di Remo Di Leonardo
In questo periodo di lockdown le attività culturali non si sono potute svolgere ma con le graduali riaperture e nuove regole si sta ripartendo e quest’estate anche Pia-nella ha avuto l’occasione di ricominciare. Diverse sono state le Associazioni e gli artisti del mondo della cultura e dello spettacolo che hanno dato vita a spettacoli e momenti culturali autonomamente o partecipando al cartellone estivo organizzato dal Comune di Pianella. Un ruolo sicuramente importante ha ricoperto Arotron diretto dal regista, attore e doppiatore Franco Mannella che ha offerto diverse produzioni culturali. Ho incontrato per questa intervista Franco Mannella all’anfiteatro Pietrolungo di Pianella dove la Compagnia dell’Aratro, da lui diretta in assenza di una sede compatibile con le norme anti-Covid-19, in questo periodo svolge la pro-pria attività didattica e artistica. Ciao Franco, grazie per aver accettato questa intervista. Si è appena conclusa la stagione artistica estiva che ti ha visto impegnato a Pianella, insieme alla Compagnia dell’Aratro, in una serie di produzioni culturali di alto livello. La prima domanda immagino tu la conosca già…In tanti hanno definito questo tempo come “sospeso”. Per te, per la tua Accademia cosa ha significato?
Sinceramente ha significato tutto tranne che sospeso, per me. Certo il tempo di sospensione c’è stato, forse una sospensione di respiro, perché ti manca l’aria e dici che succede? Ma allo stesso tempo abbiamo reagito; per me questo tempo non è stato sospeso ma di transizione come accade spesso nella nostra vita. La vita è fatta di transizioni. Passaggi, passaggi imprevisti e spesso dolorosi. Questo è coerente anche con il teatro. Infatti nell’aspetto formativo e in quello performativo gli allievi attori sono abituati ad attraversare continue transizioni, difficoltà da affrontare, elaborare, risolvere. Così come l’uomo di volta in volta affronta le difficoltà, cresce, matura, evolve.
Quali sono state le maggiori difficoltà che avete dovuto affrontare?
Le difficoltà sono state enormi. Tenere in piedi due classi accademiche e una compagnia teatrale non è stato facile. Nell’ottobre del 2019 avevo formato la compagnia teatrale, il sogno di una vita che si è potuta realizzare grazie all’esperienza dei precedenti sei anni accademici e al sostegno di alcuni ex allievi divenuti attori. Ho fatto un’audizione aperta per selezionare altri attori e ho finalmente realizzato il sogno di formare una compagnia teatrale. La Compagnia dell’Aratro nasce anche per creare una sinergia con l’Accademia.
Un gruppo di attori che si allena, studia, prova per produrre spettacoli attingendo anche dall’Accademia, con l’intento di includere piano piano gli allievi, i giovani talenti. Con l’emergenza COVID, obbligati a non poterci più vedere in presenza, non ci siamo fermati e, come hanno fatto in tanti, ci siamo organizzati online, sulle piattaforme, abbiamo fatto delle lezioni teoriche. Più che altro erano incontri per sentirci vicini e per far capire agli allievi e agli attori che noi c’eravamo, che il team di Arotron c’era.
Ma nonostante tutto la selezione naturale è stata implacabile e l’Accademia si è quasi dissolta. La compagnia invece ha retto e questo ci ha permesso di sopravvivere e di riorganizzarci per riprogrammare tutto. C’è stata una selezione naturale esasperata dalla situazione difficile, ma nel normale percorso di formazione siamo comunque molto esigenti nei confronti degli allievi.
A proposito di selezione, quali criteri ti guidano nella scelta degli allievi?
Questa è una bella domanda. Da quando ho incominciato questa avventura mi dicevo sempre: devi valutare il talento, quanto possono essere predisposti a diventare attori, il loro impatto sul palcoscenico, la sensibilità. Poi però mi sono reso conto che la cosa più importante da mettere alla prova è la volontà, la fame che hanno, la motivazione che li spinge a voler essere dei veri professionisti. Il mio sogno è di formare degli artigiani, perché anch’io lo sono, e desidero che lo diventino anche loro. Lo spirito dell’artigiano è uno spirito sano, antico e moderno nello stesso tempo. Meno artigiani ci sono e meno siamo vivi.
Non c’è futuro senza l’artigianato, nonostante non venga sufficientemente valorizzato e spesso addirittura ostacolato da intricata burocrazia e leggi inadeguate. In questo paese è un vero miracolo che esista ancora l’Artigianato.
Com’è nata l’idea di creare l’Accademia ‘Arotron’ a Pianella?
Diciamo che a Pianella ci sono arrivato un po’ per caso. Dopo un’altra forte transizione della mia vita, dovuta alla perdita della mia prima moglie. È stata lei che mi ha trasmesso un grande amore per questa terra e per l’Abruzzo. Io ho sempre amato la mia terra, ma per troppi anni sono stato lontano e ho mal digerito il fatto di essere andato a Roma perché l’Abruzzo non mi offriva quello che volevo. Dopo il lutto la mia vita è cambiata e ho sentito la forte necessità di riappropriarmi delle radici. La mia seconda vita doveva riparte da qui.
Così un giorno, grazie alla segnalazione dell’amico architetto e socio di ‘Arotron’ Pierantonio Sborgia, cercando cercando, mi recai a vedere un terreno nella zona al confine fra Pianella e Moscufo, dopo la contrada Pischiarano. Un luogo meraviglioso dove si può contemplare il panorama del Gran Sasso, circondato da verdeggianti colline. Un posto fantastico. Me ne sono innamorato subito e dopo aver venduto casa a Roma ho comprato i tre ettari di terreno in vendita e il caso ha voluto che ricadesse sul territorio di Pianella. Qui ho conosciuto personaggi delle istituzioni e la realtà di Pianella, che comunque in parte già conoscevo per via dei suoi locali, come il Caffè degli Artisti. Insomma un paese che mi ha sempre affascinato per le sua vita molto attiva dal punto di vista sociale e culturale.
Sul terreno da me acquistato doveva nascere la struttura dell’Accademia, poi la questione economica ha fatto la differenza e alla fine, pur sapendo che si trattava di un bel progetto architettonico, è stato necessario fermarsi. La speranza era di trovare dei finanziamenti che però non sono mai arrivati. Nel frattempo, parlando con il Sindaco Marinelli, lo stesso mi ha proposto come sede dell’Accademia uno spazio in disuso presso l’ex Asilo Sabucchi. Quel luogo ci ha dato la possibilità di far partire l’Accademia e pian piano lo abbiamo reso vivibile e funzionale, investendo anche sulla sistemazione dei locali. Per un periodo di tempo abbiamo dato un contributo di affitto e quando, qualche anno più tardi, abbiamo maturato l’idea di offrire alla comunità pianellese degli spettacoli gratuiti con il “Baratto” ( prove aperte, vari artisti ospiti ecc…) ci è stato offerto il patrocinio e abbiamo fatto un “baratto” , una sorta di scambio con il Comune.
Abbiamo appena accennato l’approccio che c’è stato con le istituzioni locali. Qual è invece il rapporto con le associazioni del territorio?
Devo essere sincero, con le altre associazioni è ancora difficile. Anzi ti anticipo che noi chiederemo, appena diventeremo Associazione, questione di giorni, un incontro con tutte le associazioni e ovviamente anche con il Comune, per farci una chiacchierata franca e sincera, perché da quando è nato il progetto Arotron il mio intento è stato e sarà sempre quello di dialogare con le persone e le associazioni del luogo. Purtroppo questo dialogo è ancora in embrione, è partito un dialogo benedetto con te da quando ci siamo incontrati, con l’Associazione Amici di Eduardo, e con alcune altre associazioni. Approfitto qui per ricordare la figura di Riccardo Di Sante con il quale avevo iniziato un rapporto amichevole e di possibile collaborazione.
Per me è molto importante incidere sul territorio altrimenti non ha senso il ruolo di ‘Arotron’ che, tradotto dal greco antico, vuol dire aratro. L’aratro incide, solleva e rivolta, tre termini che io ho ben chiari nella mia visione. Incidere, sollevare e rivoltare. Rivoltare può voler dire discutere, anche animatamente, cambiare modo di pensare, guardarci in faccia e dichiarare con sincerità il proprio pensiero, confrontarci senza pregiudizi. Questo è indispensabile per il futuro di ‘Arotron’ e di tutti i soggetti che operano sul territorio.
Io penso che se stiamo ad aspettare che le istituzioni o la politica, mettano insieme, per un progetto culturale ed artistico, le varie associazioni del territorio, dandoci idee e risorse economiche, siamo letteralmente “fottuti”. Dobbiamo essere noi a prendere l’iniziativa e abbiamo il dovere di collaborare per fare proposte condivise. L’augurio pertanto è che nel futuro prossimo ci sia un confronto, un dialogo serio con tutte le associazioni per fare delle cose insieme, trovare il modo di stimolarci artisticamente a vicenda.
Ecco proprio in merito alle diverse proposte di spettacoli presentati questa estate. Ci puoi raccontare come sono stati pensati?
Allora, premesso che, ti sembrerà strano, sotto il punto di vista artistico è stato l’anno che ha messo maggiormente a frutto il nostro ingegno e il nostro repertorio di spettacoli. Nasce tutto con l’idea della Tenda Yurta e i concerti al tramonto realizzati da noi autonomamente nel mio terreno, dal mese di giugno, dove abbiamo avuto come ospiti diverse associazioni e personalità del mondo dello spettacolo. Prima dell’estate c’è stato l’appello del Sindaco Marinelli e dell’Ass. alla Cultura Sabrina Di Clemente a tutte le associazioni di partecipare, in base alle risorse disponibili, al Cartellone dell’Estate pianellese, appello al quale hanno risposto solo alcune associazioni. A quel punto ci è stato detto di fare delle proposte e noi a questo invito abbiamo risposto proponendo una settima del nostro repertorio, cioè dagli spettacoli che già avevamo realizzato, in più Elisa Di Cristofaro, new entry nello staff di Arotron, ha proposto insieme alla Compagnia dell’Aratro una performance concepita per l’occasione, conclusasi con la parata degli artisti lungo il viale R. Margherita coinvolgendo tutte le attività commerciali. Spettacoli che si sono svolti all’interno e fuori le mura del centro storico. È così che è nata la nostra idea di partecipazione all’estate pianellese.
La classica ma inevitabile domanda. Cos’è il teatro per Franco Mannella?
Per me il teatro è casa, è tornare a casa, è dare un senso a tutta la vita. Il teatro da un senso alle mie timidezze, alle mie chiusure, alle mie inadeguatezze che, nello spazio scenico, assumono significati preziosi e sono libere dal giudizio. Il teatro mi permette di utilizzare queste peculiarità che nella vita potrebbero essere delle criticità, delle carenze, dei difetti, e di poterli utilizzare, trasformare, dare in pasto allo spettatore. Io penso che un’artista sia vivo se mette nel suo lavoro tutta la sua vita, che è fatta di energia, volontà, entusiasmo ma anche i suoi conflitti, le sue incertezze, le sue inadeguatezze, in pratica…le sue emozioni. Tutto questo reso fruibile dallo spettatore attraverso una tecnica, perché il teatro è tecnica, tanto studio, dedizione e oggi per me è una vera e propria missione, che coincide con quella di ‘Arotron’: incidere, sollevare, rivoltare. Attraverso il teatro io posso fare delle proposte, dire la mia opinione, fare scelte importanti che possano essere d’esempio per altri…lasciare un segno.
L’Accademia, quindi la formazione, mi ha dato la possibilità di trasmettere alcuni princìpi fondanti ai giovani, alcuni di loro sono maturati e diffondono “il verbo” con le loro capacità acquisite nel percorso accademico e con il loro esempio.
Questo mestiere si impara nel tempo di una vita (anzi, non basta una vita) e neanche io che ho 57 anni posso dire: questo mestiere lo so fare. Mi piace ancora imparare sia dai giovani che dai meno giovani, dalle realtà delle associazioni del territorio, dal mio amico contadino che mi racconta i principi che lo muovono nel suo mestiere, dal produttore di olio, di vino, dagli artigiani. Io voglio imparare dagli artigiani che apparentemente non centrano niente con il mestiere dell’attore e che però mi riportano ai principi che sono universali, che sono quelli che mi riconducono alla dedizione, a uno stato di attenzione, di cura, che spingono il contadino a studiare come la mosca va ad intaccare l’ulivo, a come trovare soluzioni ingegnose, a come inventarsi biologicamente un sistema per evolvere, migliorare il prodotto. Questi princìpi io li ritrovo nel teatro.
Ci avviamo alla conclusione di questa breve ma intensa intervista.Tu sei attore, doppiatore e regista, il ruolo che ti è più caro dei tre?
È chiaro che mi piacciono tutti i ruoli! Ma io rimango fondamentalmente un attore. Il palcoscenico è casa mia e mi diverto a far convivere, come ti accennavo prima, stati di inadeguatezza, di ansia, di emozioni che ci saranno sempre, a momenti di grande padronanza e godimento. La regia, che ho scoperto nella formazione, mi ha portato a dirigere anche attori professionisti. Ho cominciato nel dirigere me stesso e poi ho incontrato gli attori… una cosa meravigliosa. Una direzione intesa come indicazioni da dare ma in forma di collaborazione, di stimolo creativo reciproco. Il doppiaggio mi ha dato la possibilità di essere più padrone della parola e ha completato il mio percorso da attore.
Progetti futuri?
I progetti futuri sono tanti. Sicuramente quello di portare avanti i piccoli eventi già realizzati. Ma soprattutto di non arrenderci di fronte all’ emergenza COVID e al dilemma: ci chiuderanno, ci limiterranno o potremo riprendere le nostre attività? E Quando? Noi, intanto, oltre a portare avanti le prove di due nuovi spettacoli teatrali che saranno pronti l’anno prossimo, continuiamo a fare proposte pensando di realizzarle in luoghi alternativi ai teatri, come questa estate abbiamo proposto il Concerto al Tramonto, i Racconti nella Tenda Yurta nel mio terreno di campagna. Dobbiamo trovare dei luoghi che ci permettano di non creare ansia negli spettatori, perché l’aspetto psicologico sarà importante, rischiamo che la gente non voglia più uscire di casa. Dovremo proporre dei luoghi in cui le persone si sentano bene, luoghi che incuriosiscano; pensavo ad esempio a vecchi capannoni, stalle, fienili, serre, luoghi che abbiano un fascino particolare. Per intenderci “il teatro dei luoghi” (compreso il teatro a domicilio). La mia idea va in questa direzione, questo è il mio intento, il mio obiettivo.
Bene, con questo affascinante progetto, termina la nostra intervista con Franco Mannella, a lui, agli amici di ‘Arotron’, gli auguri di buon lavoro e un grazie per la cortese disponibilità.
Franco Mannella, nato a San Giovanni Teatino, il 4 giugno 1963 è un artista poliedrico. Diplomatosi attore nel 1988 a Roma presso la scuola di Teatro La scaletta, impegnato in ruoli drammatici e brillanti, ha recitato nei teatri più importanti d’Italia con vari registi, tra cui Giuseppe Patroni Griffi, Franco Però, Massimo Cinque, Claudio Insegno, Corbucci e Marsili. Assieme a Cristina Giordana e Sergio Sivori, nel 2005 fonda il Laboratorium Teatro, centro internazionale di ricerca e sperimentazione teatrale. È regista di spettacoli teatrali, tra cui Flaiano in 3D, E se D’Annunzio…, Per favore toglietevi le scarpe, Play Shakespeare, Olea et Labora, In Varietà vi dico, Ovidio-suoni-parole-atmosfere, Abruzzo e Nuvole. Da diversi anni si occupa di formazione teatrale e nel 2014 crea, a Pianella, Arotron, che racchiude in sé Accademia Teatrale, Produzione di spettacoli e Organizzazione di Eventi. Affermato doppiatore, è noto al grande pubblico come voce italiana di Roger l’alieno, in American Dad. In cartoni animati e film di animazione è la voce di Asterix, Otto dei Simpson, il Soldato in I Pinguini di Madagascar. È attore protagonista di numerosi film cinema, come The aviator, Giù al Nord, Chicago, A serious man, Spiderman e delle più impor-tanti serie TV, tra cui Modern Family, Spartacus, Californication, Alias, Star Trek, Six feet under, Bones. In televisione spicca per le sue doti comiche al fianco di Flavio Insinna (Cotti e Mangiati), Neri Marcorè (Neri Poppins) e in vari show di Pippo Baudo, Nino Frassica, Milly Carlucci a partire dagli anni 90. Ha interpretato ruoli nelle fiction italiane Distretto di polizia, La squadra, Gente di mare e al cinema ha esordito con Pino Quartullo in Le faremo tanto male.