PENNE – “E’ divenuto chiaro come motivi principali dell’attuale stato di crisi finanziaria sono da ricondurre nel continuo ricorso all’indebitamento. E’ anche mancata una doverosa analisi finanziaria, preventiva e costante, sugli effetti che tale indebitamento avrebbe provocato nel bilancio comunale”.
Così scriveva il 20 ottobre 2003, relazionando sul consuntivo 2002, Domenico Velluto, il revisore dei conti scelto dalla giunta bianco-rossa di Paolo Fornarola (vice sindaco Tecla Rosa, assessori Rossi, Luigi Bianchini, Vincenzo Di Simone), per soccorrere il malato grave Comune che appena due anni prima aveva registrato un buco improvviso di 2 milioni 520.297, 78 euro. Tecnicamente si trattava del disavanzo 2001. Fornarola era ininterrottamente in carica dal 1993 come vice sindaco nel doppio mandato da primo cittadino di Lucio Marcotullio e quale assessore al bilancio. Un raro esempio di memoria storica e di continuità politica. Come il dottor Arturo Brindisi, ragioniere comunale e dirigente del Pd odierno al quale forse spettava “la doverosa analisi finanziaria preventiva e costante sugli effetti che tale indebitamento avrebbe provocato”. Con gli ottimi risultati di cui i pennesi pagano letteralmente, e pagheranno, le conseguenze. Il Comune di Penne aveva un debito con le banche per mutui in essere a quell’epoca pari a 23 milioni di euro con una rata annua di ammortamento di 3 milioni 74 mila euro. “Al solo motivo di confronto-scriveva sempre Velluto-è un importo superiore ai trasferimenti di Stato e Regione”. Tecla Rosa, capogruppo di opposizione in consiglio nel 1999, sosteneva:”Dopo sette anni di gestione Marcotullio ( e Fornarola ndc) la situazione finanziaria è: indebitamento esagerato senza che la qualità della vita ed i servizi siano migliorati, una pressione fiscale insopportabile. E le casse del Comune sono vuote”. Tanto per rinfrescare la memoria, il Comune di Penne bruciava anche nel rendiconto 2002 qualcosa come 2 milioni 353 mila euro di residui attivi, cioè crediti accertati e non riscossi. O più semplicemente finti. Come i quasi 2 milioni di euro cancellati in occasione del rendiconto 2011. Fra i quali anche certe tasse ed imposte. Nel 2011, attesta Emilio Marzetti, revisore dei conti, i debiti di finanziamento con le banche erano pari a 16 milioni 494 mila 624 euro e quelli di funzionamento 6 milioni 214 mila 537 euro; questi ultimi persino cresciuti rispetto all’1 gennaio 2011 quando ammontavano a 5 milioni 581 mila 064 euro.