di Leonardo Bianchini
L’Archivio Storico del Comune di Penne. Un’analisi.
L’Archivio Storico del Comune di Penne, in provincia di Pescara, rappresenta, come sottolineato da diversi studiosi che se ne sono occupati, un «caso» al tempo stesso unico e tipico nel suo genere. “Unico” perché in esso è presente una documentazione importante d’età medievale e moderna – di cui si farà cenno in seguito – «fatto inconsueto per un Comune del Mezzogiorno». La città di Penne è stata infatti per secoli uno dei centri più importanti dell’intero Abruzzo: sede vescovile, gastaldato longobardo, teatro della sanguinosa guerra fra angioni e aragonesi per il trono di Napoli e di un devastante assedio, concessa come ducato ad Alessandro de Medici, capitale dei domini dei Farnese in Abruzzo, donati da Carlo V alla figliastra Margherita d’Austria e al marito Ottavio Farnese e infine capoluogo di una delle più settentrionali province del Regno delle Due Sicilie. Insomma, una piccola cittadina a suo modo testimone di secoli di storia.
“Tipico” perché le stesse vicissitudini storiche che sono state appena abbozzate hanno provocato la dispersione e la perdita di buona parte del materiale archivistico che la città conservava, così come accaduto per tantissimi altri archivi. L’assedio e il saccheggio subiti nel XV secolo e il bombardamento del gennaio 1944 – che distrusse oltre al Duomo e alle storiche mura anche l’Archivio comunale – sono da imputare come i principali responsabili di questa dispersione. Lo stato di incuria, abbandono e disordine in cui l’archivio versava già nell’Ottocento, quando alcuni studiosi tedeschi ne visitarono i locali, e ancor di più quando nel 1989 la Sovrintendenza Archivistica per l’Abruzzo ordinò una ricognizione in tutti gli archivi storici comunali della regione, sono invece da imputare alle negligenze delle amministrazioni locali, alla mancanza di personale specializzato nel trattamento di documentazione archivistica e in generale al profondo disinteresse per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio culturale di molti enti locali. Si tratta di una realtà che purtroppo numerosissimi archivi, non solo abruzzesi, ma in generale italiani, condividono. Dislocato in diverse sedi (un ex-mattatoio, il caveau di una banca locale) e “saccheggiato” dei suoi documenti più importanti (in particolare delle lettere autografe di Margherita d’Austria) quando nel 1984 venne istituito il Museo civico diocesano, l’Archivio Storico si trovava in una condizione pessima, a cui si è in parte rimediato nel corso degli anni Duemila, quantomeno riunendo in un’unica sede e riordinando l’intera documentazione, «ad eccezione di alcuni pezzi come i codici, i catasti, le pergamene e gli “Ordini” di Margherita d’Austria, che sono custoditi, per motivi di sicurezza, in un caveau della Banca di credito cooperativo di Castiglione Messer Raimondo».
Il progetto scientifico di ricognizione e ricostruzione dell’Archivio di Penne ebbe inizio sul finire degli anni ’90 dall’incontro fra l’allora sindaco, nonché imprenditore locale, prof. Lucio Marcotullio e la Deputazione Abruzzese di Storia Patria, e non sarebbe stato possibile senza i finanziamenti che il Comune ottenne dalla Brioni Roman Style – uno dei più grandi centri tessili dell’Abruzzo e del Meridione, di cui il suddetto Marcotullio era stato amministratore delegato – e alla preziosa collaborazione degli studiosi dell’Università di Chieti. Per chi scrive, attento osservatore della realtà locale della sua città natale, non è un caso che la diminuzione di studi e ricerche sulla storia di Penne e sul suo Archivio Storico sia coincisa con la crisi che ha colpito la suddetta azienda – rilevata in anni recenti da una holding francese – e la fine dei generosi finanziamenti che essa elargiva per promuovere la valorizzazione e la conservazione del patrimonio storico culturale di Penne e dintorni, attraverso la pubblicazione di libri e raccolte e la realizzazione di mostre e convegni. Questo testimonia ancora una volta, come nelle realtà locali, senza il sostegno di imprese ed enti privati, sia pressoché impossibile, o comunque molto difficile, realizzare iniziative a sostegno della valorizzazione del patrimonio culturale.
Tornando alla consistenza dell’archivio, il suo riordino, per quanto incompleto ha portato all’emersione di una documentazione archivistica importante e che se vagliata criticamente potrebbe offrire spunti di ricerca storica di notevole interesse. Dei secoli XIV-XV si conservano venticinque documenti cartacei (in alcuni casi si tratta di copie redatte in età successiva), che perlopiù riguardano capitoli e concessioni di privilegi alla città di Penne di Giovanna II (regina di Napoli dal 1414 al 1435), l’importante conferma (1442) da parte di Alfonso d’Aragona dei privilegi concessi dalla suddetta regina Giovanna e ancora prima dal re Roberto d’Angiò (1309-43) oltre che di tutti i privilegi da egli stesso concessi, l’ordine di Ferrante d’Aragona (1458-94) affinché a Penne venisse restituito il possesso di Montebello – una località confinante sottratta dagli Aquilani, rivali storici dei Pennesi – e una concessione del 1496 di Re Federico sui capitoli dell’Universitas di Penne. Per quanto riguarda il XVI secolo si conservano trenta lettere autografe di Margherita d’Austria – figlia naturale di Carlo V – rinvenute durante i lavori di riordino, la copia di un privilegio di papa Alessandro II (risalente al 1178), una copia del 1556 di un privilegio concesso da Roberto d’Angiò nel 1327. Gli argomenti delle carte riguardano varie questioni ecclesiastiche, amministrative, feudali e in particolare la disputa che coinvolse Penne e la vicina Atri (TE) circa la rivendicazione del primato della sede vescovile. Tra altri documenti si segnalano una prammatica del viceré di Napoli inerente la giurisdizione del vescovo di Penne, un motu proprio di papa Gregorio XIII (1572-85) e infine una lettera autografa del duca di Parma Ranuccio Farnese.
Sessantadue pezzi sono quelli risalenti ai secoli XVI-XVIII di cui il più importante è senza dubbio il “Codice Catena” contenente «Statuta, capitula, assisie et ordinationes civitatis Pennae», che disciplina gli aspetti della vita e dell’amministrazione della città, di notevole interesse paleografico e codicologico. Sono poi presenti un registro degli ordini di Margherita d’Austria del 1571, i pubblici Parlamenti del 1621, antichi catasti (1600-1639), i conti degli erari (1600-1601 e 1664-1691), libri dei prezzi (dal 1753) e altri documenti di natura amministrativa ed economica a partire dalla metà del Settecento.
Il “pezzo” più importante conservato è però il manoscritto del chierico Nicola Giovanni Salconio il cui titolo è: “Privilegiorum ummunitatum concessionumque tam summorum pontificum quam etiam dominorum imperatorum, regum, reginarum aliorumque principum tam cathedrali ecclesiae quam Universitati Pennensis civitatis concessorum recollecta. Una cum aliquibus annotationibus pro memoria futura dignis ac etiam cum tabula pro faciliori lectoris commoditate, ex Nicolai Ioannis Salconii eiusdem civitatis Pennensis clerici labore”.
Compilato tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento e composto di 426 folii contenenti circa 230 documenti che vanno dall’VIII al XVII secolo, che l’autore dichiara di aver trascritto direttamente dagli originali, il “Codice Salconio” è la prova che esistessero a Penne un archivio cittadino, «validamente costituito e organizzato», e uno vescovile. La maggior parte delle trascrizioni riguardano documenti emanati da imperatori, re e regine a favore della città (Universitas) e della Chiesa di Penne, fra cui vi sono: un «sospetto» diploma di Carlo Magno (764 o 771 o 800) che attribuiva a Penne il ruolo di capoluogo della provincia che va dagli Appennini all’Adriatico, un diploma di Lotario I (837) indirizzato al vescovo, un altro diploma, stavolta di Ottone I (968) che concedeva al vescovo di Penne protezione, immunità fiscale e giudiziaria e il possesso dell’intera città. Vi sono poi privilegi imperiali di Enico VI, Federico II e Corrado IV. I documenti papali (privilegi e bolle) partono dal 1059, anno in cui Nicolò II confermò alla Chiesa pennese i suoi privilegi e arrivano fino al 1539, quando Paolo III riaffermò l’autonomia della Chiesa di Penne da quella della vicina Chieti. Vi sono poi una serie di documenti emanati dai vari vescovi che si sono succeduti e documenti relativi al monastero di S. Bartolomeo di Carpineto (richieste di protezione, conferme papali dei beni monastici).
Va comunque tenuto bene a mente che, data la natura dei recollecta, sarebbe necessario un confronto critico fra le trascrizioni del manoscritto di Salconio e gli eventuali originali presenti nelle cancellerie angioina e aragonese di Napoli. Lo stesso studioso che si è occupato di questa prima indagine sull’Archivio Storico di Penne, il prof. Francesco Mottola, ha infatti attestato come nell’Archivio di Stato di Napoli sia presente un “fondo Penne”, con diverse pergamene riguardanti l’antica Universitas abruzzese. Come afferma il professore dell’Università di Chieti, «se uno o più documenti dovessero essere conosciuti solo grazie alle copie del chierico pennese, allora sarà confermato che il suo lavoro assume il carattere dell’unicità». Questa documentazione ha una portata storica d’eccezione: mancando altre fonti infatti, essa offre la possibilità di ricostruire la rete di relazioni intessuta dalle autorità civili e religiose della città abruzzese con i sovrani angioini e aragonesi di Napoli, con gli Imperatori e con il Papato. Oltre che per gli storici, si tratta di una massa documentaria interessantissima anche per la diplomatica, specie per quanto riguarda la riproduzione dei segni della cancelleria papale e dei suoi sigilli.
A conclusione dell’indagine preliminare sull’Archivio Storico di Penne nel 1998, il prof. Mottola ipotizzò la costruzione di un centro che raccogliesse tutto questo materiale – all’epoca ancora dislocato in varie sedi e in stato di incuria – creando così una concentrazione archivistica che ben pochi comuni avrebbero potuto vantare. A distanza di vent’anni si sono sicuramente raggiunti ottimi risultati per quanto riguarda la conservazione e l’accessibilità (caratteristiche necessarie di ogni archivio): oggi la quasi totalità della documentazione – come riportato nella scheda descrittiva del SIUSA – è concentrata in un’unica sede (l’ex mattatoio) ed è accessibile al pubblico, inoltre alcuni dei documenti sopracitati sono stati digitalizzati e messi a disposizione della cittadinanza. Sul versante della valorizzazione e della ricerca, la grave crisi finanziaria che ha colpito il Comune, la fine dei finanziamenti privati, dovuti alla scomparsa degli imprenditori più legati alla città e al territorio, e in parte il disinteresse delle Università abruzzesi, hanno funto da freno alla realizzazione del progetto ipotizzato dal prof. Mottola. Da segnalare è però il vivo interesse di diversi e volenterosi pennesi, più o meno esperti di storia cittadina, che hanno dato vita a numerosi progetti – fruibili anche online – che mancano tuttavia della scientificità e del metodo che solo le discipline storico-archivistiche sono in grado di fornire.
Bibliografia e sitografia.
R. Laudadio, F. Mottola, Le Carte di Penne. Primi risultati, Deputazione Abruzzese di Storia Patria, L’Aquila,
2001.
F. Mottola, Le pergamene del fondo “Penne” dell’Archivio di Stato di Napoli e un vescovo sconosciuto, Rivista di storia della Chiesa in Italia, luglio-dicembre 2014, Vol. 68, No. 2 pp. 465-482.
Pagina del SIUSA dell’Archivio Storico di Penne: https://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi bin/siusa/pagina.pl?TipoPag=cons&Chiave=6231
Pagina dedica all’Archivio Storico della Fondazione MUSAP (Musei e Archivi Penne): http://www.musap.gov.it/archivio/archivio/archivio/archivio
storicohttp://www.musap.gov.it/archivio/archivio/archivio/archivio-storico • Per le immagini si rimanda a: http://gelsumino.it/index.html