PENNE – L’ordinanza che puzzava tanto di censura ha vita brevissima e dunque sarà modificata. Ne dà notizia l’assessore alla comunicazione Paride Solini, uno di quelli del Pd presi in contropiede.
Il sindaco Rocco D’Alfonso ha infatti deciso che, a partire dall’1 novembre scorso, i partiti politici e le liste civiche pennesi che volessero comunicare, usando lo spazio pubblico di via Dante, devono essere autorizzati dal comandante dei vigili urbani, il quale è demandato a compiere sugli scritti da rendere pubblici, e senza un termine, una non meglio precisata verifica. Non solo. Se su un determinato tema ci fosse già una pubblicazione in corso (per non più di sette giorni), il comandante dei vigili potrebbe respingere un altro intervento sullo stesso argomento. L’ordinanza numero 51 ha creato un putiferio. Il Pdl ha urlato il proprio dissenso, parlando di un provvedimento in stile fascista sulla censura preventiva. Sotto traccia, risulta che si siano fatti sentire anche i consiglieri comunali di minoranza. Ma anche dentro la maggioranza l’atto del primo cittadino ha determinato malumori. Al punto da indurre il sindaco a cancellare i punti contestati sulla comunicazione politica e a ripresentare l’ordinanza ripulita opportunamente. “L’intento-spiega l’assessore Solini- è quello di dare la possibilità a chi fa politica a Penne di poter utilizzare uno spazio pubblico per esprimersi sugli aspetti della vita politico-amministrativa. In effetti, così com’era scritta, l’ordinanza dava adito ad interpretazioni che non convincevano. Ne abbiamo preso atto ed ora il sindaco emanerà un’ordinanza con cui si chiarirà meglio il senso di quanto stabilito”. L’ordinanza contestata si aggiungeva alla delibera di giunta con cui, mesi fa, era stato varato un notevole aumento dei diritti di ricerca nel rilascio di un atto comunale, in relazione all’anno del documento, con un esborso significativo a carico del richiedente. Secondo molti, è un’altra iniziativa che scoraggerebbe il controllo sugli atti amministrativi. Sulla vicenda, sollecitato dal Pdl, il difensore civico della Regione Nicola Sisti ha aperto un’inchiesta, chiedendo all’amministrazione su quali basi giuridiche si sia fondata la delibera. Ma finora non c’è stata alcuna risposta.