IL “CLOSING TIME” DI MIMMO LOCASCIULLI

Fa riflettere e discutere un post sui social di qualche giorno fa di Mimmo Losciulli, da lui intitolato, appunto, “Closing Time”. Il cantautore abruzzese di Penne, sulla propria pagina Facebook, scrive un lungo monologo ricco di considerazioni sulla propria carriera artistica ed esprime il suo stato d’animo, le sue sensazioni e delusioni dettate dal segno dei tempi, dalla società che cambia. Il cantautore vestino, che in questa società rappresenta un pezzo importante di storia artistica italiana, improvvisamente si dissocia per molti versi da quel mondo cui ha dato molto, tanto, tutta la vita. “Ho ascoltato e riascoltato programmi radiofonici e televisivi, – scrive Locasciulli – ho sviscerato le piattaforme di streaming e download, ho letto le recensioni sulle riviste specializzate, sui quotidiani, sui siti web che in qualche modo si occupano di musica. Volevo capire qual è oggi lo spazio concesso al mio linguaggio musicale, quali le condizioni per conservare una minima visibilità, quale il costo in termini di spesa di me stesso per reggere un confronto con un meccanismo così assordante, così omologante”.

Il linguaggio utilizzato certamente è al passo dei tempi, moderno, fa capire che all’artista non sfugge nulla di quanto innovativo graviti intorno al mondo musicale, ma se ne discosta e non ne accetta i cambiamenti perché intuisce che, di fatto, le forti emozioni dettate dai puri sentimenti dell’animo lasciano il passo ad altri fattori esteriori, di facciata, che sono privi di quegli elementi che sono connaturati nella sua intimità e che hanno caratterizzato le sue creature musicali.

“Il mondo è cambiato – dice infatti Mimmo Locasciulli – e con esso sono cambiati i parametri della percezione del gradimento, dell’identificazione, della conservazione, anche della bellezza. In più, è cambiato il mondo attorno al quale ruotano i meccanismi dell’industria della musica e dello spettacolo; insomma, lo “show business”. Confesso che a volte ho la strana sensazione di scrivere e cantare per una sparuta platea di reduci”.

E ancora, continuando: “Dopo tanti anni di dischi e di concerti non sento più l’appartenenza a questo modello di universo musicale. Confesso di non comprendere le nuove tendenze, forse sono troppo legato alla bellezza di un testo, alla commozione che una melodia può produrre, al trasporto che una voce può evocare”.

Dopo aver rimarcato la sua distanza anche dai meccanismi di una certa discografia, rassicura sul suo rapporto con il suo pubblico che non abbandonerà, al quale comunica la sua nuova linea: “Sarà difficile non rispondere ai toc toc che continueranno a bussare da dentro e quindi so per certo che non smetterò di scrivere e di cantare, di incidere album e di fare concerti. Potrebbe accadere che viene fuori un album di solo musica, o di canzoni popolari o di pezzi scritti da altri autori, o anche di canzoni come quelle che ho scritto finora…. Quello che non farò è mettere tutto nel calderone dei meccanismi promozionali, delle interviste, degli uffici stampa, della radio e della televisione. E non ci sarà alcuna distribuzione ufficiale di dischi…. Chi vorrà potrà raggiungermi sulle mie pagine social, sulle piattaforme di streaming e download e sul palco dei miei concerti. So che starò molto meglio, di certo con compagni giusti”.

E in questi giorni in cui si è celebrata la kermesse sanremese, non resta che augurargli un “Buona Fortuna”, come il titolo di quella canzone che lo vide protagonista a Sanremo del 1985, ricca di quei buoni propositi che hanno sempre caratterizzato la sua lunga carriera d’autore.

Bruno D’Alfonso

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