PENNE – Il dissesto finanziario di un Comune è una procedura che coinvolge sia la politica che il comparto amministrativo dell’ente. Gli effetti sono drammatici, soprattutto per i cittadini.
Il dissesto è una cosa ben diversa dal fallimento di un’impresa privata in quanto non si può determinare l’estinzione del Comune proprio perché gli enti locali non possono cessare di esistere come una semplice impresa privata, ma bisogna garantire la continuità amministrativa. Procedura che crea di fatto una frattura tra la precedente amministrazione e l’amministrazione controllata, permettendo al comune in dissesto di ripartire libero dai debiti, ma libero anche dai crediti e dal suo patrimonio, che verranno ceduti per consentire la liquidazione. Tutto ciò che concerne il “pregresso” viene estrapolato dal bilancio comunale e trasferito alla gestione straordinaria che si occupa della liquidazione e che ha competenza su tutti i debiti correlati alla gestione entro il 31/12 dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, anche se venissero accertati successivamente.
QUANDO SI MANIFESTA IL DISSESTO?
Partiamo dal considerare una famiglia come un ente locale, l’art. 244 del Testo Unico sull’ordinamento locale stabilisce che si ha dissesto finanziario quando un ente non è più in grado di assolvere alle “ordinarie” funzioni ed ai servizi definiti indispensabili, quando nei confronti dell’Ente esistono crediti di terzi ai quali non si riesce a far fronte con il mezzo ordinario del riequilibrio di bilancio né con lo strumento straordinario del debito fuori bilancio. La mancata definizione di un piano di rientro espone dunque un’amministrazione ai tanto temuti interessi passivi sul debito: giorno dopo giorno infatti, anche se non si contraggono nuovi debiti, l’esposizione debitoria aumenta, proprio per effetto degli interessi. I mutui vengono rinegoziati allungando i tempi di pagamento ma aumentando le rate, le finanziarie erogano prestiti ad interessi del 14%; insomma, più o meno ciò che succede a qualsiasi famiglia che abbia bisogno di liquidità.
COSA ACCADE IN CASO DI DISSESTO FINANZIARIO DELL’ENTE?
Nel momento in cui viene dichiarato il dissesto del comune, sindaco, giunta e consiglio resterebbero in carica ma verrebbero coadiuvati da una commissione espressamente designata dal Ministero degli Interni. La commissione si occuperebbe del disavanzo pregresso, mentre l’amministrazione gestirebbe il bilancio “risanato” come è successo per l’Alitalia. La sola ipotesi di commissariamento del Comune si verificherebbe nel caso in cui l’amministrazione non dovesse approvare il bilancio di previsione (la cui scadenza è sottoposte a proroghe dal Ministero dell’Interno). L’eventuale dichiarazione del dissesto di fatto congelerebbe invece la scadenza del bilancio stesso, mettendo in moto una procedura del tutto diversa per la definizione e l’approvazione del bilancio stesso; le conseguenze maggiori del dissesto finanziario si hanno sotto il profilo contabile. Viene chiesto all’Ente locale di “contribuire” al risanamento attraverso l’adozione di provvedimenti eccezionali. L’Ente dissestato è tenuto ad approvare un nuovo bilancio, basato principalmente sull’elevazione delle proprie entrate al livello massimo consentito dalla legge, vale a dire che tutte le tasse comunali (IMU, addizionale comunale, TARSU) saranno aumentate il più possibile fino ad arrivare al tetto massimo consentito dalla legge, basato, inoltre, sul contrasto all’evasione e sul contenimento di tutte le spese. Spese comunali significa innanzitutto personale, la legge prevede che gli impiegati comunali devono essere nella misura di 1 su 93, pertanto da questa procedura scaturiranno esuberi di personale che verrà posto in mobilità. Il comune è altresì tenuto a contribuire all’onere della liquidazione in particolare con l’alienazione del patrimonio disponibile non strettamente necessario all’esercizio delle funzioni istituzionali, la destinazione degli avanzi di amministrazione dei cinque anni a partire da quello del dissesto e delle entrate straordinarie, la contrazione di un mutuo a carico del proprio bilancio. La dichiarazione di dissesto, in breve tempo, è parsa ai politici locali una negatività da evitare al fine di non essere costretti ad emanare provvedimenti così impopolari. I provvedimenti da adottare in materia di personale e di tributi locali sono ritenuti così pesanti che gli enti arrivano il più delle volte alla dichiarazione di dissesto solo quando, a seguito delle azioni esecutive dei creditori che pignorano le somme della cassa comunale, non è più possibile pagare neppure gli stipendi al personale dipendente.
DOPO CHE IL CONSIGLIO COMUNALE DELIBERA IL DISSESTO COSA SUCCEDE?
La dichiarazione di dissesto produce tre ordini di effetti che riguardano: i creditori, la gestione ordinaria dell’ente locale e gli amministratori dello stesso ente. Le conseguenze sui creditori operano fin dall’inizio; quelle sugli amministratori sono soltanto eventuali; quelle sulla gestione ordinaria (così come l’inizio dell’attività dell’organo straordinario di liquidazione) sono rinviate all’esercizio successivo nel caso in cui l’ente abbia già deliberato il bilancio di previsione per l’esercizio nel corso del quale è adottata la dichiarazione di dissesto.
A) Le conseguenze sugli amministratori sono limitate a quelli che la Corte dei conti ha individuato come i responsabili del dissesto imputando loro i danni per dolo o colpa grave, nei cinque anni precedenti il verificarsi del dissesto finanziario. Gli amministratori così riconosciuti responsabili non possono ricoprire, per un periodo di cinque anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali o di rappresentante di tali enti presso istituzioni, organismi ed enti pubblici o privati, quando, valutate le circostanze e le cause che hanno determinato il dissesto, si accerti che questo è diretta conseguenza delle azioni od omissioni per le quali l’amministratore è stato riconosciuto responsabile. L’interdizione temporanea dai pubblici uffici può essere considerata una sanzione accessoria ed automatica a quella principale della condanna patrimoniale.
B) Le conseguenze sui creditori riguardano i rapporti obbligatori rientranti nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione e consistono nella cristallizzazione dei debiti, che non producono più interessi né sono soggetti a rivalutazione monetaria, nonché nell’estinzione delle procedure esecutive in corso, con conseguente inefficacia dei pignoramenti eventualmente eseguiti, e nell’impossibilità di intraprendere o proseguire azioni esecutive nei confronti dell’ente.
C) La dichiarazione di dissesto ha effetti sulla disciplina da applicare alla gestione durante il periodo intercorrente tra tale dichiarazione e l’approvazione dell’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato.
CHI PAGA GLI ERRORI CHE HANNO PORTATO AL DISSESTO?
Comunque vadano le cose, per l’amministrazione e per la cittadinanza si prospettano tempi tutt’altro che sereni. La dichiarazione di dissesto finanziario rappresenterebbe senza dubbio un punto di svolta, ma a pagarne il prezzo sarebbe ancora una volta la cittadinanza. L’ipotesi di bilancio da allegare alla delibera deve essere redatta sulla base di modelli ufficiali conformi alle disposizioni di legge e formulata in base:
a) alla previsione di aumento delle imposte, delle tasse e dei canoni patrimoniali nella misura massima consentita dalla legge, con il recupero della base imponibile totalmente o parzialmente evasa quindi per l’imposta comunale sugli immobili l’Ente deve obbligatoriamente deliberare l’aliquota massima del 7 per mille e deve applicare e riscuotere con la massima speditezza i proventi derivanti dal rilascio delle concessioni edilizie inoltre deve determinare in misura tale da assicurare la copertura integrale dei costi di gestione del servizio per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani;
c) alla eliminazione dei servizi non indispensabili ed al contenimento degli altri livelli di spesa entro limiti di prudenza;
d) alle rate di ammortamento conseguenti al consolidamento dell’esposizione debitoria con la Cassa Depositi e Prestiti e con altri soggetti esercenti attività creditizia;
e) alle risorse assegnate dal Ministero dell’Interno per il trattamento economico del personale posto in disponibilità;
f) al contenimento delle perdite di gestione degli enti ed organismi dipendenti dall’Ente Locale nonché delle aziende municipalizzate, provincializzate, consortili e speciali, entro limiti compatibili con il bilancio riequilibrato dell’ente e sino al definitivo risanamento della gestione degli enti, organismi ed aziende;
g) per i servizi a domanda individuale l’Ente è tenuto ad approvare le tariffe che assicurino la copertura del 36 % dei costi complessivi dei servizi con i soli proventi degli utenti;
Contestualmente alla deliberazione dell’ipotesi di bilancio, l’ente deve deliberare ai livelli massimi di legge le tariffe relative a tutti i tributi (imposte, tasse, oneri di urbanizzazione e canoni o diritti), e ai canoni patrimoniali, con il conseguente recupero della base imponibile in presenza di fenomeni di evasione. La manovra tariffaria relativa ai comuni dissestati non può limitarsi all’applicazione delle tariffe massime di legge, gli enti sono tenuti a trasmettere all’Ufficio Risanamento Enti Dissestati presso il Ministero dell’Interno, tutti i provvedimenti adottati al fine di accelerare i tempi per le riscossioni e per l’eliminazione dell’evasione. L’Ente locale, inoltre, deve deliberare la rideterminazione della pianta organica qualora sia numericamente superiore alle unità spettanti sulla base del rapporto dipendenti/popolazione della fascia demografica di appartenenza secondo quanto previsto dalle norme. La mancata prioritaria rideterminazione della pianta organica può costituire pregiudizio ai fini dell’emissione del decreto ministeriale di approvazione dell’ipotesi di bilancio. La rideterminazione della pianta organica deve ispirarsi a criteri di funzionalità ed efficienza nell’erogazione dei servizi, assicurando prioritariamente quelli indispensabili.