiosa. La provinciale 8 che porta all’hotel minuto per minuto diventava un muro bianco. Due giorni prima il bollettino Meteomont annunciava che il rischio valanghe sarebbe salito fino al livello 4. “Il Comune di Farindola non ha mai ricevuto l’allarme valanghe. Solo il bollettino della Protezione Civile sull’arrivo di una forte nevicata”, provo’ nei giorni successivi a spiegare Lacchetta. I bollettini Meteomont sarebbero rimasti nei cassetti della Prefettura e del Centro funzionale della Regione che si scambiavano la responsabilità su chi avrebbe dovuto trasmetterli ai Comuni. Dal 2015, Lacchetta sindaco dal 2014 non li riceveva più. I bollettini di norma sono pubblicati anche sul sito del governo, ma Lacchetta non li poté consultare perché a Farindola mancava la corrente da un giorno e il telefonino agganciava il segnale Gsm solo dalle parti del bivio di Montebello di Bertona, lontano dal Municipio. Ma la commissione valanghe non era convocata dal 2005.

Alle 12,59 Lacchetta a bordo della Fiat comunale raggiunse il bivio illuminato dal Gsm e da lì riuscì a mandare un sms collettivo di allarme. Fra i destinatari il presidente della Regione Luciano D’Alfonso e quello della Provincia Antonio Di Marco. “Abbiamo bisogno di aiuto, tutto il territorio è senza energia elettrica e rete telefonica, tutte le contrade al di sopra dei 500 metri sono completamente isolate, ci sono bambini piccoli ed anziani, abbiamo bisogno di mezzi adatti per questa neve. Per favore fate presto”. All’ora di pranzo il resort non era una pratica aperta. A Pescara si sono convinti che bisognasse inviare a Farindola una turbina spazzaneve.

Un mezzo che tre enti (Prefettura, Regione e Provincia) non riuscivano a trovare, nonostante ce ne fosse uno dell’Anas, un bestione da 500 cavalli modello “Fresia”, impegnato sulla statale 81 a Penne. La Provincia avrebbe potuto disporre di un camioncino Unimog che d’estate taglia l’erba ma dal 7 gennaio era fermo in officina perché servivano 25 mila euro per ripararlo.

Berardo Lupacchini

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