Un messaggio resta sospeso in una giornata triste “Cara maestra Anna, ho saputo dell’intervento e spero che questo mio messaggio ti trovi in ripresa. Ti abbraccio forte e ti invio i pensieri più belli”. Un messaggio al quale nessun blu colorerà la spunta.
La maestra Anna non c’era già più e la preoccupazione per la degenza in ospedale diventa angoscia e desolazione per un vuoto che si trasforma presto in un lutto collettivo. Accade così nei piccoli paesi, dove ci si conosce tutti, accade così a Loreto Aprutino il giorno 4 dicembre 2022, quando la notizia della morte della maestra Anna si propaga come un grande mare nero che travolge tutti e lascia senza fiato.
Cesare Pavese scrive che un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via, per noi che scriviamo un paese ci vuole per capire esattamente cosa accade quando ad andarsene via sono delle persone speciali. La maestra Anna Di Tonno è una delle tante che mi hanno regalato un aquilone con filo d’acciaio, prima di lei suo zio, il maestro Tommaso Di Tonno che mi prendeva per mano e mi portava al suo doposcuola, in un locale nella Chiesa della Madonna delle Grazie. Lei si era nutrita di quella radice sana, compiendo il passo generazionale, vero ponte di stile dalla scuola ospedale che cura i sani e respinge i malati alla scuola che applica i principi di uguaglianza e pari opportunità per tutti. L’autorevolezza era il registro di quello stile e l’autorevolezza non applica sconti o favorisce scorciatoie.
La maestra Anna conosceva il significato etimologico di ogni parola che usava, conosceva il percorso psicologico dell’ascolto di questa e sapeva che l’unico modo affinché quel tragitto divenisse una scelta consapevole e credibile dei bambini, era di essere rigorosa, soprattutto con se stessa. La scuola doveva essere uno specchio di etica, gli alunni degli angeli, nel significato etimologico greco ἄγγελος di messaggeri di valori, dalle aule alla società perché quest’ultima potesse migliorare. Tutto il resto, che ruotava, vorticava, ciacolava intorno a quel mondo di occhi sgranati e rapiti, era inutile, per lei, se finiva per divenire un “corso lungo e storto di parole” come amava dire citando Manzoni, era inutile tutto ciò che non fosse essenziale alla crescita sana e democratica del pensiero.
Un grande maestro in un piccolo paese non è come un grande maestro di Milano o Roma dove tutto ciò che questi può fare rimane all’interno di una esperienza circoscritta, senza eco né clamori. E quando muore, probabilmente, non si sente nell’aria il vibrare del dolore, come ieri è accaduto a Loreto. La maestra Anna se ne è andata con la stessa eleganza con la quale ha attraversato la terra, in silenzio e senza disturbare nessuno. E questo ci lascia immaginare come, in realtà abbia cambiato solamente classe o abbia avuto un avanzamento di carriera, le trame esequiali non lasciano dubbi “…ti accompagnino gli Angeli …” Le parole sono importanti Maestra Anna!
E sappi che proprio ieri, nell’ascoltare le voci rotte di colleghe, alunni e amici, abbiamo capito che per Loreto Aprutino tu morirai e risorgerai un milione di volte per i prossimi mille anni, ad ogni suono della campanella. ad ogni ricordo del monito che hai fatto tuo e che renderà anche questo nostro scritto passibile di una stroncatura da penna rossa “Eliminate ogni parola che non serve!”.
Sabrina de Luca
LETTERA DI UN MAESTRO ALLA MAESTRA ANNA
in occasione dei funerali e per sempre
Anna, so già cosa mi stai dicendo: “ Sie’ Gianfrà, nni tand allungà!”, detto
in dialetto, quando volevi dar forza alla tua parola. E, soprattutto, se
comincio a parlar bene di te.
Questo primo pensiero mi spinge a paragonare la tua vita professionale
ad una cattedrale gotica con le sue guglie e le sue linee pulite che
puntano in alto. Il gotico per te era uno stile di vita con accentuato
verticalismo. Giammai potrei paragonarti ad una chiesa barocca con tutti i
suoi fronzoli e ghirigori.
L’altro pensiero scaturisce da una tua frase che ripetevi agli alunni
all’uscita dall’aula:
“ Sulla mattonella! ” per inculcare loro il senso dell’ordine e della
disciplina. Un’apparente pretesa, questa, che denotava la coerenza con i
tuoi principi, in ogni caso proporzionale al tuo senso del dovere.
Pretendevi giustamente il massimo perché davi sempre il massimo. Volevi
che anche loro puntassero in alto pur mostrando sempre indulgenza e
tolleranza.
Per i colleghi sei sempre stata un punto di riferimento meritando
ampiamente stima e rispetto che ricambiavi con generosità.
Con i dirigenti sempre rispettosa dei ruoli. Essi rappresentavano per te
L’ISTITUZIONE. Non hai mai alimentato i mugugni della base che da
sempre si levano dal basso a giudicarne e a criticarne le scelte.
Mi fermo qui perché le linee gotiche cominciano ad arricchirsi di parole
barocche e ridondanti che sicuramente ti infastidiscono.
Ciò che non abbiamo ancora imparato da te quaggiù lo farai capire a tutti
noi da lassù, ogni volta che ti penseremo, perché tu continuerai a vivere
nei nostri cuori e ogni ricordo sarà per noi una lezione.
Anna, ti abbraccio per tutti quanti noi.
Gianfranco Buccella